
«Sono una sostenitrice di me stessa prima di tutto», intervista a Shygirl
L'artista britannica ci racconta tutto sul nuovo Club Shy Room 2
24 Marzo 2025
Nel 2025 la musica va vista prima di essere ascoltata. Le immagini, i video e i contenuti, lo styling e tutti i personaggi coinvolti in un progetto contribuiscono al rendimento di un album tanto quanto il sound. Sarà per questo che Shygirl rappresenta così bene la nuova generazione di musicisti che sta dominando la industry: con Club Shy Room 2, l’artista inglese, classe ’93, propone un’esperienza di ascolto che comincia ancor prima di schiacciare play. Del resto, come ci racconta lei stessa, prima di entrare nel favoloso mondo della club music Shygirl si occupava di moda, più precisamente lavorava come casting assistant per un’agenzia di modelle. «Avevo molti amici nella moda e uno dei miei amici più stretti gestiva le serate nei club dell'East London, in particolare una serata chiamata PDA», ricorda l’artista. Assieme a Sega Bodega, Mowalola, Ib Kamara e Maximilian Davies, faceva parte di un giovane circolo di creativi di Londra che ben presto avrebbe cominciato a cambiare le regole della fashion industry. All’interno del club, ricorda, ha cominciato ad avvicinarsi al mondo del DJing, prima guardando i suoi amici («lo facevano sembrare così divertente») poi provando a mettersi dietro la console. «Non si trattava nemmeno di fare un set perfetto. Si trattava di incanalare questa energia, e sentivo di poterlo fare grazie a questo e al loro incoraggiamento e abbandono». Nel giro di tre anni, Shygirl ha pubblicato Nymph, l’EP Club Shy e adesso il seguito Club Shy Room 2, è entrata nella Top Ten di Billboard per il genere elettronico e ha collaborato con Charli XCX per l’album remix di Brat. Niente male, per una che afferma che non sapeva niente di DJing.
La club music di Shygirl trova ispirazione in mondi diversi tra loro grazie all senso di libertà e di community che ha incontrato a Londra. La sperimentazione di Arca («che ti fa ascoltare Mariah Carey per 10 minuti senza che tu te ne accorga») l’ha radicata in una creatività senza limiti, ironica e spregiudicata. «Il club in cui sono entrata è stato il più sperimentale, il più sconfinato. È facile essere accettati in uno spazio dove non ci sono regole, non c'è un'idea di perfezione. È per questo che ho cercato di mantenere lo stesso stile anche quando la mia musica è cambiata». Ha compiuto i primi passi nella musica grazie al produttore Sega Bodega, che le ha chiesto di cantare «perché gli piaceva il suono della mia voce». Shygirl include tutto nella sua musica, dà enorme importanza alle parole che pronuncia sulle tracce così come al suono del suo stesso respiro, spesso utilizzato come strumento musicale aggiuntivo. In Club Shy Room 2, l’afrobeat incontra il reggaeton e rumori anticonvenzionali, ad-lib sussurrati si contrappongono a testi lanciati e accattivanti pronunciati da Shy insieme ad artiste del calibro di Jorja Smith, Saweetie e Bambii. «Devo scrivere le parole, non posso trovare la melodia se non so di cosa sto parlando. Con la musica da club la sinergia tra il ritmo e le parole deve essere perfetta, in modo che non ci si concentri su nessuno dei due, ma su se stessi e su come ci si sente, sulla propria energia e sul proprio corpo in quel momento. Ed è per questo che mi piace».
Con il nuovo album, Shygirl riprende in mano il progetto avviato con Club Shy per introdurre il pubblico in una nuova stanza - il titolo stesso, Room 2, si riferisce ai set secondari dei club che suonano musica più sperimentale. In questo capitolo, ci racconta l’artista, vuole «riprendere in mano la mia pratica creativa. Il problema della music industry è che il lavoro diventa piuttosto formulaico: hai qualcosa di originale, qualcosa di creativo, e poi devi farlo passare attraverso questa macchina che lo rende digeribile per gli altri». Club Shy Room 2 è per la sua audience, dice Shygirl, «per conversare con me e con me come artista». L’esperienza di fruizione dell’album stesso si rifà a questo concetto, con serate che invitano lo spettatore a perdere ogni inibizione e a fondersi con il sound fino a diventare parte integrante del progetto. È un’idea che ha preso vita con Nymph, il primo album di Shygirl: come ricorda l’artista, per i concerti era stato installato uno specchio sul palco che rifletteva il pubblico. «È davvero difficile dare spazio alla spontaneità in questo settore. Ma ero determinata a farlo in questo progetto».
Paradossalmente, il forte legame di Shygirl con il mondo della moda si riflette nella scelta dell’artista di non associare la propria immagine a nessun brand di lusso. Piuttosto, ci racconta, «Mi piace lavorare con nuovi e giovani designer, non solo per quello che fanno, ma anche per il tipo di ambizione che hanno. Mi piacciono le persone che riescono ad avere l'idea migliore con un budget ridotto, questo è il mio tipo di persona e amo essere circondata da ambizione e grinta». È lo stesso motivo per cui non le piace lavorare con grandi direttori creativi che vogliono imporre la loro idea, determinati a realizzare il loro magnum opus a costo di oscurare la musica. Lo stesso motivo per cui, aggiunge, non le piace «fare riferimento a troppe cose che accadono nella cultura contemporanea. Cerco di fare riferimento a me stessa il più possibile». Per quanto riguarda lo styling di Club Shy Room 2, Shygirl racconta che si sta finalmente lasciando andare un po’ di più. In quanto artista donna e in quanto nera, le era stato dipinta addosso un’immagine che non era sua, fatta di latex e di abiti rivelatori. «Non ho bisogno di questi strumenti per sentirmi sexy, semmai - aggiunge l'artista - ma ora mi sento più a mio agio, rispondo solo a me stessa quindi sento di poter mostrare più pelle, cosa che non ho mai fatto più di tanto». Perché se dobbiamo imparare da qualcosa dall’universo di Shygirl, dopo aver esplorato un'altra stanza di Club Shy ed esserci lasciati trasportare dal sound sperimentale della Room 2, è che nulla è più importante della propria voce. Come afferma l’artista, «sono una sostenitrice di me stessa prima di tutto».