Perché la Gen Z è la generazione più astemia mai esistita
Ansia, cocktail fruttati e un gin analcolico
22 Gennaio 2024
Qualche giorno fa sono capitata nel locale più cool del quartiere più cool di Londra (Sucre in Mayfair), quando davanti a un barman - ovviamente italiano - sono finita a parlare delle abitudine alcoliche dei britannici, dal pub post lavoro e una celeberrima passione per la Guinness, sino al drink preferito della Regina Elisabetta (Gin e Dubonnet). Ma tra una marasma di cliché, quello che più mi ha stupito è che, a detta dei più stimati baristi della metropoli inglese, la maggioranza dei londinesi ha deciso di abbandonare superalcolici e vini naturali a favore di cocktail fruttati e surrogati di Tequila e Whiskey senza un tasso alcolemico a renderli letali. Uno studio di BBC UK sui comportamenti in materia di consumo di alcolici evidenziava la tendenza già nel 2019: i giovani tra i 16 e i 25 anni erano i più sobri con il 26%, rispetto alla generazione compresa tra i 55 e 74 anni di cui solo il 15% si definiva astemio.
Tra gli adulti statunitensi, il sito Gallup ha dimostrato che la fascia tra i 35 e i 54 anni è più propensa a bere alcolici (70%), rispetto alla Gen Z (60%) e ai Boomer (52%), mentre uno studio del 2020 ha rilevato che la percentuale di americani astemi in età universitaria è salita dal 20% al 28% in un decennio. Tra i pochi bevitori militanti, la maggior parte dei giovani europei (tra i 18 e 39 anni) beve una volta al mese (27%), negli Stati Uniti una volta alla settimana (25%), con un calo generale che si estende alla maggior parte dei Paesi europei ad alto reddito, oltre che all’Australia e alla Nuova Zelanda. Ma come e quando è successo che il divin dono per Omero ed Esiodo, la massima espressione dello spirito Dionisiaco, cadesse così in basso nella lista di preferenze delle nuove generazioni da essere sostituito da drink energizzanti alla taurina?
Sperimentare con l'alcol - e bere fino all'eccesso senza avere l’età legale per farlo - è stato a lungo visto come un rito di iniziazione all’età adulta. L'alcol viene accolto in fase puberale come un “lubrificante sociale”, un modo per abbandonare le inibizioni, fare amicizia e sfuggire alla realtà quotidiana. Ma i giovani oggi crescono in un panorama sociale costellato di preoccupazioni finanziarie e sociali, non bevono o bevono meno e meglio (vini naturali e alcolici di nicchia) rispetto alle generazioni precedenti. Quest'anno, quando Deloitte ha chiesto a quasi 15.000 giovani della generazione Z di tutto il mondo quali fossero le loro preoccupazioni più urgenti, hanno indicato il costo della vita come la principale (29%), prima dei cambiamenti climatici, della disoccupazione, della salute mentale e delle molestie sessuali.
Quasi la metà (46%) dichiara di vivere senza stipendio e di essere preoccupata di coprire le spese, tanto che per far quadrare i conti il 43% ha accettato un lavoro part-time o full-time in aggiunta al proprio lavoro principale, il 10% in più rispetto ai millennial. Una generazione erosa dall'ansia da prestazione e costantemente online, sovrastimolata dai social e dalle insidie del web, per la quale i momenti di relax prendono spesso la forma di un'astinenza, di una pausa dall'estroversione, di disconnessione.
La Gen Z associa l'alcol alla vulnerabilità, all'ansia, alla perdita di controllo. Se la Pandemia ha diffuso il mito che il consumo di alcolici fosse generalmente salito, i giovani sono usciti dal lockdown con forma mentis quanto mai inedita, che ha de-normalizzato il bere, rimodellando l'idea di “nottebrava" e di socializzazione, smuovendo gli equilibri delle industrie del beverage per la prima volta dopo anni. Non sorprende che la moda dei Mocktail (da mock, finto) arrivi dall’Inghilterra, così come una delle prime aziende a imporsi sul mercato: Seedlip ideatrice del Nogroni, un Negroni senza alcol. Lo scorso anno Tanqueray, uno dei London Dry Gin più famosi al mondo, ha annunciato il lancio del suo Tanqueray 0.0 in Spagna e Gran Bretagna e allo stesso tempo fioriscono le controparti Made in Italy, da Sabatini e il suo Gino° alla start-up milanese Conviv, passando le premiatissime proposte di MeMento.
«La diminuzione del consumo di alcolici non è certo dovuta alla politica in materia, perché tutte le pratiche rischiose stanno diminuendo: l'uso di droghe, i rapporti sessuali non protetti, i comportamenti a rischio [come il fumo, la criminalità e la guida pericolosa] - i giovani sono più propensi al rischio in generale», afferma Amy Pennay, ricercatrice senior presso il Centre for Alcohol Policy Research della La Trobe University di Melbourne. In un panorama sociale sempre più imprevedibile, dall'economia al cambiamento climatico, costellato di relazioni umane sempre più rarefatte e complesse, la Gen Z reclama il proprio diritto al controllo, sebbene l'unico ambito in cui possa esercitarlo sia in se stessa e nelle proprie abitudini. Una schiera di piccoli adulti responsabili che sorseggiano thè matcha e scrollano TikTok contemplando la pochezza del mondo che gli è giunto tra le mani: non c'è un tasso alcolemico sufficientemente elevato per dimenticarlo.