La quarantena a Milano: strategie, paure e sogni
Il cofounder di nss Walter D'Aprile racconta che cosa rappresenta il COVID-19 per Milano e per l'industria creativa
Quest'articolo è apparso per la prima volta su Highsnobiety, con il titolo I've Been Quarantined in Italy, Here's How to Get Through It, il 20 marzo 2020.
Faccio fatica a sentirmi un lavoratore senza andare effettivamente in ufficio. Potrà sembrare un concetto naïf o nostalgico, ma le scale scese di corsa, la passeggiata a passo svelto, l’espresso al solito bar e i primi WhatsApp della giornata sono un piacevole rito che ogni giorno si rinnova e che è difficile mettere da parte. Quei 15 minuti di riflessione e di strategia che separano la mia casa dalla mia seconda dimora sono parte del lavoro, come il riscaldamento prima di una gara.
Eppure qui a Milano, la città dove tutto viaggia alla velocità della luce, dove i saluti per strada sono stati sostituiti da ossessivi sguardi allo schermo del proprio cellulare, i riti quotidiani sono stati interrotti da un nemico invisibile - a tratti immaginario, ma decisamente minaccioso. Era il 31 Gennaio quando i primi casi legati al COVID-19 sono stati rilevati qui in Italia; da quel giorno in poi un susseguirsi di eventi, smentite, titoli di giornali e status sui social hanno preso il sopravvento sulla nostre scelte e ci frastornato fino al 22 Febbraio, quando l’intera Lombardia è stata dichiarata zona rossa, e Milano - che già procedeva a piccoli passi - si è bloccata.
I primi provvedimenti sono arrivati negli ultimi giorni della fashion week, quando la città era più viva che mai e gli eventi mondani scandivano le nostre giornate. Tra strette di mano veloci ed abbracci sentiti, piano piano ci allontanavamo fisicamente ma per ritrovarci in un’altra dimensione. E così è stato.
Da lunedì 24 Febbraio, le aziende milanesi hanno gradualmente adottato lo smart working per limitare il contagio e tutelare la salute dei propri dipendenti fino a quando, lo scorso 11 Marzo, il Governo Italiano ha dichiarato il blocco di tutte le attività commerciali non strettamente necessarie, imponendo di fatto una quarantena obbligatoria. Milano si è trasformata in una settimana da place to be, la città dove è possibile inseguire i sogni, a una prigione immobile e cristallizzata.
Ed è così che viene fuori la prima grande domanda della quarantena: come puoi mantenere vivi i tuoi sogni, realizzare le tue aspettative se all’improvviso arriva un mostro invisibile che ti obbliga a restare chiuso in casa? È una domanda complessa, ma attraverso la mia - e la nostra - esperienza possiamo sensibilizzare gli altri, ricordandoci che si tratta della prima vera esperienza condivisa del mondo globalizzato, che sta toccando la quotidianità di tutti senza far distinzione di reddito, età o regione di provenienza.
Da un lato quindi ha senso condividere attraverso i social con gli amici il proprio stato d’animo, la propria giornata o semplicemente i propri hobby, ma dall’altro va anche rispettato chi ha scelto di accogliere questo momento in silenzio, per prendersi una pausa, riflettere e ripartire in maniera diversa. La quarantena potrebbe essere vista anche come la pausa tra il primo e il secondo tempo di una partita, una partita importante dove ti stai giocando il passaggio del turno. In quei quindici minuti ci sono da un lato i giocatori che hanno bisogno di distrarsi, di confrontarsi con i propri compagni per essere confortati su una palla persa o su un rigore sbagliato, dall’altro quelli in silenzio che hanno bisogno di raccogliere le proprie energie per ripartire e provare a fare goal quando arriverà la palla giusta. C’è chi fa discorsi da leader o strappa sorrisi per sdrammatizzare l’ansia di un nuovo inizio e la possibilità della sconfitta.
Io sto sperimentando tutti e tre gli approcci e al momento, anche se mi manca decisamente il rito, mi sento abbastanza bene. Anche tutto il team di nss magazine e nss factory sta reagendo nel migliore dei modi, chiaramente con tutti i problemi pratici del momento.
nss in quanto media agency ha la fortuna di essere molto flessibile: in questo momento in cui le produzioni e gli eventi sono in stand by, ci siamo potuti concentrare sui nostri magazine - nss magazine, nss sports e nss g-club - cercando di essere una guida per i nostri lettori, senza perdere la nostra identità editoriale. Per me è una sorta di ritorno alle origini, una sorta di segno di riconoscimento a quello da cui tutto è partito, e in questo momento mi sembra più che giusto, anche per capire quanto le origini sono fondamentali.
Il nostro stesso ruolo in questo momento ci invita a riflettere, a trovare le giuste energie e ad agire - in un’epoca in cui tutti sono media e ognuno ha la possibilità di raccontare la propria esperienza - per poter comunicare secondo i principi della sana informazione. Abbiamo messo in piedi un piano editoriale dedicato che raccontasse in maniera non morbosa quello che stava succedendo nel nostro mondo, mettendo in evidenza le varie problematiche ma offrendo anche delle soluzioni per strappare un sorriso oltre che per informare e riflettere. Abbiamo creato iniziative per sensibilizzare i creativi ad essere oggi più fervidi che mai, a scovare tra i propri archivi lavori interrotti per cercare di finirli e a scoprire nuove passioni e nuove arti, cercando di trovare sempre il giusto tempo per accogliere anche il silenzio di questi giorni.
Stiamo portando avanti per quanto possibile il concetto di normalità cercando di sottolineare che il Coronavirus è la fine tra il primo e il secondo tempo della migliore partita che tutti quanto possiamo e dobbiamo ancora giocare.
Personalmente, se dovessi fare un primo bilancio direi che per la gioia di mia madre bevo almeno una spremuta al giorno, rigorosamente fatta in casa. Il mio lavoro non ha subito grandi variazioni perché fortunatamente seguo progetti internazionali che per ora non hanno risentito di alcun rallentamento. In parallelo, con il resto del team cerco di pianificare i prossimi obiettivi e strategie. E’ sicuramente un momento per mettere ordine ma anche per pensare out of the box. Spingersi oltre le proprie possibilità è un ottimo esercizio per evadere dalle proprie mura domestiche, tanto la realtà è così reale che i piedi fanno fatica a sollevarsi da terra.
La quarantena e lo smart working hanno i loro contro, e alcuni mi fanno decisamente uscire di testa. Uno sono le troppe ore passate in conference call, che qui in Italia spendi più tempo a organizzarle che a farle. Per non parlare della fase iniziale di convenevoli che oggi è più lunga del solito, dato che tutti vogliono raccontare le strategie di sopravvivenza alla quarantena. L’altro problema - decisamente più grave - è l’inevitabile abbassamento dell’attenzione: a tratti mi sento bombardato dalle news che per forza mi vogliono tenere compagnia o che che io forse cerco con insistenza per capire e per rispondere alla mia domanda iniziale.
Il mio rimedio? Avere vent'anni, quando mi perdonavo più facilmente i momenti di sconforto, studiavo in reclusione a casa per recuperare e passare gli esami. Spero che prima o poi il professore stabilisca la data di questo appello inaspettato e che finalmente tutti potremo tornare a uscire e festeggiare. Anche se gli esami non finiscono mai.
La mia guida personale per vivere la quarantena a Milano:
- Anche se lavori in casa, devi continuare a vestirti come se dovessi uscire. Evita tute e hoodie, essere cozy in questo momento non aiuta;
- Continua la tua beauty routine e se non la hai è il buon momento per iniziare;
- Non rinunciare ad un buono espresso e ad una buona spremuta di arance;
- Documentati solo su fonti ufficiali;
- Non cambiare le tue abitudini, semmai migliorare, affinale. Continua ad essere padrone della tua vita e delle tue scelte;
- Definisci un obiettivo extra della tua quarantena e portalo a termine;
- Condividi la tua esperienza attraverso i canali social, ma non diventarne schiavo, mantieni sempre lo stesso approccio su tutto quello che fai;
- Se arriva il silenzio e lo sconforto, ascoltalo;
- Fai ricerca, ascoltare nuova musica e se non leggi libri non sentirti obbligato a farlo;
- Riprendi in mano i tuoi obiettivi, fissarne di nuovi ancora più ambiziosi.