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Robbie Williams è una scimmia nel grandioso biopic "Better Man"

Un performer che ha messo sempre al centro il corpo nella propria carriera, dando anima e sangue

Robbie Williams è una scimmia nel grandioso biopic Better Man Un performer che ha messo sempre al centro il corpo nella propria carriera, dando anima e sangue

Per il biopic Better Man che riprende la sua vita personale e musicale, Robbie Williams ha scelto di essere ritratto come una scimmia. Un animale che già era comparso nella sua carriera, basta ripercorrere alcune delle performance live del tour Escapology del 2003 a Knewborth in cui il montaggio viene alternato con inserti animati, tra il cantante veramente appeso per i piedi e lasciato calare sul palco - come vediamo anche nel film - e immagini dall’estetica completamente anni Duemila, discutibili eppure rappresentative di quei primi decenni del nuovo secolo. I fan furono 375,000, rendendolo l’evento più partecipato della storia britannica. Un concerto conquistato all’urlo di “For the next two hours your ass is mine!” e che ha consacrato la popstar come incontrastata icona musicale. Ma quanta strada ci è voluta per arrivare fino a lì? E perché Robbie Williams in Better Man è una scimmia? «Non mi sono mai sentito evoluto», ammette il cantante, come confessa anche nell’opera. Sempre indietro, sempre a sbagliare, sempre a rincorrere una fama che serviva a una cosa ed una soltanto: sentirsi amato. Se del “cabarettista nato”, come lui stesso si definisce, abbiamo visto finora solo la superficie, dopo il film diretto da Michael Gracey (The Greatest Showman) non sarà più possibile fare altro se non interrogarsi sulla sua vulnerabilità. Anche se piena di peli e primitiva, la figura nell’opera riporta un quadro intimo e doloroso di un bambino che, col sogno di compiacere il padre, viene abbandonato dal genitore che gli preferisce piccoli spettacoli in pub locali. Diventare famoso o non essere nessuno. Ecco che Robbie Williams, perciò, si fa scimmia. Per farsi notare dalla gente, per farsi notare dal padre. 

@rottentomatoes Robbie Williams stars as a CGI monkey in the official trailer for #BetterMan. In select theaters December 25. #rottentomatoes #movie #movietok #film #filmtok #trailer #musical #biopic #robbiewilliams original sound - Rotten Tomatoes

Sebbene la scelta della rappresentazione attraverso un primate possa sembrare mero manierismo, nell’economia del racconto sul cantante assume un significato più alto e ampio. È il corpo del performer che viene messo in discussione, sottratto per mettere su un costume più adatto e riflettere ancora una volta sull’importanza che il sangue e la carne hanno avuto nel raggiungimento della carriera del ragazzino di Stoke-on-Trent. Un giovane entrato a far parte dei Take That a quindici anni e da lì immediatamente esposto ai vizi e alle molteplici maniere di infliggere sofferenza al proprio organismo. Prima c’è stata l’esposizione mediatica. Conquistate da principio le discoteche queer, trasformati poi in idoli per le teenager, i cinque ragazzini sulla cresta dell’onda agli inizi degli anni Novanta sono stati elevati a boy band per eccellenza vista la risonanza alimentata anche da una sessualizzazione esplicita della loro persona. Una presenza che doveva valere tanto e forse più di quanto non dovessero fare le loro prestazioni canore, con un Robbie Williams presto caduto in depressione e nei fumi dell’alcol e ancor più della droga, isole dove rifugiarsi per scappare dal senso di disagio che lo inseguiva ogni volta che saliva sul palco, e che si fa leitmotiv in molte sequenze di Better Man.

C’è poi il corpo del singolo, di colui che si è staccato dalla macchina che avevano collaudato con i Take That, ormai troppo danneggiata per continuare. E, nell’esporsi, un’altra maschera. Più si spoglia, più si copre. E fa ridere pensare che, pur in versione animalesca, la scimmia del film è più vestita di quanto sia mai stato Robbie Williams nella sua vita.  Il corpo continua a tornare e a tornare nella carriera musicale e performativa del cantante. È un corpo sottoposto a una dipendenza da stupefacenti e da un continuo scontro col dismorfismo (ancora non superato, anche dopo aver perso circa tredici chili due anni fa, non disprezzando l’aiuto di qualche punturina). Uno spogliarsi persistente quasi a volersi far vedere nel profondo. È incredibile come googlando il nome Robbie Williams e mettendo vicino la parola “nudo” o “naked” le possibilità che ti offre il web siano infinite. Non c’è solo quell’album, quella foto, quel video o quella copertina. Ci sono quegli album, quelle foto, quei video e quelle copertine. Del corpo fa anche canzoni, come Bodies del 2009 e ancor prima, nel 2002, Come Undone lo riporta addirittura al liquido seminale che, un giorno, lo renderà una persona (“Because I'm scum and I'm your son, I come undone”). «Il corpo per me è sempre stato lo sfogo della mia salute mentale», spiega Wiliams, durante la promozione del film in Italia. «Sono sempre stato incline a ogni sorta di dipendenza, compreso il cibo. Ormai ho chiuso con l’alcol, ho chiuso con le droghe, ho chiuso anche con il sesso (ride, ironico, o forse no?, ndr.), ma resto sempre in guerra con il mio corpo. È una nevrosi che è ancora con me oggi. I miei problemi di peso e la battaglia tra me e il mio corpo non è mai finita, tanto da restare per me fonte di tanta sofferenza e dolore».

E anche se oggi «sono stramaledettamente sexy», ci tiene a sottolineare, il suo odiarsi e cercare accettazione negli altri è esattamente ciò di fronte a cui mette Better Man, e che si coglie anche quando lo si incontra dal vivo. Facendo del film biografico un esempio di ricerca e di intrattenimento superiore rispetto al portato convenzionale che questa tipologia di opere concernono, mettendo a nudo non soltanto la propria fisicità, ma trasformandola proprio per rafforzarne l’idea di performance con cui l’ha sempre utilizzata, Robbie Williams spera di essere “visto” grazie a Better Man. Essere riportato come animale non è disumanizzante, ma empatico al massimo. È un bambino che cantava col padre e continua a farlo per ritrovarlo. È un ragazzo che aveva paura di non essere nessuno allora ha sognato di esibirsi davanti a 375,000 persone per confermare che sì, esisto. È un uomo che per sentire qualcosa (“I just wanna feel”, canta in uno dei suoi brani più famosi) si è dovuto esporre. Lo ha fatto anche con Better Man. Ed è forse questa la verità se si vuole essere qualcuno: non solo avere quel “qualcosa”, ma essere disposti a dare tutto. A metterci completamente l’anima e, soprattutto, il corpo.