È tutta questione di passione, la legacy di Sneakers76
La mecca della sneaker culture italiana si racconta
09 Dicembre 2020
Quando ci si avvicina al mondo delle sneaker ci sono una serie di passaggi imprescindibili, store in cui ogni appassionato deve mettere piede, fisico o virtuale che sia, e di cui è obbligatorio conoscere la storia. Sneakers76 è senza dubbio uno di questi, un nome conosciuto in tutta Italia e da sempre sinonimo di sneaker culture, una passione genuina nata da anni di esperienza e lavoro tra Milano e la Puglia, un amore rimasto immutato in 14 anni di lavoro. Un periodo in cui il mondo delle sneaker è cambiato radicalmente, passando da movimento di nicchia e fenomeno di massa, tra release limitate e isterie. Proprio per questo abbiamo fatto qualche domanda a Daniele Valente, owner di Sneakers76, per parlare di hypeculture, mondo delle sneaker e della sua passione.
Sneakers76 nasce nel 2006, quanto è cambiato il mondo delle sneaker in 14 anni?
Nel 2006 la parola sneakers non era neanche così diffusa, tutti usavano "le scarpe da ginnastica" solo nel tempo libero o per fare sport. Quindi nel 2006 provare a vendere un paio di sneakers, fatta eccezione per pochi appassionati, era più una missione. Quando abbiamo aperto avevamo un assortimento di modelli che messi in esposizione oggi avrebbe fatto creare una fila fuori allo store che faceva tre volte il giro dell’isolato. Ultimamente la leva di acquisto non è più legata alla qualità e storia del prodotto ma bensì al suo Hype e valore di rivendita. In questi ultimi anni stiamo cercando di invertire questo processo creando più dialogo con i nostri amici e clienti per tornare a parlare di cultura delle sneakers. Per tornare ad una velocità moderata data a rallentare o spingere una release per trasmettere le giuste informazioni ad avere possibilità di fare un corretto storytelling del prodotto. Comprare una sneakers per usarla e creare ricordi importanti intorno ad essa.
Quando apro la mia scarpiera, non mi interessa quanto vale una sneaker ma bensì cosa ha rappresentato per me e cosa ho fatto nel periodo in cui le calzavo.
Cosa significa per te la parola “sneaker”? A quale ricordo colleghi questa parola e come nasce la passione?
La parola sneaker mi è stata donata da un mio mentore negli anni ’90, in quel periodo lavoravo a Milano in Piazza San Babila per una catena americana di negozi sportivi ed il mio capo ( anche lui americano ) un giorno venne in visita nel nostro store con un abito elegante ed un paio di scarpe da ginnastica ai piedi. Io, con la mia ingenuità e con il mio poco inglese, gli chiesi perché indossasse un paio di scarpe da ginnastica sotto un abito elegant" e lui mi rispose: "Sneakers, remember this word". Fino a qual giorno per me si chiamavano scarpe da ginnastica! La passione nasce sin da bambino, i miei fratelli maggiori giocavano negli anni ‘80 in una squadra di football americano di Taranto e nella squadra con loro giocavano dei ragazzi americani della vicina base NATO. Uno di loro, Nick, aveva una Pontiac Trans AM con l’aquila sul cofano, ascoltava musica hip-hop e calzava sneaker; io ero la sua ombra. Seguivo gli allenamenti e essendo bambino ero diventato un po' la mascotte della squadra. Così mi sono ritrovato a sentire musica hip-hop in quella macchina e mi è stato regalato il io primo paio di sneaker americano. Non ho mai abbondato questa passione
Siete una delle realtà più importanti dello sneaker game in Italia nonostante Taranto sia ben distante dal centro dell’azione, come avete fatto?
Grazie per questo, noi allacciamo solo sneaker, il resto lo hanno fatto tutti gli appassionati che abbiamo incontrato nel nostro percorso. Perché Taranto? È la nostra città, quella dove siamo cresciuti e dove abbiamo affondato le nostre radici. È la città dove sono tornato dopo un'esperienza di 10 anni di lavoro passata da Milano a qualche puntata in Europa. Quella Milano dove andavi a mangiare il kebab con gli amici writers in via Watt, dove adesso trovi un hotel alla moda. La prima idea era quella di aprire proprio a Milano, ma la voglia di tornare a casa è stata più forte e con l’aiuto di un amico di sempre
abbiamo aperto Sneakers76. Come abbiamo fatto? Inutile dire a raccontare tutte le difficoltà passate nel tempo, sarebbe patetico farlo in questo periodo dove tutti stiamo affrontando un periodo di difficoltà epocale. Tornando alla risposta, abbiamo aperto un negozio come se fosse la cameretta di casa con tutte le cose a cui siamo legati parlando dell’unica passione che ci appartiene "le sneaker". Il resto lo hanno fatto tutte le persone che ci hanno incontrato e che comprando un paio di scarpe da noi e che viaggiando, studiando e lavorando in altre città hanno portato con loro un pezzo di Sneakers76.
Da dove nasce la voglia di rinnovare il vostro sito? Ad oggi quanto è importante la parte web per una realtà come la vostra?
Sin da quando abbiamo aperto abbiamo avuto un sito internet ed abbiamo dato sempre importanza ad ascoltare le parole dei più giovani che ci venivano a trovare. Prima le scarpe le vedevi in TV, o su una rivista, mentre adesso sapete come funziona. La voglia di rinnovare il sito nasce da una domanda che mi è stata rivolta da una persona, che dopo una talk a cui ho partecipato come host a Sneakerness mi ha detto: "Nessun rimpianto? Ma avete visto cosa è successo dopo di voi". Colpito da questa domanda ho risposto: "Abbiamo semplicemente fatto il nostro lavoro senza pensare agli sviluppi che poteva avere nel tempo". Da lì è nata l’esigenza di poter trasferire al meglio la nostra essenza attraverso un sito web che ci rappresentasse al meglio.
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