Il paradosso del digital detox
Quando la Gen Z sente il bisogno di stare offline
28 Gennaio 2025
I social giocano un ruolo fondamentale nella vita degli utenti: pari a strumenti che permeano la realtà in toto, dagli aspetti sociali fino alla vita lavorativa. In particolare l’esistenza della Gen Z, cresciuta tra le app, è altamente influenzata dalla presenza dei social, tanto da essere tra le generazioni che più di tutte sperimenta la FOMO (fear of missing out). L’ansia che deriva dal perdere le occasioni, il non postarle, si trasforma in un’angoscia esistenziale che sembra quasi schiacciare i più giovani e portare a una vera e propria dipendenza dai social media. Secondo un recente sondaggio di Deloitte Germania, condotto su 2000 utenti, l'84% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni ha dichiarato di usare il proprio smartphone "troppo", prova di quanto la Gen Z sia in verità consapevole dell’attenzione spropositata che dedicano ai social e dei suoi effetti sulla salute mentale. Il 56% ha riferito di andare a dormire tardi, essere distratto o sentirsi costretto a controllare il telefono, mentre altri hanno dichiarato svariati disturbi fisici come mal di testa e problemi agli occhi. In risposta alla presa di coscienza da parte delle nuove generazioni nei confronti dei social media, molti utenti stanno cercando attivamente di limitare la propria presenza davanti lo schermo: il cosiddetto digital detox. Non stupisce quindi che sulle piattaforme i temi più cercati nel 2025 siano “disconnettersi”, “ridurre il tempo trascorso davanti agli schermi”, “stare all’aria aperta” o addirittura “eliminare le app dei social media”. La generazione più tecnologica esistita finora ha sviluppato una specie di repulsione per le piattaforme. E adesso, paradossalmente, tenta di vivere la propria vita offline.
@iamvenusnova i dont even remember recording this
original sound - 金星
Per combattere la “nomofobia” - dall’inglese no mobile phobia- l’incapacità crescente di separarsi dal proprio smartphone, alcuni user su TikTok invitano a passare diversi giorni lontani dalle piattaforme per disintossicarsi. Tra i benefici di mettere in pausa i social c’è lo stabilizzarsi dei picchi di dopamina indotti da like, commenti e video, che permette al cervello di resettare i percorsi della ricompensa. Tutto ciò consente di interrompere il consumo eccessivo e compulsivo che porta al brain rot (marciume cerebrale), secondo il National Geographic. Inoltre, la distanza dai social porterebbe ad un miglioramento del sonno, della concentrazione e ad un abbassamento dei livelli di stress. La risposta a questi bisogni, da parte dell’industria tech, non si è fatta attendere, trasformando il digital detox in un vero e proprio business che include il lancio di specifiche app e l’organizzazione di ritiri lontani dagli schermi. Basti pensare che il mercato delle app per il digital detox valeva circa 0,39 miliardi di dollari nel 2023, riporta Dazed, e si prevede che raggiunga circa 19,44 miliardi entro il 2032. Cresce anche la ricerca di “ritiri di digital detox”, che sono lo specchio di come la dipendenza da social rappresenti un problema collettivo. Ma queste soluzioni funzionano davvero?
Le applicazioni sono soluzioni “rapide”: la loro promessa per gli utenti è quella di curare la dipendenza da social rapidamente, consentendogli dedicarsi al mondo offline e ad attività all'aria aperta. Tra le più famose ci sono Opal, Jomo, Forest, che garantiscono di poter apportare benefici per la concentrazione del consumatore, facendo leva sul minor tempo passato a scrollare il telefono. Riguardo tali strumenti per incentivare il digital detox c’è dello scetticismo, dovuto soprattutto al fatto che, su app come Forest, impostare il tempo di non-utilizzo dello smartphone è compito dei singoli utenti ai quali è anche concesso di aumentare i limiti che gli permettono di usufruire del dispositivo. In pratica, sarebbe più efficiente disattivare le notifiche o spegnere il cellulare. Inoltre, iniziative potrebbero dare vita ad un fenomeno di segno opposto: l’user potrebbe sentire il bisogno di “recuperare” il tempo passato lontano dal suo smartphone, incrementando anche di più la sua presenza sui social rispetto a prima del detox. Le applicazioni che mirano ad incentivare la consapevolezza grazie al tracking si rivelano, perciò, solo strumenti che danno solo un'effimera sensazione di controllo, non riuscendo ad affermarsi come una valida soluzione a lungo termine, al pari di diete che promettono di far perdere peso in poco tempo.
@demelzamay So I deleted all my social apps for 4 days. Sometimes the best thing you can do is step back. We all know the endless scrolling you can do on social media, and that feeling of always needing to catch up. But switching it off, grounding yourself and looking up can help remind you, that you are exactly where you need to be. #fyp #digitaldetox #switchingoff #connectingwithothers #girlsnight #mentalhealth #finalyear #unistudent #distraction #emotional #feelings #sad original sound - User1042747549285
Palliativi del digital detox, come le app, si rivelano in definitiva uno scam. Alla loro base c’è una contraddizione: che a brevettarle come rimedi siano proprio i giganti dell’industria tecnologica. Si tratta delle stesse aziende che dall’abuso che gli user fanno dello smartphone e social hanno fatto la propria fortuna ed ora, facendo pagare soluzioni quali app o ritiri offline, traggono guadagno cercando di porre rimedio ai danni causati. Ma in fin dei conti ciò che fanno non è altro che dare l’illusione agli utenti di riavere indietro il proprio tempo, una vita serena lontana dall’ansia sociale che il mondo online genera. In una società profondamente permeata dalla tecnologia, non ha senso pensare di potersene liberare, a maggior ragione con scappatoie come social detox o app. La soluzione andrebbe perciò piuttosto cercata nell’analizzare i motivi profondi che generano la dipendenza digitale, che potrebbero essere solitudine, difficoltà relazionali o stress. Di conseguenza le azioni dovrebbero concentrarsi sul migliorare il rapporto degli utenti con la tecnologia ed i suoi strumenti con soluzioni a lungo termine, quali una migliore educazione tecnologica. In definitiva non c'è bisogno di app o ritiri, quanto interrogarsi sulle ragioni che scatenano il bisogno di prendere una pausa dal mondo online e porvi rimedio.