«La definizione stessa di innovazione sono due idee pre-esistenti che si uniscono per creare una terza, nuova idea», spiega dal suo studio di Londra Daniel Bailey, in arte MRBAILEY, parlando della sua personale filosofia di design. «Il mio background è il design del prodotto, sono un fan dell'etica tradizionale della forma che segue la funzione. Non è sempre così quando si disegnano scarpe, a causa della costante innovazione e della crescente necessità dello storytelling, ma mi piacciono i prodotti che hanno uno scopo reale, sia che si tratti di mostrare due diverse ideologie che si uniscono creando un pezzo che fa riflettere o che si tratti di risolvere un problema». MRBAILEY e il suo studio indipendente Conceptkicks, in effetti, sono diventati celebri negli ultimi anni proprio grazie al proprio peculiare approccio al design in cui l’estetica non si traduce in orpello o decorativismo fine a se stesso ma nemmeno si riduce ad arida, pura funzionalità. Nel corso nella nostra chiaccherata, MRBAILEY continua a impiegare il lessico del mescolamento e della fusione, un tipo di sincretismo e di ibridazione che lo ha portato, ad esempio, a mescolare il lusso dei materiali di Zegna con la tecnica giapponese dello yakisugi; o i fossili di ammonite e i tentacoli delle piovre con le sneaker di adidas, l’opera The Simple Things di Takashi Murakami e il trend delle sock shoes. La lista potrebbe proseguire. Ma il successo di MRBAILEY e di Concept Kicks non è dovuto soltanto al proprio footwear selvaggiamente concettuale ma anche all’attività del ghost designing, ovverosia disegnare nuove sneaker anonimamente per conto di altri brand, il cui nome forse non conosceremo presto, che ha segretamente portato il linguaggio concepito dal designer al pubblico per diversi anni. «Ogni tanto è bello rimanere dietro le quinte senza prendersi il merito», spiega Bailey.
Ma da dove inizia questo amore per le sneaker che ha portato alla creazione di uno studio di design, brand e community online che ha attirato l’attenzione di tutto il mondo? Da un luogo e da una persona. Il luogo è il campo da basket, disciplina che Bailey non ha potuto perseguire per «un acciacco al ginocchio» ma che è rimasta al centro delle sue passioni, innescando anche la sua passione per le sneaker. La persona è invece la zia del designer «che studiava architettura e mi faceva disegnare e creare bozzetti fin da quando ero un bambino». Proprio l’infortunio al ginocchio «mi ha fatto capire che il basket non avrebbe fatto per me, ma il basket e le sneaker sono cose così strettamente legate che ho finito per concentrarmi sul product design e iniziare a creare scarpe». In questo percorso non sono certo mancati supporti e collaboratori: dai suoi genitori «che mi hanno sempre sostenuto» fino agli amici Luke e Omar. Luke è un amico storico oltre che compagno di gioco sul court che «ha studiato economia e finanza e aveva quel piglio imprenditoriale che ci ha permesso di lavorare a progetti insieme e mi ha spinto a pensare a una prospettiva diversa». Omar invece è Omar Bailey, «mentore e fratello acquisito», un footwear designer conosciuto durante una conferenza che ha aperto la mente di MRBAILEY alla possibilità che una carriera di designer indipendente poteva riservargli. «Anche i designer indipendenti possono fare roba pazzesca, non serve avere contratti con un brand. […] Inoltre, vedere la scarpa senza logo [si riferisce a quella disegnata per Takashi Murakami ed esposta al ComplexCon, NdR] venduta per 17.000 dollari mi ha fatto capire di cosa sia capace un designer indipendente».
Ad avere successo, però, lo ha aiutato anche la propria metodicità, sprigionatasi dal suo «apprezzamento verso tipologie di realizzazione più tecniche», e che lo ha portato a essere un designer molto hands-on nel proprio lavoro: «Il motivo per cui sono stato in grado di rimanere in quest’industria per così tanto tempo», spiega, «è la mia capacità di essere presente in ogni fase del processo». Mentre un’altra caratteristica fondamentale del processo di lavoro di Bailey è la sua convinzione che «l’innovazione sia ovunque, volendo si potrebbe portare innovazione anche nella filiera produttiva. [...] Anche il packaging può portare innovazioni nella logistica». A fianco di questo razionalismo, c’è però anche un aspetto puramente creativo: quello dell’ispirazione. Tra le scarpe ispirate alla fauna marina e la Triple Stitch di Zegna lavorata per far assomigliare il camoscio al legno bruciato, nella testa di MRBAILEY convivono tanto le realizzazioni tecniche che la fascinazione per le forme e consistenze della materia organica. «Mi piace guardare al mondo naturale per trovare ispirazione. A volte la cosa più difficile da fare è pensare in modo completamente libero, a mente sgombra, senza punti di riferimento da cui partire. Quindi, il punto di partenza per me è il mondo naturale e la sua storia, delle incredibili forme di animali e insetti. [...] Che sia ovvio o meno, intenzionale o meno, ogni mio progetto si ispira in qualche misura alla natura». Ultimo elemento del trittico è la sintonia con la sfera della cultura contemporanea, che ha aperto canali di dialogo con l’industria della moda istituzionale: «I brand di moda stanno iniziando a intuire il vantaggio di avere qualcuno come me o i miei colleghi che entra in azienda e offre una prospettiva nuova. Può trattarsi del prodotto, o di come i pantaloni cadono su una scarpa, ci sono molte cose che si possono capire solo se si lavora in fabbrica e si sa come funziona tutto o semplicemente se si fa parte di questa cultura».
Il successo incontrato da MRBAILEY è anche il frutto di un perfetto tempismo culturale. Se quando stava ancora crescendo e maturando il footwear era separato in due macro-aree, il performance footwear e il fashion footwear, all’avvio della carriera del designer i due mondi hanno iniziato a compenetrarsi: «Il performance footwear era progettato in maniera tecnica, mentre il fashion footwear era più legato alle proporzioni, ai materiali, ai colori e all'estetica nel suo complesso. Ma ora stiamo assistendo a un mix dei due aspetti, e noi cerchiamo di essere gli interpreti nel dialogo tra questi due mondi». Ora che il suo studio è avviato, la sua community forte e la sua piattaforma ampia abbastanza c’è un enorme ventaglio di possibilità che si apre davanti a Bailey, tra Conceptkicks che sta acquisendo il potere e la risonanza per gettare un vero riflettore sui talenti sottostimati dell’industria, allo studio di design vero e proprio che tiene il team in contatto con realtà internazionali che, tramite collaborazioni e sinergie varie, continuano a espanderne gli orizzonti creativi. «Mi piacerebbe pianificare il lancio del mio brand quest’anno, ma in realtà voglio solo continuare a mettermi alla prova e a imparare. Man mano che si impara, ci si rende conto di quanto poco si sappia in realtà». Un atteggiamento che va poi collocato nel contesto del design studio di cui Bailey è a capo e in cui «ognuno viene con la propria prospettiva», come spiega lui stesso. «Siamo il prodotto delle nostre prospettive, quindi in questo senso siamo unici all'interno della nostra bolla di pensiero. Creiamo per noi stessi e per ciò che ci piace, quindi è per questo che sarà sempre diverso, perché proviene da noi».
Credits:
Interview: Lorenzo Salamone
Photographer: Glauco Canalis
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