Come sono cambiati il paesaggio e l'atmosfera nelle
località sciistiche che solitamente si riempiono di ospiti e di turisti durante le vacanze di Natale in quest'anno così particolare? Sono partiti da questa domanda i cinque giovani fotografi che compongono
REFE, collettivo di Torino, che hanno realizzato un
reportage sugli impianti sciistici di diverse località alpine.
Alessandro De Bellis,
Luca Farinet,
Luigi Greco,
Matteo Montenero e
Nicolò Nastasia hanno raccontato a nss magazine il loro progetto, intitolato
Un Silenzio Autentico.
"A seguito del Decreto Natale in vigore dal 24 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, l’Italia è entrata nuovamente in zona rossa. Gli impianti sciistici sono stati chiusi, e il turismo invernale praticamente azzerato. Indagando le località montane tra Piemonte e Valle D’Aosta (nello specifico: Pila, Cervinia, Bardonecchia, Sestriere e Sauze d’oulx) ci accorgiamo che quelle che prima erano ridenti località turistiche ora paiono quasi come paesini fantasma. In questa atmosfera atipica, e forse anche più autentica della montagna, rimangono alcuni lavoratori come G., proprietario di un negozio di sci a Sestriere. Lui ci racconta che il loro fatturato dipende molto anche dal turismo estero.
Rimane qualcuno che può sciare, tra maestri, atleti agonisti e qualche pratica come lo sci alpinismo o le ciaspolate. Guardando su Google Trend, infatti, osserviamo un impennata del 500% del termine di ricerca “sci alpinismo”, lo stesso vale per le query associate alle ciaspole. Questo ovviamente non basta per il settore del turismo alpino che in condizioni di normalità da lavoro a 400 mila persone. Il fatturato, che normalmente oscilla tra i 10 e 12 miliardi, ha avuto una pesante decrescita del 70% del totale con una perdita di circa 8,5 miliardi. A fronte di ciò, i maestri di sci, guide alpine, gestori di impianti rimangono senza o con poco lavoro, ristoratori e albergatori sono costretti a tenere le loro strutture chiuse.
La situazione già grave non è alleggerita dalle incertezze sui dati e indecisioni governative che aumentano la frustrazione e l’angoscia dei lavoratori della montagna. In uno scenario di desolazione, qualche snowboarder improvvisa una pista per i salti, qui a Cervinia conosciamo B., una ragazza del Regno Unito che era in Italia per lavorare in una delle strutture che però non è riuscita ad aprire.
Il nostro intento era quello di documentare la surreale desolazione di questi luoghi in un periodo in cui raramente potremo rivederli cosi. Lo sport diventa solitario, per i pochi che possono sciare e fare esperienza di piste totalmente vuote. Le architetture e le suggestioni del paesaggio diventano ancora più opprimenti rispetto alla figura umana che risulta poco presente. Un reportage con pochi soggetti, lontani, solitari e silenziosi ma risoluti. C’è necessità di tornare a vivere la montagna in modo autentico, ma questa volta si parla dell’autenticità del divertimento e della condivisione, della fatica dello sport, delle piste piene e dei pernottamenti in hotel."