Conclave è il thriller vaticano che non perdona
E il suo decano Ralph Fiennes è l’uomo da tenere d’occhio nella stagione dei premi
30 Ottobre 2024
«Siamo un ideale. Non vuol dire che siamo ideali». Lo potrebbe dire chiunque, da un politico a un insegnante, ma a farlo è una delle figure ecclesiastiche in Conclave, thriller sceneggiato da Peter Straughan, diretto da Edward Berger e tratto dal romanzo omonimo di Robert Harris. Il regista, fatto il suo exploit dopo il successo internazionale del precedente adattamento tedesco di Niente di nuovo sul fronte occidentale, passa dai traumi della Prima Guerra Mondiale ai conflitti di potere nelle stanze chiuse di un momento di raccolta e orazione per decidere chi sarà a ricoprire il ruolo di nuovo Papa. Cardinali da ogni parte del mondo e una sola “sedes vacans” da dover riempire. Uomini di fede che dovrebbero ritirarsi per decidere e riflettere ponderatamente sul futuro della Chiesa e che si comportano invece come reginette in un concorso di bellezza, pronte ai doppi giochi e alle malelingue per fare fuori le altre. Sebbene non sarà così nella vita reale - che, poi, chi può mai dirlo - in Conclave il dramma si tinge di strategie che farebbero invidia ai migliori giocatori di Risiko, i quali devono scegliere il modo adatto per muovere le proprie pedine e quali alleanze stringere per rimanere in gara. Consapevoli che, alla fine, ci sarà comunque un solo vincitore.
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Ma la guerra è guerra e lo è anche nella sale segrete del Vaticano, in cui bisogna decidere da che parte stare. Lo rende evidente Aldo Bellini, un bravissimo Stanley Tucci laterale nel film di Berger, ma centrato nei dubbi e nei tormenti di un uomo all’apparenza adatto a sostituire il Papa morto, ma tentennante nel ritenersene degno. E lo confida al vero perno di Conclave, il cardinale Lawrence di Ralph Fiennes, decano che voleva lasciare il proprio posto e le cui dimissioni non sono state accettate da Sua Santità. «Sei un amministratore. Amministra» sono tra le ultime parole del pontefice al fido collaboratore, in preda a una crisi della fede proprio mentre deve gestire l’elezione, e che rischia di rafforzarsi nello scoprire gli intrighi e i soprusi che si celano nell’ombra dell’imminente nomina del prossimo capo della Chiesa, in cui diffidenza e arrivismo regnano sovrani. Dove «nessuno sano di mente ambirebbe al papato» e in cui «i più pericolosi sono proprio quelli che lo vogliono». L’ambizione è, di fatto, il “parassita della santità”, l’ostacolo tra cardinali e il raggiungimento della beatitudine, nonché il tema portante di Conclave e il germe che comincia a insinuarsi anche nella mente lucida, ma sottoposta a forti pressioni di Lawrence/Fiennes. Composto, intransigente, esitante sul proprio futuro nella santa chiesa, ma comunque incorruttibile e incrollabile di fronte ai contraccolpi che gli scrutini implicano, bassezze e indagini comprese. Bilanciato mentre tutto intorno esplode, una bussola lucida di un domani fragile che nel film si articola in discussioni sulla tolleranza, l’integralismo, l’apertura al diverso e gli antichi valori che virano al reazionarismo.
there isn't one minute of CONCLAVE that's anything less than totally preposterous, turning the upper ranks of Catholic clergy into a den of vaping, backstabbing divas. who did or didn't support Vatican II is a key plot point. Fiennes as Padre Poirot. I had the best possible time. pic.twitter.com/QWaZmRcc2c
— Hodges of Horrors (@metaplexmovies) October 26, 2024
Mentre l’avvenire è insicuro come, in fondo, il suo decano si proclama essere nel primo discorso in apertura delle votazioni, elogio all’incertezza come solo precetto da seguire per non cadere nel peccato, ad essere ferma e severa è la mano da regista di Edward Berger, sia nel catturare le perplessità e le malizie sui volti dei personaggi che nell’arricchente respiro delle scene di massa che aggiungono solennità alla pellicola. Ralph Fiennes racchiude le qualità del potenziale Papa Lawrence e si muove con passo felpato nei tormenti di un protagonista che vuole abbandonare la tunica, ma mantenere l’ordine. In cui non riesce più a pregare eppure non rinuncia a farlo per perdonare l’animo dei suoi fratelli - o, meglio, fratelli fratelli, solo finché non si tratta di puntare al pontificato. Con un piccolo ruolo per un’accigliata Isabella Rossellini, minuta e decisiva nelle sorti della storia. Conclave non sarà «una bellissima testimonianza della Chiesa Universale», come si augurava uno dei cardinali del film, ma è senz’altro un teso e devoto thriller che può piacere al gran pubblico (e, di fatto, dopo l’anteprima al Toronto International Film Festival passa nella categoria Grand Public alla Festa del Cinema di Roma). E se per una buona omelia “basta non offendere nessuno”, l’opera non fa alcuno sconto, né ai suoi fedeli né ai miscredenti.