A Netflix Anatomy - 13 Reasons Why
Tutte le ispirazioni dietro la serie più chiacchierata del momento e prodotta da Selena Gomez
04 Maggio 2017
"Ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera
ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia persa
e non ti vantare se la tua è stata mondiale
la mia sembra solo un fatto personale
e non ti vantare se ci hai perso un fratello
la guerra è guerra
e succederà anche a me
e non ti vantare se la tua si chiama Vietnam
la mia è poco più di un argomento da giornale
e non ti vantare se ci hai perso un fratello
un amico mio ci ha perso il cervello"
Canticchiare questa canzone dei Tre allegri ragazzi morti equivale ad ottenere la migliore e più esaustiva recensione priva di spoiler di 13 Reasons Why.
Perchè, in fondo, è tutto nel testo.
Ogni adolescenza è una guerra, vera o immaginaria, contro il mondo, contro la società o la famiglia, contro quelli che crediamo amici o, più spesso ancora, contro noi stessi. Certe volte sopravviviamo, altre ne usciamo indenni, altre orribilmente menomati. E poi ci sono quelli come Hannah Baker, la liceale interpretata da Katherine Langford nella nuova serie tv di Netflix - adattamento dell'omonimo bestseller di Jay Asher. Lei decide di suicidarsi e di registrare sette audiocassette nelle quali spiega le 13 ragioni di questo gesto estremo e accusa chi ne è stato la causa.
A guidarci attraverso la storia della ragazza è Clay Jensen (Dylan Minnette), il primo destinatario di questa pesante eredità incisa su nastro che, una volta terminato l'ascolto, dovrà poi passare le cassette a chi compare dopo di lui nella narrazione. Mentre Clay ascolta la voce di Hannah, attraverso i suoi occhi, le sue emozioni, i suoi ricordi, la ragazza prende corpo e cosìtutti gli episodi che, inanellati uno dopo l'altro, ne decreteranno la fine.
È una stupida foto quella che, condivisa con il resto della scuola, macchia la reputazione della protagonista dando origine ad una reazione a catena impossibile da interrompere e ad una catastrofe senza ritorno. Tra malintesi, violenze verbali, fisiche, psicologiche, bullismo, slut-shaming, stupro, solitudine le scene procedono in un percorso progressivo che, ricalcando gli stilemi del thriller psicologico ambientato nelle high school americane (una lunga tradizione che va da Twin Peaks a Pretty Little Liars), ci svelano la verità su Hannah.
13 Reasons Why, puntata dopo puntata, è diventata una serie cult e il centro di una serie di feroci polemiche e controversie. C'è chi se ne è innamorato, chi aspetta con ansia una seconda stagione, chi preferisce il libro e chi ritiene istighi in qualche modo a compiere suicidio.
Guardatela e decidete cosa ne pensate.
Produce Selena Gomez, dirigono il premio Oscar de Il caso Spotlight Tom McCarthy ed il regista indie Greg Araki.
Feel like: Aykut Aydogdu
Aykut Aydogdu manipola il corpo e il volto di ragazzi e ragazzi.
Nelle sue immagini digitali (realizzate con Adobe Photoshop imitando perfettamente le trame della pittura ad olio) l'artista turco mutila, deturpa senza ferocia, con fiori, frutti e animali. Sono emozioni inespresse che affiorano in superficie, a volte delicate, a volte dirompenti, come accade anche ai ragazzi di 13 Reasons Why.
Aydogdu cura i dettagli con grande bravura nella tecnica, tanto che le sue opere sembrano fotografie spezzate, ritratti contaminati avvolti da un'aurea onirica.
Dress like: Maison Kitsunè
Per il New York Times Maison Kitsunè è "più che una società di abbigliamento: un'impresa a tempo pieno di miglioramento di stili di vita".
Specchio di stili di vita o, meglio, di appartenenza sociale sono gli abiti dei protagonisti della serie prodotta da Selena Gomez. Nessun glamour alla O.C. o alla Gossip Girl, nello show di Netflix i ragazzi si vestono come liceali qualsiasi: parka, college jacket, bomber (Jessica Davis- Alisha Boe ne sfoggia diversi), denim, felpe, tees.
Uniche eccezioni la pseudo-dark Skye Miller (interpretata da Sosie Bacon, nella realtà figlia degli attori Kyra Sedgwick e Kevin Bacon) con le sue merch t-shirts, le catene al collo e i capelli stile manga; ma anche Courtney Crimsen (Michele Selene Ang) con i cardigan di Alice + Olivia, i fiocchi, il secchiello di Kate Spade.
Think like: Thirteen reasons why by Jay Asher
La serie tv 13 Reasons Why è l'adattamento dell'omonimo romanzo di Jay Asher pubblicato nel 2007. Stessa storia, piccole differenze. Eccole le 5 più interessanti:
#1 Guardando lo show la prima cosa che ci si domanda è: ma perchè Clay non ascolta tutte le cassette in una volta sola? Nel libro, grazie a dio, lo fa.
#2 Nello show ci viene mostrata la storia attraverso gli occhi di Hannah e Clay, spezzata da approfondimenti sulla psicologia e sulle vicende degli altri protagonisti; nel libro i punti di vista sono unicamente due.
#3 Lo stupro di Hannah nel libro non è esplicito, ma sottinteso. Al contrario nella versione tv la scena della violenza nella vasca idromassaggio è palese.
#4 Nel romanzo di Asher Hannah ingoia delle pillole per porre fine alla sua vita, mentre nella serie si taglia le vene nella vasca da bagno.
#5 Nell'opera di Asher gli eventi negativi che colpiscono Hannah sono influenzati dai rumors che girano nei corridoi della scuola. Nella serie la ragazza diventa vittima del cyberbullismo, tra sms e foto con gli smartphone.
Sound like: Joy Division Love will tear us apart
"Posso farti sentire un pezzo?", Tony chiede a Clay nel primo episodio di 13 Reasons Why e poco dopo parte Love Will Tear Us Apart dei Joy Division.
Mentre Ian Curtis, il frontman della band, canta sale la preoccupazione, l'ansia ribolle in un misto di sentimenti che aspettano il momento di esplodere. Questa iconica hit scritta nel 1979 è solo uno dei molti ed eterogenei brani che compongono la soundtrack della serie di Netflix. Il music supervisor Season Kent costruisce un ottimo mix di hit indie, come The Night We Met dei Lord Huron che suona durante il party scolastico o Run Boy Run by Woodkid, cover pop come Only You cantata da Selena Gomez e classici di band come i The Cure. Molti hanno sottolineato nella scelta delle musiche dal sapore anni '80, ad esempio la bellissima The Killing Moon degli Echo And The Bunneyman (qui in versione rivisitata elettronicamente dai Roman Remains), un presunto omaggio alle pellicole dirette da John Hughes, una serie di film adolescenziali diventati cult che vanno da The Breakfast Club a Pretty In Pink.
Una curiosità? In 13 Reasons Why si parla di suicidio e alcuni hanno notato nella sua colonna sonora la presenza di artisti che sono morti in quel modo. Ci sono Ian Curtis dei Joy Division, Elliot Smith e Hey Hey, My My di Neil Young che coverizzata dai Chromatics diventa Into The Black, hit i cui versi "It's Better to Burn Out Than to Fade Away" sono citati nella lettera d'addio di Kurt Cobain.
Interessante? Lo speriamo, ma forse la vera soundtrack è la voce di Hannah che scandisce ogni episodio.
Taste like: Hot Chocolate
Love like: Hate like: unnecessary controversies
Ci sono molte cose di 13 reasons why che funzionano e che ci piacciono: l'impianto originale della trama, la possibilità di spiegare un gesto così estremo, il bellissimo viso di Hannah Baker/ Katherine Langford, ma c'è una cosa che odiamo: le polemiche inutili.
In particolare le persone che accusano e condannano senza conoscere - e non importa che siano i tuoi compagni di scuola o un gruppo di ben pensanti - e che ritengono che una serie tv possa istigare al suicidio, quando forse dovrebbe concentrarsi sui propri figli/amici/persone, sulle loro solitudini e magari comprendere, amare, ascoltare senza mai giudicare e offrire un porto sicuro in cui rifugiarsi aspettando che il buio scompaia.