"M.I.A. - La cattiva ragazza della musica" per 3 giorni al cinema
Il documentario che racconta la vita di M.I.A. nei cinema di Milano
21 Gennaio 2019
Non servono certo le parole di Madonna per introdurre la silhouette di uno dei personaggi più controversi della scena artistica contemporanea (anche se forse è servita proprio Madonna per introdurla al grande pubblico). Dopo aver stregato il Sundance Film Festival (dove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria) e la Berlinale 2018, dal 20 al 23 gennaio arriva nelle sale un gioiellino del cinema indipendente: M.I.A. – La cattiva ragazza della musica (Matangi/Maya/M.I.A., 2018, distribuito in Italia da I Wonder Pictures), il documentario di Steve Loveridge sulla bellissima Mathangi “Maya” Arulpragasam, in arte M.I.A., l’artista di origine Tamil che dai primi anni 2000 regna nelle classifiche musicali di tutto il mondo e non perde occasione per far parlare di sé.
I’m not Rihanna, I’m not Madonna, I’m not Mariah or Ariana
Dimenticate Lady Gaga: A Star Is Born – ed è inglese e di origine Tamil. Third world democracy. Yeah, she got more records than the K.G.B. L’abbiamo appena vista al fianco di Matt Smith, Kristin Scott Thomas e Naomi Campbell fra le british star protagoniste della campaign natalizia di Burberry by Riccardo Tisci, ma in tanti saranno convinti di non averne mai sentito parlare. O che sia solo un’artista appariscente che piace agli adolescenti anticonformisti, un gesto di ribellione giovanile al pari della dilatazione dei lobi. Ma oltre a essere bella, bella, bella in modo assurdo, M.I.A. è molto, molto, molto di più. Figlia del fondatore delle Tigri Tamil (il gruppo di resistenza armato che combatte l’esercito governativo nella giungla dello Sri Lanka) fin da bambina rifugiata a Londra, la piccola Mathangi è cresciuta con l’unico, soffocante – e a volte autodistruttivo – desiderio di dire la sua. Fino a che… non ce l’ha fatta. Ammettiamolo: dopo il successo mediatico, un film su di lei era solo questione di tempo. D’altronde è sempre stata un’artista visionaria, soprattutto per la spiccata intelligenza con cui ha saputo promuovere se stessa e la sua arte. Basti pensare che di questo film se ne parla dal 2013, quando il regista Steve Loveridge – compagno di Maya al Central St. Martins, rinomato college di arti e design di Londra – pubblicò sulla sua pagina Tumblr un primo trailer “leakato” senza le autorizzazioni delle etichette discografiche che rappresentavano la giovane bad girl (la Interscope Records e, udite udite, la Roc Nation di Jay-Z).
Dopo cinque anni, il film è finalmente al cinema ed è un caleidoscopio di colori sgargianti. In molti l’hanno accusato di essere un lungo spot di 90 minuti – e forse hanno anche ragione. Ma come poteva non esserlo, se per la maggior parte è costituito del materiale video documentato in più di vent’anni dalla sua stessa protagonista? Come se la stessa M.I.A. si fosse impegnata a registrare ogni momento importante della sua vita in vista dell’inevitabile futuro da star. È così che, sepolto vivo da una quantità incalcolabile di materiale, il suo regista si è “limitato” ad assemblare i pezzi di un puzzle già ordinato, come Pigmalione innamorato pronto a modellare una meravigliosa Afrodite. E come la sua star, anche il film è molto di più di quel che si può vedere a un primo sguardo. Si sa, a M.I.A. basta un dito per prendersi il braccio: e proprio come nelle sue canzoni, il racconto della sua vita diventa presto uno statement politico, l’occasione per affrontare il tema a lei carissimo dei rifugiati e denunciare la mancanza d’interventismo da parte delle istituzioni. Stop, rewind: in questi termini, M.I.A. – La cattiva ragazza della musica sembra quasi un film noioso. Sbagliato! Senza rinunciare al suo valore politico, il documentario si tinge di continuo di tutti quei dettagli che rendono ancora più piccante la vita dell’artista. Ecco allora le incursioni nella sua dimora di high design a Londra (incredibilmente grande e vuota). O i flashback nella cultura tamil, i viaggi in India e Sri Lanka e le sperimentazioni musicali insieme alla popolazione locale (che ricordano quasi il ready-made Duchampiano). Ecco la moda, dalle t-shirt della Coca-Cola alle catene d’oro e i costumi di Versace, fino ai più appariscenti occhiali da sole e costumi di scena.
Ancora, ecco il backstage dei videoclip girati da Romain Gavras (come Bad Girls, ma soprattutto Born Free, censurato da tutti i canali di distribuzione e disponibile soltanto su Vimeo), la relazione con Diplo, le parole di Kanye West e le parodie di Funny or Die. Eccola giovanissima, mentre intona la demo di Paper Planes (più tardi inserita nella colonna sonora del film The Millionaire). Infine adulta, con un figlio e una reputazione, al fianco di Madonna e Nicki Minaji sul palco del Super Bowl. E soprattutto, ecco anche il backstage di quella controversa performance proprio al Super Bowl, in cui in diretta nazionale fece il dito medio al pubblico americano (“That’s what I do! I have a song out this week called Bad Girls!”).
Don't go screaming if I blow you with a bang!
Ma su M.I.A., che cosa si può dire? Si sente già l’eco di tanti commenti tutti uguali, come “o la ami o la odi”, “è una provocatrice nata”. La verità è che M.I.A. è un vulcano di creatività e anticonformismo, del tutto impossibile da imitare – e difficilissima da giudicare. La sua missione sarà sempre la stessa: esprimersi… e prenderci in giro. Se proprio non riuscite a sopportarla, per carità, fate come direbbe Peggy Lee: If you don't happen to like it, pass M.I.A. by. Ma nell’ottica del suo approccio all’arte privo di limiti o confini (guardare, per credere, il meraviglioso il video in cui lei e il regista scelgono i loro film del cuore dalla libreria della Criterion Collection, a New York), il documentario su di lei – elaborato, non a caso, insieme a un amico di lunga data – non è altro che il nuovo tassello da aggiungere a una carriera estrema e spericolata. Per questo rifiutare l’invito è impossibile. Adesso, M.I.A. vi aspetta anche al cinema.
Se volete vedere il film al cinema, che nelle sale di Milano fino a mercoledì 23 gennaio, qui trovate la programmazione.