La crisi del Coronavirus vista dai creativi italiani a Londra
Intervista a 7 talenti creativi italiani a Londra
20 Marzo 2020
In questi giorni non si parla d’altro: l’epidemia del Coronavirus ha messo in ginocchio il mondo. È un evento storico senza precedenti, soprattutto per il mondo digitalizzato. Per far fronte all’emergenza, i governi di tutti i Paesi stanno adottando il “Modello Wuhan”, un modello di quarantena che ha dato buoni risultati a Wuhan, la città della Cina in cui si sono registrati i primi contagi. Le conseguenze sono (e saranno) gravissime per tutti i settori, non per ultimo il mondo dell’arte. È recente la decisione di Anna Wintour di posticipare il Met Gala, o quella del direttore del Festival di Cannes Thierry Fremaux di sospendere la kermesse, ma anche lo sport non è da meno. Non si può prevedere con certezza il danno economico, anche se molti brand (come Nike e adidas) hanno annunciato una perdita clamorosa nei prossimi mesi.
Il problema, quindi, interessa l’intero Pianeta. Pur vivendo in un mondo “a porte chiuse” (con i viaggi sospesi fino a data da destinarsi), sono ancora tanti i giovani italiani all’estero che stanno facendo i conti con l’emergenza, bloccati nella loro professione e lontani dalle famiglie. nss magazine ha “incontrato” (virtualmente, per forza) alcuni di questi professionisti che da anni lavorano e risiedono a Londra, per capire in che modo stanno affrontando questa situazione di crisi.
La reazione di Boris Johnson
Jessica Daolio, stylist che lavora tra Londra e Milano, era in Italia quando è stata dichiarata la quarantena. “Purtroppo (o per fortuna) ero in Italia quando è stata dichiarata zona rossa. Tornare a Londra è stato molto stressante, ho temuto la cancellazione del mio volo e problemi al confine inglese, ma con mia grande sorpresa e sconcerto, avrei anche potuto avere la febbre a 40 che nessuno se ne sarebbe accorto: non c’è stato nessun controllo.”
Il governo inglese, in effetti, è stato l’ultimo ad ammettere che il problema fosse reale. Fino a pochi giorni fa, il Primo Ministro Boris Johnson si è dichiarato scettico sulle misure del Governo Conte, mentre sedicenti medici televisivi sostenevano che fosse solo una scusa "per fare la siesta". Lo scetticismo all’inizio aveva convinto anche Francesco Cucchi, DJ e producer in arte Nan Kolè (fondatore dell’etichetta discografica Gqom Oh!): “Ho un approccio sempre critico nei confronti dell’Italia. La percezione dei miei colleghi inglesi era la stessa: sembrava tutto un po' troppo esagerato, drammatico – e un po’ ha giocato anche il fattore “stereotipo italiano”, che tende a fare un dramma di tutto. Ma alla fine ci siamo dovuti ricredere: ormai anche gli inglesi si sono trasformati in un popolo avido di carta igienica e patate.”
Le prime misure inglesi sono state diverse dal resto del mondo, come spiega Martino Palamidese, digital entrepreneur: “La risposta di Johnson è stata meno decisiva di quella di Conte: inizialmente si voleva seguire una herd policy, per la quale non sarebbero state imposte misure restrittive e che prevedeva che una maggioranza dei cittadini sarebbe stata infetta dal virus, creando un’immunità col tempo all’interno della popolazione. Ma con il passare dei giorni, anche il governo inglese ha fatto un’inversione e sta cercando di imporre misure più restrittive.”
Una soluzione che non è tutta rosa e fiori, come nota il fotografo Glauco Canalis: “Boris Johnson all'inizio ha soltanto chiuso le scuole, non le attività. Ha consigliato di non andare nei pub e nelle discoteche, ma sono state le persone a cancellare i loro eventi di loro sponte, animate dal buon senso. Ma facendo così Johnson ha evitato alle assicurazioni di dovere coprire gli statutory pay ai dipendenti e di alleviare le perdite delle organizzazioni.”
"Il tempo è un lusso raro"
“Con questo auto-isolamento, mi sono reso conto che già da anni vivevo una sorta di auto-quarantena disciplinare”, continua Canalis; “Il che mi ha fatto meditare della mia igiene mentale! Probabilmente mi metterò a fare esercizi in casa, ascoltare tanta musica e terminare lavori iniziati e mai finiti. Ordine mentale, spirituale e fisico.” Canalis non è l’unico a cercare di guardare il “bicchiere mezzo pieno”: Daniele Colucci, fashion designer e insegnante all’Istituto Marangoni, si dice “convinto che possa diventare un periodo tutto sommato utile per fare un po’ di introspezione e riunirci con noi stessi”, mentre Francesca Foschi – store manager di A.P.C. - dice che la sua vita sarà certamente diversa, “ma non necessariamente in senso negativo. Avere tempo è un lusso raro.”
E se in Italia si è assistito a un generale “esodo” di tutti i fuori sede, che dopo il primo decreto hanno preso d’assalto i treni per tornare da mammà, nessuno di loro sembra averci pensato: “L'unica persona ad averci pensato è stata mia madre!”, ha scherzato – ma non troppo –Cucchi. Federica Brunetti, health coach, si è detta d’accordo: “Sinceramente non ho pensato di tornare a casa, nonostante mio padre me l’abbia suggerito, perché io sono già a casa. In più, non dimentichiamo che viaggiare in questo momento è una delle cose più pericolose che si possano fare.”
Le conseguenze sull'industria della creatività
“Per noi freelancer sarà un periodo difficile – nemmeno in UK esistono ammortizzatori sociali pensati per i liberi professionisti”, spiega Canalis. E così Palamidese: “Sono nel processo di lanciare una startup nella sfera della sostenibilità, ma in questo momento la situazione economica è incerta e con la quarantena mi è difficile andare a presentare l’idea a possibili investitori.” Daolio, tra l’altro, sottolinea dei dati importanti per quanto riguarda l'industria della moda: “Sicuramente le Resort 2020 resteranno invendute nei negozi, il che porterà alla cancellazione degli ordini della S/S e alla disdetta degli appuntamenti dei buyers per autunno inverno 2020/21. Ci saranno perdite a catena per le boutiques e i brand, oltre al possibile fallimento di molti brands emergenti. Inoltre dubito che si potrà fare la Fashion Week a giugno.”
Brunetti è un po’ più ottimista: “Non voglio focalizzarmi su pensieri negativi, anzi, voglio credere che – una volta passata l’epidemia – troveremo il modo di apprezzare di più la libertà ritrovata e di conseguenza l’arte e le esperienze intorno a noi.”
"Il nobile sentimento della Noia"
“Da anni dico sempre che la nostra generazione sta dimenticando il nobile sentimento della Noia. In adolescenza dalla noia sono scaturite alcune delle mie più forti necessità, che ho trasformato in passioni e poi lavoro. Da quando abbiamo iniziato a fare uso massiccio dei social media e degli smartphone siamo passati ad una dimensione di interazione e iperstimolazione costante, dimenticandoci della possibilità di staccare un attimo e riflettere”, continua Canalis.
L’arte non si deve fermare. “Sicuramente il web sarà la risorsa principale di tutti noi creativi”, spiega Colucci; “Proprio l’altro giorno ho notato che Vogue Italia ha messo a disposizione gli archivi gratuitamente per 3 mesi: questa è un’operazione incredibile che potrebbe rivelarsi utilissima.” Allo stesso modo, Cucchi fa presente anche “la musica cura”: “Io la sto usando letteralmente per il mio sistema immunitario e la mia emotività. Siamo cosi fortunati abbiamo cosi tanta musica diversa e bellissima, sfruttiamola al meglio.”
La ginestra
“Il mondo dell’arte si nutre anche di tragedie, se penso al Decameron al tempo della peste…”, dice Foschi; “L’arte è la via di sviluppo, di creatività che ha sempre salvato l’essere umano e lo continuerà a fare.”
Da Boccaccio a Leopardi, anche Canalis è convinto che “su l’arida schiena del formidabil monte” della tragedia possa nascere una ginestra (La ginestra, Giacomo Leopardi, 1845): tra le immagini potenti delle più grandi piazze del mondo vuote (Roma, Milano, Napoli, Parigi, ma anche New York e San Francisco) “[...] vedi I canali di Venezia e i Navigli tornare limpidi e con i pesciolini, o i delfini che entrano fino ai banchi del porto di Cagliari. Queste immagini mi hanno colpito, perché hanno anche destabilizzato il mio punto di vista.” E continua: “Dopo l’11 Settembre questo forse è l’evento che più andrà a modificare gli assetti geopolitici e culturali. Ho pensato molto di documentarlo. Ho già fatto sistemare la bicicletta e sono pronto per andare a esplorare la città.”
“Spero solo che questo periodo di quarantena e crisi economica mondiale dia alle persone la possibilità di aver tempo fermarsi, riflettere e riprendere in mano la propria vita quotidiana con una nuova prospettiva più umana”, conclude Daolio; “I soldi torneranno.”