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A Napoli TikTok è diventato un reality show

Una versione digitale, portatile e trash della sceneggiata napoletana

A Napoli TikTok è diventato un reality show Una versione digitale, portatile e trash della sceneggiata napoletana

Che cos’hanno in comune un salumiere, una casalinga, una commerciante, un venditore ambulante di pesce, un venditore all’ingrosso, un’altra casalinga, un venditore di spighe, un impiegato, un’altra casalinga ancora e un ex custode di palazzo? Abitano tutti a Napoli e dintorni e hanno, in media, qualche milione di follower su TikTok pur non avendo una competenza specifica. Sono i volti dello strano e a tratti incomprensibile universo di tiktoker napoletani, lontano dall’allure delle content house milanesi o internazionali, molto forti e incredibilmente vicini. Secondo una ricerca realizzata dalla Fondazione Città Identitarie, Napoli sarebbe la città più “cliccata” di TikTok, con circa 17 miliardi di view associate all’hashtag #napoli. In tutti i (pochi) commenti alla notizia - come questo del Mattino - il principale merito viene dato al turismo, che dopo il biennio miracoloso 2018-19 è tornato a crescere a ritmi altissimi. Tuttavia, c’è forse un elemento che si sottovaluta, ed è quello legato all’enorme mole di tiktoker napoletani che, dall’arrivo della Pandemia in poi hanno cominciato a invadere i feed non solo dei residenti della zona, ma di tutto il Sud Italia prima e di tutta Italia poi. 

@svergognata0 @svergognatashop suono originale - Rita decrescenzo

La prima ad esplodere sul “Napoli TikTok” è stata senza dubbio Rita De Crescenzo, “svergognata” per i più intimi. Come scrivere Laura Fontana su Link: «Rita de Crescenzo è diventata famosa su TikTok grazie a un’elaborata intro in cui annuncia se stessa, momento apicale nel festeggiamento di un compleanno o di una prima comunione, con l'inconfondibile voce dal proscenio che prelude al suo arrivo: “Chiappareeella… fiocco di neveee…”. È il momento in cui al bambino viene tolta la benda e lo vediamo che sgrana gli occhi, più dalla paura che dalla sorpresa, e poi appare lei, Rita “la svergognata”, travolgente forza della natura che sale su un palco improvvisato per cantare la sua hit: “O’ bacin / O’ culett / O’ tacatà, o’ tacatà / Po’ rion / Svergognata!”». De Crescenzo ha una storia non troppo chiara alle spalle: nel 2017 viene arrestata assieme ad altri esponenti del Clan Elia per spaccio di stupefacenti, accompagnata peraltro dal figlio dodicenne, di cui Rita perde da allora la potestà genitoriale. Una storia che ha continuato a raccontare su TikTok anche dopo la fama, assumendo i contorni del grottesco e ingaggiando una vera e propria battaglia social con Antonio Borrelli, ex-assessore di Napoli diventato celebre anch’esso sui social per la sua lotta alla legalità. Il successo di Rita De Crescenzo non si misura solo in ospitate a compleanni e comunioni, ma anche nell’apertura di uno store “Svergognata” all’interno del quale viene venduto il merch legato all’”influencer”. 

Proprio il successo di Rita De Crescenzo ha, nel tempo, aperto gli occhi su un altro, inquietante, risvolto della piattaforma: la presenza di ex-affiliati ai clan e criminali di altro rango che, a suon di milioni di like, trasforma subdolamente la narrativa attorno ai singoli individui. In questo senso, TikTok è diventato il mezzo preferito di un certo tipo di “propaganda”: ne aveva parlato a Fanpage Marcello Ravveduto, docente di Digital Public History all'Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia, chiarendo come «Facebook ormai è come la tv generalista. Instagram è come sfogliare una rivista. TikTok è il reality show: è quello che dà possibilità di raccontare il proprio mondo senza più intermediazione e in prima persona. È lì che si sviluppa a pieno il social cast, il broadcast yourself. Per la prima volta queste persone si raccontano da sole, fanno un'auto rappresentazione del proprio mondo. TikTok, a differenza degli altri, si presenta come una piattaforma di contenuti più che come social. È un canale di comunicazione». 

@verysasy10 Risposta a @Antonio Giusy562 suono originale - Veryesasy

La capacità di TikTok di essere un canale di contenuti più che un semplice social di rappresentazione ed esaltazione dell’ego è anche uno dei motivi per il quale ha avuto un successo così fulminante a Napoli. Al contrario di Instagram e della patina glamour che questo ha assunto negli ultimi anni, nella sua forma più primordiale TikTok è essenziale, semplice, e permette una esaltazione del trash che nessun altro canale riesce ad offrire. Lo sanno bene Very e Sasy, all’anagrafe Veronica e Salvatore Borriello, di Secondigliano, che hanno monopolizzato “TikTok Napoli” durante tutte le fasi della pandemia - e anche dopo - con una sorta di soap-opera - che coinvogleva anche la figlia maggiore Carmen e il suo fidanzato Kekko (poi finito in galera e ora uscito) - e diventati virali dopo ver ammesso di lavorare a nero e percepire il reddito di cittadinanza. Sia Rita De Crescenzo che Very e Sasy hanno poi portato la loro popolarità anche su un altro social, Youtube, elaborando la versione 3.0 del neomelodico napoletano - quello più trash e volgare - riportando i loro tormentoni sotto forma di canzone e immagazzinando milioni e milioni di views.

Ci sono poi le storie più belle della piattaforma, tra cui quelle di Lino Orso o Salvatore Pingù, che partendo dal nulla e attraverso TikTok sono riusciti a migliorare le loro condizioni di vita o soprattutto quella di Donato De Caprio, il salumiere più celebre di tutta TikTok al grido di “con mollica o senza” e ormai famoso anche fuori dalla bolla del TikTok Napoli. Quella di Donato è una delle storie più esemplari di come TikTok a Napoli sia riuscito a generare dei meccanismi che non hanno assolutamente uguali nella storia dei social network e che trascendono il semplice senso di “diventare virali”. Donato era dapprima un impiegato storico della Latteria Ai monti lattari, istituzione di uno dei quartieri più centrali e popolari di Napoli, la Pignasecca. Il successo di Donato era dovuto a una inquadratura semplicissima e alla domanda ripetuta incessantemente al cliente “con mollica o senza?”. Una trafila meccanica per i napoletani, ma che ha immediatamente generato successo tra i più giovani, che hanno cominciato ad affollare la salumeria per chiedere un video saluto a Donato. Un modus operandi che non è piaciuto ai titolari della salumeria, che hanno chiesto a Donato di smettere di fare video, per non disturbare il regolare svolgimento delle attività. Da allora si è messa in moto la storia più di successo di tutta TikTok Italia: Steven Basalari - il proprietario della discoteca Number One di Brescia - ha contattato Donato e si è offerto di finanziare l’apertura di una sua paninoteca personale Con Mollica o Senza, inaugurata poche settimane fa a 100 metri dai Monti Lattari

@donatodecaprio3

chi deve fare la spesa farà una fila molto più veloce

suono originale - Donato - Con mollica o senza

Ma le storie del Tik Tok Napoli non sono certamente finite: c’è quella di Mister Pella Pazzo, Lorenzo Delle Femmine, finito a Rete4 dopo aver mostrato guadagni su TikTok per 10 mila euro al mese pur abitando in una casa popolare di Casalnuovo, o ancora Newmartina, diventata virale per le sue particolari modalità di fissaggio delle pellicole antigraffio sugli iPhone. E l’elenco potrebbe continuare con la guerra delle spighe, quella delle parigine (un particolare tipologia di pizza al taglio napoletana) o gli hot dog di Patrizio e ancora il “Buongiorno Pescheria” di Gigino, fino alle incursioni nel mondo dell’abbigliamento di Raffaele Miranda - alterego napoletano di Andrea Liconti. Stilare una lista definitiva e completa dei membri del TikTok Napoli è pressoché impossibile. Farlo, d’altronde, non risponderebbe comunque alla domanda: perché? Prima di provare a rispondere a questa domanda c’è bisogno di un chiarimento: quello che viene definito TikTok Napoli non coinvolge altre tipologie di creator, più “classici” e canonici per la piattaforma. Da Miriam Landi a Silvestro Baffo, “La Lupa”, Matthew o Fius, creator il cui successo è assolutamente comprensibile e rientra nelle dinamiche proprie della piattaforma e che trova riscontro in tantissimi altri casi al di fuori di Napoli. 

@gigipescheria @Nicolò De Devitiis suono originale - pescheria

I componenti del TikTok Napoli non sono esattamente creator, non sono in grado di creare delle transition decenti né di montare dei video accattivanti in nessun modo. Tutti loro accendono la camera interna del loro smartphone e riprendono la loro vita, magari esagerando alcuni aspetti, ma neanche così tanto. E allora perché siamo così assurdamente attratti da quelle vite poco invidiabili e per certi versi così distanti da noi? Per due motivi principalmente. Il primo, demografico, è che le persone che hanno reso così virali questi nomi non hanno vite così tanto diverse da quelle che vedono raccontate. E questo perché la diffusione di Tik Tok è stata molto più capillare e inarrestabile di quella degli altri social media. Scrive Pier Luca Santoro su Repubblica: «I 18,3 milioni di utenti mensili rappresentano quasi il 42% del totale di coloro che hanno utilizzato Internet nel nostro Paese nel mese di novembre del 2022. E poco meno della metà (47,3%), al lordo di sovrapposizioni, di tutti coloro che hanno usato una piattaforma social nel mese di novembre dell’anno scorso. Importante anche la quota di tempo speso, seppure in calo rispetto al mese precedente. Basti pensare che tra le categorie più visitate capeggia la search, che ha una penetrazione del 95,1%, e alla quale sono state dedicate mediamente 2 ore e 55 minuti, mentre a TikTok, nello stesso arco temporale, le persone hanno dedicato in media 4 ore e 31 minuti, più anche delle mail, per le quali il tempo speso mensile è stato di 4 ore e 28 minuti». In alcuni comparti sociali soprattutto, TiKTok ha letteralmente sostituito qualsiasi altro mezzo di intrattenimento, televisione compresa. E veniamo così al punto principale di tutta la storia. 

Quella messa in onda da TikTok Napoli non è altro che una versione digitale, portatile e trash della sceneggiata napoletana. Un format che ha sempre funzionato a colpo sicuro, sia quando messo in scena da Maria de Filippi in C’è Posta per te, sia quando perpetrato in modalità più culturali. Le vite assurde e quasi esotiche dei napoletani “vendono”, soprattutto in un momento culturale in cui - su ben altri livelli - il marchio cittadino, il brand Napoli, funziona più che mai. Quella del TikTok Napoli non è altro che la degenerazione popolare e disgraziata di una città che vive costantemente e in maniera esagerata e totalizzante la dicotomia tra alto e basso, capace di influenzare il resto d’Italia che si parli di musica, cinema o semplicemente di un video TikTok.