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Il Parco dei Mostri

La trasposizione architettonica del viaggio verso l’oltretomba di un uomo innamorato

Il Parco dei Mostri  La trasposizione architettonica del viaggio verso l’oltretomba di un uomo innamorato

A poca distanza da Viterbo, nel paese di Bomarzo, c’è un luogo magico, popolato da grandi statue di sfingi, giganti, ninfee, balene, tartarughe, elefanti, draghi e orchi. Si chiama Sacro Bosco, ma è anche conosciuto come Villa delle Meraviglie o Parco dei Mostri, creato nel 1552 per volere del principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino, come omaggio alla moglie Giulia Farnese.

Se siete streetstyle addicted, forse lo riconoscerete come la location del lookbook FW18 di Palace, nel quale  i capi del brand venivano ritratti con delle strane e inquietanti creature di pietra sullo sfondo, ma, in realtà, l’origine di questo giardino delle meraviglie ha una storia molto più misteriosa ed esoterica che fashion.

Tra le tante leggende che si raccontano sulla sua origine, due sono le principali e, forse, più probabili. Secondo la prima, pare che Orsini sia stato ispirato da Hypnerotomachia Polyphilii di Francesco Colonna, un testo del ‘500 che ripercorreva il lungo cammino intrapreso dal protagonista per raggiungere e strappare dalla morte l’amata. Una pena ed un desiderio condivisi anche dal signore di Bomarzo che, per ricreare lo stesso immaginario, ingaggiò l’architetto napoletano Pirro Ligorio, successore di Michelangelo nella fabbrica di San Pietro, che progetto il parco, il mausoleo, il tempio e la casa pendente, mentre le statue in peperino sono opera di Simone Moschino. Per la seconda teoria, supportata dalle diverse iscrizioni disseminate ovunque, l'intero parco sarebbe un percorso che ricostruisce le diverse fasi dell'Opus alchemico, conducendo, alla fine, alla verità esoterica. Chi avrà ragione? Le scale, ad esempio, possono rappresentare sia la discesa dell’anima verso gli inferi sia la precipitazione di un elemento alchemico. Se i giudizi sui significati reconditi, nascondi dietro a Pegaso, ninfe, nettuno, giganti che lottano e altri abitanti in basalto di questi tre ettari di foresta di conifere e latifoglie sono diversi, sembra certo che ognuno di essi rifletta la grande cultura del principe.

Dalle pietre alle colonne, da casa obliqua e il tempietto di stile dorico dedicato alla moglie, da Ercole alle tre Grazie, dall’enorme elefante al cavallo alato Pegaso, dalle due sfinge che accolgono all’entrata i visitatori alla famosa testa con la bocca e gli occhi spalancati simbolo del parco, tutto è specchio della cultura del suo creatore. Riconoscere le citazioni letterarie e mitologiche è quasi un gioco: le Metamorfosi di Ovidio, la Divina Commedia, il Decamerone, il Canzoniere di Petrarca, l’Orlando Furioso, Saturno, Giano, la triplice Ecate, Proserpina, Cerbero, Cerere,…Alla morte di Orsini, il Sacro Bosco fu abbandonato dai suoi eredi che lo consideravano il frutto del parto di una mente malata, per poi venire restaurato  400 anni dalla famiglia Bettini. Da allora, questo luogo fantastico ed inquietante è meta di molti visitatori che, da novembre a marzo fino al tramonto, curiosano nel parco, intimoriti dalle sue misteriose creature di pietra.

Una curiosità: nel 1934 Salvador Dalì, durante una visita a Bomarzo, rimase folgorato dalla bellezza visionaria del luogo, che ispirò il suo Le tentazioni di S. Antonio