I motivi dietro al rebranding di Tupperware
Dopo anni di alti e bassi, l’azienda prova a cambiare immagine
20 Agosto 2024
I contenitori porta-alimenti, solitamente usati da studenti e lavoratori in pausa-pranzo, sono uno di quegli oggetti che vengono chiamati in molti modi diversi. In italiano prenderebbero il nome di “portavivande”, ma è abbastanza diffuso anche il termine milanese “schiscetta” – o addirittura “schiscia”, abbreviandolo. Probabilmente, però, la parola più usata è “tupperware”, dal nome della più famosa azienda che produce questo genere di contenitori in plastica. Nonostante il marchio nel tempo sia diventato così celebre, lo scorso anno la società aveva diffuso una nota in cui diceva di avere «forti dubbi» sulla possibilità di poter continuare a operare. Tupperware, in pratica, era vicina al fallimento dopo diversi anni di difficoltà economiche. Fondata nel 1946, per decenni l'azienda aveva puntato sulla vendita porta a porta dei suoi prodotti: il modello ha continuato a essere sfruttato anche in tempi più recenti, pur dimostrandosi sempre meno adatto a rispondere alle nuove abitudini dei consumatori, soprattutto quelli più giovani. Anche per via dei limiti di questo strumento di vendita, chiamato “network marketing”, Tupperware ha registrato man mano una sensibile riduzione dei ricavi.
Con l’arrivo del nuovo amministratore delegato Miguel Fernandez – che era già stato dirigente di Avon, altra nota azienda che vende prodotti di bellezza porta a porta – Tupperware ha iniziato a investire molto di più sull’e-commerce e in generale sull’online, per rispondere alle mutate esigenze dei consumatori: gli introiti, in questo modo, sono tornati a crescere in maniera consistente. La pandemia e i conseguenti lockdown, con la gran parte delle famiglie tornate a cucinare in casa, aveva determinato un ulteriore rialzo delle vendite, del tutto inaspettato, che però non è riuscito a reggere la prova del tempo. L’azienda – che per decenni è stata leader indiscussa del settore – in questi anni è stata danneggiata da una doppia concorrenza: quella di prodotti dalle funzionalità simili ma più economici, e quella di brand provenienti dal medesimo mercato, ma con design e identità considerate più contemporanee e appetibili. Il fatto che i contenitori di Tupperware siano in plastica, poi, non ha aiutato, vista la crescente attenzione – soprattutto da parte delle nuove generazioni – verso l’uso di prodotti a minore impatto ambientale. L’azienda negli ultimi anni ha avviato un programma per rendere la sua offerta più sostenibile ampliando la gamma di prodotti. Tupperware ha così intrapreso un percorso di ristrutturazione generale, nel tentativo di garantire un futuro economicamente più solido all’azienda, e anche per questo di recente è stato deciso di effettuare un importante rebranding del marchio.
Tupperware, 1958. pic.twitter.com/SXC1CvLw7o
— Vintage Ads (@VintageAdz) March 31, 2015
In passato Tupperware ha avuto talmente tanto successo che ancora oggi, di solito, per indicare qualsiasi contenitore in plastica per alimenti si utilizza il nome dell’azienda – cosa che da un lato sottolinea il forte posizionamento del marchio, ma dall’altro evidenzia il fatto che la sua riconoscibilità è gradualmente diminuita nel corso degli anni, confondendosi con la concorrenza. Anche per questo Tupperware ha optato per un massiccio rebranding, affidato alla celebre agenzia statunitense Landor, che tra gli altri ha curato progetti per Nike, M&M’s e Renault. È stato innanzitutto ridisegnato il logotipo dell’azienda, grazie a un lettering ad hoc che è diventato l'elemento visivo principale del marchio: nell’asta orizzontale della “T”, infatti, ora è rappresentato un coperchio che sembra si stia aprendo. In generale, l’identità complessiva del brand è stata resa più pop e dinamica: i prodotti in catalogo godono adesso di un’ampia varietà di colori, forme e dimensioni: niente di più lontano dai tradizionali contenitori trasparenti – un po’ “tristi” e anonimi – in cui si conservano gli alimenti.
Inoltre, nel tentativo di mostrarsi una realtà attenta alla sostenibilità ambientale, l’azienda ha spinto molto sul fatto che i suoi contenitori sono tutto il contrario di quelli usa e getta – possono essere infatti utilizzati a lungo, più e più volte. «Da 75 anni aiutiamo le persone a ridurre il loro impatto ambientale quotidiano, offrendo prodotti riutilizzabili, pratici e duraturi, per diminuire la produzione di rifiuti alimentari e di plastica», si legge sul sito italiano del brand. In quest'ottica, Tupperware sembra stia portando avanti una campagna per influenzare positivamente le abitudini dei consumatori, in termini di organizzazione dei pasti e corretta conservazione degli alimenti, con l’obiettivo di sensibilizzare sull’importanza di ridurre gli sprechi e il proprio impatto ambientale, favorendo al tempo stesso il risparmio.