Perché Trump è così ossessionato dalla Groenlandia?
L'isola da due milioni di kilometri quadrati che farebbe comodo agli USA
08 Gennaio 2025
Era l’agosto del 2019 e l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva dato incarico ad alcuni collaboratori di valutare l’acquisto della Groenlandia. Una boutade a cui spesso il tycoon ci ha abituati, tanto che gli stessi collaboratori «continua[vano] a credere che non fosse seria», perché l’isola ha un governo autonomo, perché una popolazione autoctona ed è una Nazione costitutiva del Regno di Danimarca e, soprattutto, perché qualsiasi offerta sarebbe stata declinata come avevano più volte ripetuto le autorità danesi, groenlandesi e inuit: «Siamo aperti agli affari, non siamo in vendita». Dopo quell’agosto 2019, il mondo è cambiato per tornare a essere uguale a prima: Trump è stato rieletto presidente ed è subito tornato sulla pazza idea dell'acquisto della Groenlandia a pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca. Martedì 7 gennaio infatti, durante la sua prima conferenza ufficiale a Mar-a-Lago, il presidente eletto ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno «bisogno della Groenlandia per la sicurezza nazionale» sostenendo che la Danimarca dovrebbe rinunciarvi per «proteggere il mondo libero». Ha inoltre minacciato di imporre dazi alla Danimarca se non accetterà e ha «esplicitamente rifiutato di fornire garanzie contro l'uso della coercizione militare». Nel frattempo, il figlio Donald Trump Jr è in questi giorni in visita all’isola, formalmente per interesse personale ma praticamente per scopi politici. Sul suo profilo X ha pubblicato un video in cui si approccia all’isola artica a bordo di un elicottero con la caption «Greenland coming in hot… well, actually, really really cold!!!!» e una statuetta di suo padre con in mano un fucile.
Le ricchezze della Groenlandia
Greenland coming in hot… well, actually, really really cold!!!! pic.twitter.com/IhLKVOfYVM
— Donald Trump Jr. (@DonaldJTrumpJr) January 7, 2025
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— Donald Trump Jr. (@DonaldJTrumpJr) January 7, 2025
La Groenlandia è la più grande isola al mondo e, dall’inizio del XVIII, è stata un possedimento della Danimarca. Nel 1979 ha ottenuto il titolo di regione autonoma con un proprio governo sempre sotto controllo della corona danese. Con oltre 2 milioni di kilometri quadrati di superficie, la Groenlandia è un’immensa riserva di risorse minerarie come petrolio, ghiaccio, acqua. Nel 2023 la Danimarca ha pubblicato un report che illustrava il potenziale delll’isola come ricco deposito di materiali minerali preziosi come neodomio e disprosio; a causa dello scioglimento dei ghiacci, come si legge sul New York Times, si «potrebbe consentire la perforazione [di terreno] per petrolio e per l'estrazione di minerali come rame, litio, nichel e cobalto». «Queste risorse minerarie sono essenziali per le industrie in rapida crescita che producono turbine eoliche, linee di trasmissione, batterie e veicoli elettrici», settori in cui la Cina è leader indiscussa.
Ma lo scioglimento dei ghiacci sta anche aprendo una nuova via strategica per il commercio dato che, passando per l’Artico, le rotte di navigazioni statunitensi sarebbero molto più brevi e più efficienti. La navigazione attraverso il Mar Glaciale Artico dall’Europa occidentale all’Asia orientale è «più breve del 40% rispetto a quella attraverso il Canale di Suez [e] secondo un recente rapporto del Consiglio Artico, il traffico navale è giù aumentato del 37% nell’ultimo decennio», riporta il New York Times. La Cina e la Russia hanno già mostrato interesse verso l’Artico concordando una collaborazione per lo sviluppo della tratta artica, cosa che, a quanto pare, ha risvegliato vecchi interessi e mai sopite antipatie di Trump. «La Groenlandia è un’autostrada che parte dall'Artico e arriva fino al Nord America» ha detto il tycoon a Fox News: «È strategicamente molto importante per l'Artico, che sarà il campo di battaglia critico del futuro perché, con il riscaldamento globale, l'Artico sarà un percorso che forse ridurrà l'uso del Canale di Panama».
Trump non è il primo presidente americano ad aver avanzato richieste d’acquisto nei confronti della Groenlandia. Nel 1867, il segretario di Stato William Seward aveva mostrato un forte interesse, mentre nel 1946 il segretario di stato James Byrnes aveva offerto 100 milioni di dollari per annettere l’isola agli Stati Uniti. La risposta da parte della Danimarca e dell’isola è sempre stata un fermo no. Il primo ministro della Groenlandia, Múte Egede, ha dichiarato sul Washington Post «Non siamo in vendita e non lo saremo mai», mentre il re danese Federik X - salito al trono nel 2024 dopo l’abdicazione della madre, la regina Margaret II - ha spiazzato tutti con una mossa formale dal forte intento politico e storico: ha cambiato lo stemma reale per dare maggiore risalto alla Groenlandia e alle Isole Faroe. Da più di 500 anni i simboli presenti nello stemma reale danese presentavano tre corone - simbolo dell’Unione di Kalmar tra Danimarca, Norvegia e Svezia. Nella versione 2025 un orso polare e un ariete - che simboleggiano rispettivamente la Groenlandia e le Isole Faroe - ricoprono uno spazio maggiore e le tre corone sono state rimosse. Una dichiarazione di intenti, una forte risposta alla presunzione di Trump che non si è fatto attendere e ha risposto sui social riferendosi al viaggio di suo figlio «MAKE GREENLAND GREAT AGAIN!». Siamo abituati ai colpi d’effetto e alla post-verità dei social trumpiani, ma di sicuro il secondo atto di Trump alla Casa Bianca è iniziato con il botto. Non ci resta che aspettare l’Inauguration Day del 20 gennaio per scoprire quali sorprese Trump avrà in serbo per gli USA e per il mondo intero.