Vedi tutti

Anche l'Italia sa fare belle serie tv

Da Dostoevskij a The Bad Guy, aspettando il 2025 di M – Il figlio del secolo

Anche l'Italia sa fare belle serie tv Da Dostoevskij a The Bad Guy, aspettando il 2025 di M – Il figlio del secolo

A distanza di una settimana dall’uscita dell’enigmatica Dostoevskij su Sky Italia e NOW, arriva su Prime Video la seconda stagione dell’adrenalinica The Bad Guy, mentre si concluderà a breve sui canali generalisti la storia di Lenù e Lila con L’amica geniale, dopo essere passata prima in America e presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Ma non finisce qui. Quasi in contemporanea, Hanno ucciso l’uomo ragno ha chiuso la prima stagione al suono non solo delle canzoni degli 883, ma del plauso ricevuto da critica e pubblico, mentre manca poco all’arrivo (sempre su Sky) di M - Il figlio del secolo, uno dei prodotti che faranno saltare in aria il pubblico dalle loro sedie, dopo aver fatto già altrettanto con la stampa e gli spettatori del Lido dopo il suo passaggio all’81esima Mostra del Cinema di Venezia. Questo, per parafrasare la presidente di giuria del festival veneziano Isabelle Huppert durante la premiazione del 2024, ci conferma una cosa: che la serialità in Italia è in gran forma. Non lo conferma, anzi, lo testimonia. L’industria italiana, infatti, vive di un pregiudizio che spesso è alimentato dai suoi stessi professionisti. Si sentono continuamente lamentele sullo stato di salute dell’intrattenimento audiovisivo nostrano, eppure sono molteplici gli esempi a cui è possibile appellarci per dimostrare una tesi contraria. Questo non per amore di uno scontro, ma per spingerci verso il progresso stesso; mostrare che in Italia non si è inferiori a nessuno anche quando si parla di un campo come la serialità, che per tantissimi anni è stato appannaggio degli altri Paesi - soprattutto anglofoni. Cominciare ad attribuirci i giusti meriti può infatti portare a risultati inaspettati, come il voler mantenere alto il livello delle produzioni seriali italiane viste finora. 

La grandiosità delle serie italiane si trova in realtà a rischio, a causa della nuova riforma sul cinema e l’audiovisivo che impedirà a tante produzioni indipendenti o medio-piccole di accedere ai finanziamenti, comprese le realtà straniere. Occorre però domandarsi già da ora quando e come potremo godere di una terza stagione di un gioiello come The Bad Guy. Diretta da Giancarlo Fontana e Giuseppe S. Stasi, quest’ultimo anche sceneggiatore insieme a Ludovica Rampoldi e Davide Serino, la serie su un magistrato eroe diventato forzatamente un latitante per combattere Cosa Nostra da dentro torna con uno sprint che appartiene al gusto e alla visione ritmica e dinamica dei suoi registi e autori. Il mafia movie che si unisce ai thriller delle stanze del potere, che fanno della politica e dei rapporti tra criminalità e Stato un terreno irriverente e pop. Musicato e montato da Dio, nonché esempio di intraprendenza da parte di Prime Video, The Bad Guy dimostra in entrambe le sue prime stagioni che l'Italia, quando si parla di cinema è di serie, in verità sa abbandonare la tradizione. E, così, la piattaforma ha deciso di allagarsi, trovando un (altro) respiro di genere, stavolta anche internazionale.  

@primevideoit Come ci piacciono questi due #CitadelDiana #CitadelOnPrime #DaVedere #NuoveUscite #MatildaDeAngelis #LorenzoCervasio #PrimeVideo #Romance suono originale - Prime Video Italia

Dopo pochi giorni dal rilascio di Citadel: Diana, Prime Video ha annunciato che la serie con protagonista Matilda De Angelis ha registrato il miglior risultato per un Original in piattaforma, posizionandosi nella Top 5 di almeno 150 Paesi, dalla Spagna al Brasile, dalla Germania al Messico e ancora oltre. Uno show di spie ambientato in una Milano del futuro, in cui il Duomo è stato distrutto e la sicurezza nazionale è in pericolo. Citadel: Diana non solo è un’operazione di comunicazione con il pubblico di tutto il globo, ma parte integrante di un progetto che ambisce a contribuire a una famiglia seriale, partita con la variante statunitense Citadel, dei fratelli Russo, proseguita con l’indiana Citadel: Honey BunnyChe si lavori in gruppo o in solitaria, il risultato non cambia: la serie piace e a Matilda De Angelis va il merito di essersi caricata non solo di una, ma di ben due produzioni che stanno riscuotendo successo tra il pubblico. A un mese dall’uscita de La legge di Lidia Poët 2 ne viene annunciato il prossimo ritorno con una terza stagione, sempre di casa Netflix. La serie in costume ha dato voce alla prima avvocatessa d’Italia, senza dimenticare lo svago che è possibile trovare in ogni sua puntata. Mentre una linea verticale, infatti, collega il quadro generale di Lidia Poët, lo show funziona anche per la verticalità delle proprie puntate, dove la risoluzione di un mistero si abbina ad una versione rivisitata dei classici Bones o Law & Order in stile, però, da period drama. Il prodotto finale esula dalla solita proposta teen che per troppo tempo è stata l’unica ad invadere la piattaforma - e che riserva comunque ancora qualche chicca come l’ultima arrivata Adorazione

Hanno ucciso l’uomo ragno, con il suo ideatore Sydney Sibilia, aggiunge quel pizzico di irriverenza di cui le serie italiane avevano bisogno. Il progetto si può legare a doppio giro all’operazione svolta con Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo: non è un caso che entrambi i titoli siano da attribuire a Sky, che sta dimostrando di tenere particolarmente all’identità dei propri prodotti e, ancor più, alle firme che sceglie. Lo è stato fin dalle loro prime produzioni italiane di fama mondiale (basti pensare a Gomorra) ma questa volta la piattaforma ha concesso a Sibilia di ripercorrere la storia di Max Pezzali e Mauro Repetto e di intessere così le trame della propria filologia narrativa, da Smetto quando voglio fino allo show sugli 883. Ancora una volta, il regista e sceneggiatore fa dell’ordinario qualcosa di straordinario, con personaggi che hanno un’esistenza comune (a volte ispirata a eventi reali, a volte no) ma un guizzo unico, in grado di elevarli al di sopra della quotidianità senza sottrarli mai alle proprie conseguenze. Il trionfo dei piccoli inventori, degli artisti dell’arrangiarsi, da La straordinaria storia dell’isola delle rose allo scanzonato - e musicale anche quello - Mixed by Erri

@netflixit Preeeeesa #MixedbyErry #cinematok #filmdavedere #nuoveuscite original sound - Netflix Italia

Con Dostoevskij e i D’Innocenzo, Sky fa la stessa cosa, ma al contrario. Dalla luce si passa all’oscurità del cinema dei gemelli romani, che non si spostano di un millimetro dall’inquietudine delle loro pellicole precedenti (La terra dell’abbastanza, Favolacce, America Latina), l’abbracciano anzi disperatamente, stringendo un patto con gli spettatori, prendere o lasciare. È un dolore autentico, reale. È un crime inaspettato. Non di facile fruizione, ma che vale ai fratelli una partecipazione al festival di Berlino, dove già un’altra serie italiana aveva debuttato e trionfato durante la manifestazione, The Good Mothers di Disney+ nel 2023. La piattaforma ha inoltre vinto la sua piccola battaglia legale con Avetrana, cambiando il titolo del suo ultimo show lasciando solo Qui non è Hollywood. Sarà stata la risonanza mediatica (così come lo fu per il caso di Sarah Scazzi), sarà perché ha saputo far parlare di sé, ma la serie diretta da Pippo Mezzapesa non è rimasta indifferente quando si è trattato di conquistare l’attenzione e il piacere del pubblico. 

@skyitalia Gli ideali vacillano quando vengono sedotti dal potere del denaro. #LucaMarinelli e #FrancescoRusso nella prima clip in esclusiva da

È dunque evidente l’attestazione di un interesse internazionale per ciò che si produce in Italia, con tanto di riconoscimenti. Dostoevskij e The Good Mothers non sono infatti le uniche serie che sono passate per i maggiori festival in giro per il mondo, ma a Cannes 2024 è stato riservato un posto a L’arte della gioia di Valeria Golino, su romanzo di Goliarda Sapienza, mentre a Venezia è stata presentata la già citata M - Il figlio del secolo. Altre due produzioni Sky, altri due piccoli miracoli: da una parte l’adattamento di una storia controversa con al centro suore, giovinezza e sessualità, dall’altra la ricostruzione dell’ascesa del fascismo su trasposizione del romanzo omonimo di Antonio Scurati, con un pizzico di internazionalità vista la regia di Joe Wright (Espiazione, Orgoglio e pregiudizio). In M - Il figlio del secolo, troviamo forse la più grande performance che si sia vista nell’ultimo tempo e che si vedrà da qui ai prossimi anni. Luca Marinelli è un Benito Mussolini farsesco e feroce, baldanzoso e granitico. È monolitico quando si palesa di fronte agli altri, ma rivela tutte le sue piccolezze agli spettatori rompendo la quarta parete. La serie si afferma come uno dei più importanti lavori del 2024, del 2025 quando arriverà su Sky a gennaio e del futuro che deve ancora venire. La prova che in Italia sappiamo fare (belle) serie tv.