Come è cambiato il cinema durante la pandemia
Cosa hanno in comune Hollywood e le Fashion Week?
30 Gennaio 2021
Quando lo scorso marzo buona parte del mondo è finita sotto lockdown, alcuni settori si sono trovati nella condizione di doversi reinventare, cambiare marcia per non scomparire sotto i colpi di una pandemia che oggi come all'epoca non sembra conoscere fine. La moda si è mossa fin da subito cercando delle regole guida che potessero cambiare un settore da sempre fatto di eventi fisici, viaggi e grandi produzioni, provando a rallentare i ritmi di un mondo fin troppo attivo e puntando sul digitale. Allo stesso modo anche il cinema ha dovuto rivedere le sue regole in corsa, adattandosi a fatica a un nuovo mondo che ha tolto in modo intermittente il luogo d'eccellenza del cinema, la sala.
Così come la moda, anche qui il digitale ha avuto fin da subito un ruolo da protagonista, dando la possibilità a colossi come Netflix e Prime Video di capitalizzare una posizione di dominio consolidata negli anni e ad altri di creare una filiera distributiva alternativa. È il caso di Disney, che distribuirà alcuni titoli direttamente su Disney+, e della Warner Bros, che ha invece deciso di distribuire i titoli in sala e in streaming su HBO Max per tutto il 2021. Se da un lato l'abbandono della sala significa la probabile fine di molte realtà piccole e medie come le catene indipendenti e i cinema d'essai, dall'altra l'avanzata del digitale e dell'on demand può diventare una soluzione al sovraffollamento dei titoli che negli ultimi anni ha colpito il cinema. Così come la moda, anche il cinema vive nella necessità di snellire un calendario troppo fitto, ma soprattutto di fare i conti con la realtà e abbandonare un modello non più realistico.
In questo senso le Fashion Week hanno dimostrato come sia possibile ripensare in modo diverso una manifestazione cardine nella vita di un settore. Se Parigi, Londra, New York e tutte le altre capitali della moda hanno scelto una formula totalmente digitale, a Milano solo due brand hanno scelto di mantenere lo show fisico, mentre gli altri hanno preferito quello digitale. Cambiamenti che non sappiamo se rimarranno, ma che hanno dato sicuramente prova di un settore pronto a mettersi in gioco, disegnando una linea netta con chi invece ha scelto di fare il contario. Se le Fashion Week hanno dimostrato unità d'intenti, i Festival del Cinema hanno fatto l'esatto opposto, rimanendo spesso arroccati nella loro bolla di tradizioni e ideali. Tra quelli di maggior rilievo solamente Torino e Toronto hanno scelto la formula digitale, mentre Roma e Venezia hanno voluto continuare con una manifestazione in presenza riducendo il numero degli accreditati. Discorso diverso per Cannes, dove il direttore Thierry Frémaux ha preferito posticipare la 73esima edizione del Festival a giugno di quest'anno.
Con gli Oscar spostati da febbraio ad aprile, a Hollywood, che nel frattempo ha ripreso le produzioni tra l'Europa e un'Australia senza contagi, sembra essere cambiato qualcosa. Se la pandemia ha quasi azzerato gli incassi del 2020, dall'altra parte ha messo alla prova un intero settore forzandolo a fare i conti con la realtà in un salto nel futuro tanto prematuro quando necessario. La sala rimarrà il baluardo dell'esperienza cinematografica, ma realtà come le release day-and-date sono il futuro di un'industria che ha bisogno, più di qualsiasi altra cosa, di far vedere film. L'ultima parola spetta a noi, al pubblico, scegliendo se siamo davvero pronti a vedere il nuovo 007 in tv come fosse l'episodio finale de La Regina di Scacchi.