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Vedere “Blink Twice” non vi farà chiudere occhio

Il debutto alla regia di Zoë Kravitz è un film tanto brillante quanto pauroso

Vedere “Blink Twice” non vi farà chiudere occhio Il debutto alla regia di Zoë Kravitz è un film tanto brillante quanto pauroso

La storia di un misterioso miliardario che convoca un gruppo di sconosciuti in un luogo remoto con sinistri secondi fini è uno dei topoi più amati dalla cultura contemporanea: Glass Onion, A Murder at the End of the World, Nine Perfect Strangers, Death’s Roulette, l’episodio The Viewing di Cabinet of Curiosities e via dicendo ne sono tutti classici esempi. Si capisce anche il perché. Nell’era degli influencer e di miliardari-celebrity, ricevere un invito esclusivo in una location da sogno non è solo qualcosa che può accadere ma una fortuna a cui molti ambiscono. Ma siamo anche nell’epoca in cui è emersa la verità sugli “industry parties”, nell’epoca dei devastanti scandali di Jeffrey Epstein, Weinstein e P.Diddy in cui queste figure non solo si rivelano essere anche peggiori di quanto ci si potesse immaginare, coinvolti in ogni sorta di complotto e ricatto a base di abusi sessuali e droga, ma giustificano anche il risentimento che si prova per élite sempre più ricche, parassitarie e decadenti – oltre che moralmente corrotte. E per questo Zoë Kravitz non poteva scegliere con tempismo migliore l’uscita del suo debutto alla regia e alla sceneggiatura con il film Blink Twice, che parla precisamente di due donne senza arte né parte che riescono a farsi invitare sulla remota isola di un miliardario tech interpretato da Channing Tatum per una vacanza che diventerà presto un incubo – e che incubo. 

Lo diciamo subito: il trigger warning che appare all’inizio del film (e che sostanzialmente riguarda una singola scena) è assolutamente giustificato. Se il film inizia come una specie di commedia satirica, verso metà la storia fa un perfetto testacoda entrando nella corsia dell’horror psicologico e diciamo solo da lì in poi cambia completamente il suo gioco: chi l’aveva iniziato pensando a un thriller dozzinale adesso si ritrova a guardare una situazione tragicamente più seria. Ora, bisogna ammettere che non ci si attendeva tanto dal debutto di Kravitz, che al di là della giovane età era più conosciuta per essere un’attrice dotata di molto carisma oltre che uno dei volti preferiti dalla moda contemporanea. A prima vista il film poteva sembrare il vanity project di una nepo baby, come tanti che abbiamo visto in questi anni, e invece Blink Twice si è rivelato un thriller scritto e diretto con bravura e anche una certa cattiveria, che riesce a mantenere una narrazione cristallina e a guidare gli spettatori attraverso un labirinto di misteri, amnesie, scene volutamente ellittiche, terribili colpi di scena. Un compito non è facilissimo per un’esordiente che può comunque contare su un cast ricchissimo capeggiato da Channing Tatum, compagno di Kravitz stessa, ma anche Naomi AckieChristian Slater, Geena Davis e Hailey Joel-Osement. Come dicevamo, l’uscita del film arriva proprio a puntino, tanto più che gli abiti completamente bianchi che i personaggi indossano durante le scene serali (giustificati nel film come una mania personale del ricco padrone di casa) sembrano fare un involontario, tragico riferimento ai cosiddetti White Parties di P.Diddy fino a creare la sensazione che Kravitz stessa volesse velatamente denunciare qualcosa. 

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Da un punto di vista narrativo, la capacità di Kravitz di modificare in modo impercettibile il tono della storia è davvero notevole. Il film inizia come tanti altri film televisivi che oggi attribuiremmo a Netflix, con una premessa facilmente escapista e anche abbastanza convenzionale per la moderne produzione di cui siamo giornalmente sommersi attraverso mille canali streaming. In effetti, chi decide di vedere il film sa già che il misterioso miliardario Slater ha qualche oscuro segreto – non di meno la sensazione è che sia un cattivo cinematografico, il cui segreto sia qualcosa di plateale e sopra le righe come dare la caccia agli esseri umani mentre si rivela poi essere un cattivo molto più realistico ma anche cento volte più spaventoso. Qui risiede la forza del film: proprio mentre la guardia del pubblico è abbassata la storia si tuffa dentro un mondo di pura ferocia – con qualche concessione alla verosimiglianza fatta per far funzionare la trama e che comunque non crea alcun disturbo. E anche se il finale del film rimane relativamente positivo, l’ultima scena pare un’appendice consolatoria e romanzesca a una storia il cui finale originale sarebbe stato perfido al limite del puro nichilismo. Ma c’è abbastanza perfidia nel film per giustificare una nota positiva nel finale. La cosa sicura è che Zoë Kravitz si è rivelata una regista abbastanza coraggiosa, che non ha paura di esplorare territori abbastanza oscuri e che se continuerà così, saremo felici di vedere il suo lavoro dietro la macchina da presa – anche se il primo ci ha onestamente turbato abbastanza.