Vedi tutti

Here è il cinema del presente, qui e ora

Tom Hanks e Robin Wright vengono ringiovaniti per un film che riflette sui concetti di spazio e tempo

Here è il cinema del presente, qui e ora  Tom Hanks e Robin Wright vengono ringiovaniti per un film che riflette sui concetti di spazio e tempo

Nell’accezione del termine Here (“Qui”) non c’è solo il luogo. Può sembrare certamente così nel film di Robert Zemeckis, chiuso in un’unica inquadratura continua. In fondo il rimando allo spazio fisico di un perimetro è ben delineato fin dal primo momento in cui il rettangolo dello schermo cinematografico racchiude un pezzo di terreno che è diventato negli anni un vialetto, una strada e, infine, la casa dalle varie generazioni che l’abiteranno. Qui, quindi, è senz’altro il concetto di posto, di appartenenza anche, dove le radici sono non solo dei protagonisti che vivranno all’interno delle quattro mura - sia della struttura, che del luogo-cinema - ma dell’intera storia scritta da Eric Roth insieme al regista, portata avanti attraverso un altro elemento che comprende a strettissimo giro la nozione di “tempo”.   Qui è il momento che stiamo guardando, qui è la sequenza che lo spettatore sta vedendo davanti ai propri occhi e che consuma il continuo presente degli attori in scena. Nessuno di loro può immaginare cosa potrebbe venire dopo, di certo alcuni si domandano (e scoprono) cosa è accaduto prima. Ma Here non si limita al racconto dei protagonisti, che come perno ha al centro le sorti della famiglia Young (ironico come la traduzione sia “giovane”, loro che sono gli unici che vedremo crescere e invecchiare), tornando indietro fino all’origine - per l’appunto - dello spazio e del tempo, quando i dinosauri si muovevano liberi sulla terra, fino a lasciare il passo ai primi uomini e alle prime donne che hanno contribuito all’origine del mondo come lo conosciamo, arrivando persino alla pandemia di Covid. 

Se il posto rimane fisso, collage geometrico che Zemeckis ritaglia e circoscrive con finestre che si aprono e chiudono sull’immagine così da sovrapporle e ampliarle, come tunnel attraverso cui passare nel tessuto dello spazio-tempo, nel film sono gli anni, i decenni, i secoli a trascorrere, mentre noi spettatori rimaniamo immobili sulla poltrona ad osservarli. Qui. Il lavoro di un regista che ha narrato cinematograficamente alcune delle storie più significative del panorama culturale statunitense e mondiale (dalla fusione di realtà e animazione con Chi ha incastrato Roger Rabbit al Novecento romanzato di Forrest Gump fino all’introduzione pervasiva della tecnologia con Polar Express e La leggenda di Beowulf) si ampia con un’opera più analitica, che intrattenitiva. Più studio sul mezzo cinema/macchina del tempo, che cinema per il pubblico stesso. Una contraddizione, quasi, visto che Here parla esattamente di noi, dell’umanità, delle persone, instaurando un dialogo che va da chi ha vissuto (e sta vivendo) dentro le varie sequenze a chi le guarda seduto attraverso un’altra forma geometrica, lo schermo, che sia di un cinema di quartiere, di un multisala o del proprio computer.  

Come testimonianza di una memoria che è labile (tanto che un personaggio la perderà) e che Robert Zemeckis vuole racchiudere nei suoi riquadri per mantenerla ancorata e ferma - col personaggio di Tom Hanks, ringiovanito come la collega Robin Wright, che le immagini continua a riproporle tramite altre finestre, i suoi dipinti - Here costituisce le connessioni che possono intercorrere nel cinema e col cinema. Nella vita vera e nei fili che ci legano alle altre persone. Non a caso un esperimento simile è accomunabile, a proposito di concatenazioni, con il disegno più espanso della vita e dell’universo descritto e assemblato in Cloud Atlas di Lana e Lilly Wachowski, di cui ritroviamo addirittura uno degli interpreti, l’Hanks fedele alla filmografia di Zemeckis. Salti temporali, comunicazioni che travalicano gli ordini del cosmo, ellissi che portano sempre allo stesso punto: gli esseri umani hanno bisogno di un luogo dove stare, in cui incontrarsi, in cui confrontarsi con gli altri, con chi è venuto prima e con chi verrà dopo. Hanno bisogno di un rifugio. Di una casa che può essere presente a se stessa come sa esserlo il cinema.