A Guide to All Creative Directors

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Paolo Sorrentino è stato ospite del nuovo podcast di Saint Laurent

Il regista napoletano ha parlato di Napoli, di Parthenope e della libertà

Paolo Sorrentino è stato ospite del nuovo podcast di Saint Laurent Il regista napoletano ha parlato di Napoli, di Parthenope e della libertà

Paolo Sorrentino è stato ospite di TALKS PODCAST, il nuovo format originale di Saint Laurent Rive Droite. Dopo aver avuto come protagonisti Juergen Teller nel primo episodio e Jacques Audiard nel secondo, il regista premio Oscar è la terza voce scelta dalla Maison francese per approfondire il rapporto tra cinema, estetica e creatività, questa volta in conversazione con il regista francese Jacques Audiard. La decisione di Saint Laurent di ampliarsi verso i podcast potrebbe sembrare azzardata nel contesto tradizionalmente conservatore del lusso, ma sotto la direzione creativa di Anthony Vaccarello il brand ha già dimostrato una forte volontà di investire in nuovi formati culturali, esplorando editoria, ristorazione, arte e musica, tutto rigorosamente sotto l’ala Rive Droite. Seppur il duo Sorrentino/Saint Laurent possa apparire insolito a prima impressione, basta ricordare che la casa cinematografica della Maison – Saint Laurent Productions – è stata tra i co-produttori di Parthenope, ultimo film del regista napoletano. Durante la puntata, Sorrentino ha toccato diversi temi centrali della sua poetica, partendo inevitabilmente da Napoli, città che incarna, secondo lui, una contraddittoria fusione di bellezza assoluta e decadenza inevitabile: «La bellezza di Napoli è che è una città del Sud, è una città che non progredisce

La conversazione inizia con una riflessione sull’imperfezione, tema chiave nell’estetica del regista, presente anche nella frammentata introduzione dell’episodio. È lo stesso Sorrentino a introdurre l’argomento, raccontando come la nascita di suo figlio lo abbia posto di fronte a un ideale di bellezza puro e spontaneo, legato allo stupore di fronte alle imperfezioni del reale. Questa continua ricerca della bellezza nascosta nelle anomalie, nei dettagli fuori posto e nelle situazioni ordinarie è un tratto distintivo del suo cinema, evidente sia ne La grande bellezza che in È stata la mano di Dio. Nel corso dell’intervista, Sorrentino approfondisce anche il suo modo peculiare di concepire il cinema: non come una rappresentazione fedele della realtà, bensì come una trasfigurazione poetica. I suoi film, infatti, sono spesso composti da scene che sembrano sospese nel tempo, pervase da malinconia e ironia, dove i protagonisti vagano alla ricerca di un significato raramente definitivo: «Diciamo che nei miei film i rapporti di forza sono il motore delle esili trame che costruisco, in realtà provo a raccontare dei sentimenti. Fondamentalmente io penso di essere più un narratore di sentimenti che di altro. Insomma proprio di sentimenti anche molto semplici che sono l'amore, il tempo che se ne va, la malinconia, questa, questa sottile sensazione di essere addolorati perennemente. Parlo di questo.» L’immagine, per Sorrentino, non è un semplice esercizio di estetica, ma diventa uno strumento narrativo fondamentale per esplorare temi esistenziali, personali e collettivi. Riprendendo poi anche uno dei temi principali affrontati nelle sue opere, Sorrentino parla del sacro, del profano e della religione: «Per me è sacro tutto quello che uno non riesce a dimenticare. Per esempio, non dimentico i miei genitori che sono morti quando ero molto giovane, quindi per me sono sacri.»

Ampio spazio è dedicato anche al lavoro con gli attori e alla costruzione dei personaggi. Sorrentino enfatizza il ruolo essenziale dei dettagli minimi, dei silenzi carichi di significato e dei gesti spontanei. Il sodalizio con Toni Servillo è emblematico di questo metodo, basato sulla capacità di trasformare l’alchimia artistica in personaggi profondi e autentici. A proposito di Parthenope, il regista ha spiegato che la curiosità verso un universo a lui estraneo (quello femminile) è stata la ragione principale della scelta di raccontare la storia di una donna costantemente in cerca della propria libertà, «Io le donne non le conosco. Insomma, le immagino più che conoscerle. Per me è molto interessante raccontare la libertà di una donna.» Come raccontato dal regista: «Per me è interessante mettere in scena un personaggio femminile che frequenta la libertà negli anni 60 e negli anni 70. Perché? Intanto perché era una scelta non scontata. Era una scelta controcorrente, ma in realtà lo è anche adesso.» Proprio il tema della libertà creativa, oggi sempre più messo alla prova dalle dinamiche di mercato, è stato affrontato nella conversazione. Sorrentino ha ribadito l’importanza di preservare la propria visione autoriale, anche collaborando con realtà commerciali come Saint Laurent, purché disposte a valorizzare l’identità estetica e artistica senza compromessi.