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A Place To Bury Strangers

A Place To Bury Strangers

Quando ho comprato la mia prima copia di Loveless, avevo circa sedici anni. E la cosa che mi colpì di più di quell'album fu quel micidiale rosa accesso, così indecifrabile, della copertina.
Badavo decisamente alle apparenze. E francamente per farmelo piacere ci misi un bel po' di anni. ?Lo shoegaze non mi ha mai entusiasmato fino alla fine della mia adolescenza e tutti quelli che ascoltavano i Catherine Wheel o i My Bloody Valentine da mattina a sera mi risultavano sempre piuttosto tristi e depressi. E la sottoscritta ha una personalità fondamentalmente pop e frivola.
Ora mi ritrovo con “Exploding Head” nel lettore da ormai una settimana, e non riesco a smettere di ascoltarlo.
E pensare che la copertina non mi piace per niente. E' quasi tutta nera.

Apparenze e capricci estetici a parte, “Exploding Head” mi ha conquistata subito. E' un lavoro eccitante e senza pretese.
O meglio, è da considerare un album corposo che non dà e non toglie nulla alla musica contemporanea.
Olivier Ackermann, Jono Mofo e Jay Space sposano perfettamente tutta la musica che ha rappresentato il grande disagio esistenziale degli adolescenti degli Anni Novanta.
Un album che sfiora il noise e la dark-wave, strizzando l'occhio a noise e art rock. Per non usare il termine più sputtanato quando si parla di APTBS: shoegaze.
“It is Nothing” apre violentemente la tracklist con un muro di suoni che solleva l'ascoltatore lentamente da terra per poi scaraventarlo nella polvere, ma non c'è il tempo di rialzarsi che parte il singolo “In your heart” che ammicca contemporaneamente ai Jesus & Mary Chain e ai Black Rebel Motorcycle Club senza mai perdere il sound personale della band. 
E' poi tutto un districarsi da ombre new wave e riff post-punk mentre l'anima rock'n'roll esplode in “Deadbeat” per poi implodere di nuovo nelle dilatazioni  spocchiose di “Everything Always goes Wrong”.

I tre newyorchesi ci riservano il piacere di godere e rivivere sensazioni rimosse a causa del tempo tiranno, rievocando in noi ogni minimo sobbalzo che ci ha provocato l'ascolto prematuro di un “Loveless” o uno “Psychocandy”.
Ascoltare “Exploding Head” è come ripercorrere a ruota libera tutto il dark, il noise e lo shoegaze, dalla metà degli anni Ottanta fino a questi maledetti Anni Zero.
E' l'input per andare a riprendere dagli scatoloni polverosi tutto quello che ci ha portato ad ascoltare e apprezzare senza un occhio esageratamente critico musicisti come A Place To Bury Strangers.
Però per favore. Non ditemi che il 2010 è l'anno dello “shoegaze revival”.
Sennò mi ammazzo.