Un designer è andato alla Paris Fashion Week con la divisa di un gruppo di estrema destra
Ha cenato con Kanye West e portato a braccetto Michèle Lamy indossando l'uniforme dei Pemuda Pancasila
27 Gennaio 2022
Di outfit militari la storia della moda è piena – eppure ci sono particolari insegne o divise che nascondono significati o affiliazioni poco felici. Tutti ricordano la volta in cui il tailleur militare di Melania Trump venne associato alle uniformi naziste da Diet Prada, ma di recente, come riportato da Vice, durante la Paris Fashion Week, un'altra personalità del mondo della moda ha indossato la divisa di un gruppo paramilitare di estrema destra: i Pemuda Pancasila dell’Indonesia, una milizia che nel corso degli anni ’60 appoggiò la dittatura militare del Presidente Suharto, organizzando squadroni della morte che uccisero, secondo le stime, circa un milione di dissidenti politici tra il 1965 e il 1966 e che oggi contano circa tre milioni di aderenti. La persona in questione è il designer/influencer indonesiano Arnold Putra, famoso per aver creato qualche anno fa una linea di accessori contenenti ossa umane di cui divenne virale una borsa da 5000 dollari fatta di lingua di alligatore e il cui manico era la vera spina dorsale di un bambino, reperita non si sa come.
Nello specifico, Putra ha indossato l’outfit durante lo show di Rick Owens al Palais de Tokyo, e le foto dell’evento lo mostrano seduto a parlare con Owens e la moglie Michèle Lamy e anche nell’atto di uscire dalla venue a braccetto della stessa Lamy indossando, fra l’altro, un gilet di pelle Balenciaga sopra la sua divisa. In un’altra fotografia lo si vede seduto insieme a Kanye West, Julia Fox, Pusha T per una «cena epica». Il gruppo militare dei Pemuda Pancasila è stato reso famoso nel 2012 dal documentario The Act of Killing in cui l’ex-capo di uno degli squadroni della morte, Anwar Congo, ricostruiva le esecuzioni di massa. Secondo l’autrice Soe Tjen Marching, intervistata da Vice a riguardo: «Erano responsabili di atrocità come omicidi, stupri e mutilazioni […]. Il loro impatto è ancora visibile nella stigamatizzazione delle vittime e dei sopravvissuti e nel razzismo e discriminazione tra musulmani e non-musulmani».
Arnold Putra is the epitome of evil he brags about giving fake designer goods to indigenous people in exchange for human remains and prized items from their culture. pic.twitter.com/3mvMGhPoA0
— TOM FRAUD (@SuperiorGab) March 25, 2020
Considerata l’intransigenza della cancel culture moderna, suona strano che un designer come Putra sia ancora accolto a braccia aperte dall’èlite della moda: come l’artista Tom Fraud ha denunciato su Twitter due anni fa (il post che vedete qui in alto è l'inizio di un lungo thread), definendo Putra «l’epitome del male», sul canale Instagram del designer si possono vedere le sue greatest hits che includono vantarsi di avere donato orologi falsi a remote tribù indigene di mezzo mondo, fare foto con i suddetti indigeni flexando accessori griffati, usare un hashtag con la N-word per descrivere i suoi cani insieme a un hashtag sul Ku Klux Klan, fare storie Instagram con souvenir animali di specie in via di estinzione, portare la Bibbia dei Satanisti di Anton La Vey in un tempio indiano for the hell of it e farsi foto con ufficiali dell’esercito nordcoreano. Però ha anche dei difetti.