Ora che i rave si organizzano su Telegram
L'app di messagistica che ha reso i party clandestini a portata di Iphone
09 Maggio 2022
Se su Whatsapp nostra zia ci invia la quotidiana catena di Sant'Antonio da inoltrare a cinque amici pena una vita fatta di sfortuna e desolazione, su Telegram la Gen Z sta probabilmente organizzando il rave del secolo. Ampiamente usato come strumento di protesta grazie alle sue funzionalità di messaggistica criptata, Telegram è diventata la piattaforma preferenziale per organizzare rave segreti fai da te, ricreando tutto il brivido, l'edonismo e l'anonimato delle acid house degli anni ‘80. Con la pandemia, quando durante il lockdown uno degli unici canali dove potersi ‘sfogare’ (oltre che reperire qualsiasi tipo di droga in modo facile e ‘sicuro’) era imbattersi in un rave illegale via Telegram, usare l’app in tale senso è diventata una pratica sempre più frequente man mano che l'interesse per le feste proibite è salito. L'app che conta oltre 600 milioni di utenti globali e gruppi che possono includere fino a 200.000 membri, è diventata il melting pot dei festini illegali più cool al mondo: dalle catacombe di Parigi sino ai rooftop di Berlino.
Berlino, Parigi, Londra, Milano, i rave segreti sono stati organizzati tramite i social media, dagli annunci nei close friends su Instagram sino ai gruppi chiusi su Facebook. Ma Telegram, con la sua crittografia a prova di hacker, i timer di autodistruzione per i messaggi particolarmente sensibili e la protezione aggiuntiva delle password all'interno dell'app, ha creato lo strumento perfetto per i party off-grid, aggiungendo un ulteriore livello di protezione per l’identità degli organizzatori. Co-fondata nel 2012 dall'imprenditore tecnologico russo Pavel Durov e suo fratello Nikolai per aggirare il radar delle autorità russe che monitoravano app come WhatsApp, in un tempo relativamente breve si è trasformata nella perfetta alternativa al dark web: dalla pedofilia, alle droghe, ai film pirata, compresi canali in cui si segnalano gli avvistamenti dei controllori dei bus e, ora, anche i rave.
Come riportato in un articolo di The Face, nella Londra di fine anni '80 metà del divertimento di andare ai rave illegali consisteva nel rintracciare gli indirizzi tramite volantini e adesivi dal design accattivante, anche se distribuiti in modo disordinato, nelle cabine telefoniche. Una mappa per il punto d'incontro era spesso stampata sul retro, raccolta nei negozi di dischi di Soho, Brixton o Camden. In un certo senso l'uso dell'app per comunicare le informazioni sulle coordinate del party, rivelate poco prima dell’inizio e poi prontamente cancellate, ricreano il brivido e l’avventura dei festini vecchia scuola. I luoghi prescelti sono ricorrenti: per un rave alle porte di Torino organizzato nel 2021 via Telegram - che ha coinvolto 6 mila persona - era stata scelta una zona industriale abbandonata, nel 2022 un’area pic-nic vicino Sieti, altre volte ville o appartamenti. Location che rimandano alla storia del clubbing italiano quando l'occupazione della Fintech trasformò un'immensa ex fabbrica in località Castel Romano in uno stabile permanentemente autonomo, grazie alla presenza stanziale di tribe e traveller provenienti da ogni dove, o al Link di Bologna un'esperienza socio culturale portat avanti per più di 30 anni e lo storico Macao di Milano in Viale Molise, nato nel 2012 e recentemente sgomberato.
In Italia, agli albori, non si usava nemmeno la parola rave. Sui volantini c’era scritto techno non-stop 24 ore o techno party. Non c’erano video delle serate, fanzine particolari, giornali o radio che ne parlassero. A nessuno interessava niente di chi organizzava o di chi suonava, c’erano feste senza console, dj anonimi e chiunque portasse un telefono o una macchinetta fotografica era decisamente mal visto. I free party, insomma, erano "un virus dentro la metropoli" in cui l’anonimato era un valore aggiunto. Telegram ha riportato la rave culture agli albori, poco show-off e più estremismi, in una dimensione in cui, per la prima volta da un po’, è più importante essere ad una festa piuttosto che mostrare sui social di esserci stati.