Faux Fur vs Fur
Pro & Contro
21 Aprile 2016
Nel mondo della moda ci sono ancora alcuni argomenti delicati che continuano a infiammare dibattiti e a dividere il pubblico in due fazioni nette. Uno di questi, forse e il più discusso, è quello che riguarda l'utilizzo di pelli e pellicce. Da anni ormai, il dibattito vede schierati sul campo di battaglia ben due gruppi, i Pro-Fur e gli Anti-Fur, quindi a favore delle faux furs.
Nonostante sia quasi scontata la “giusta posizione” da scegliere in questa circostanza, vi sorprenderà sapere che possono esserci ancora degli aspetti interessanti da prendere in considerazione.
Premessa: lungi da me ogni presa di posizione o promuovere quella o quell'altra posizione a riguardo. L'articolo mira solo a fare una breve panoramica sull'attuale tematica dell'utilizzo di pelli animali. Dunque, patti chiari, amicizia lunga, possiamo andare avanti.
Non solo l'opinione pubblica, ma la stessa industria della moda appare nettamente spaccata in due sull'argomento. Ne sono un esempio due casi estremi come il lancio di Haute Fourrere di Fendi e la decisione di Giorgio Armani di seguire una politica fur-free. Il primo caso si tratta di un'iniziativa per celebrare il 90esimo anniversario della maison romana e che esalti il talento, storico, nel campo della pellicceria che fin dall'inizio della sua storia ha contraddistinto il brand. Il secondo riguarda la scelta di Re Giorgio di non utilizzare mai più pellicce animale per le sue collezioni.
A complicare il dibattito ci sono anche alcuni aspetti che spesso vengono tralasciati.
Ad esempio, spesso dimentichiamo che molte finte pellicce sono realizzate con materiale non biodegradabile e materiali sintetici a base chimica come il poliestere e il nylon. Questo tipo di pellicce, seppur cruelty-free, ha comunque un impatto negativo sull'ambiente, soprattutto se gettate in qualche discarica e abbandonate per anni.
Inoltre, dobbiamo includere, e accettare, anche l'esistenza di possibilità di pellicceria sostenibile ed eticamente corretta. Ad esempio, il brand Brother Vellies utilizza solo pelli provenienti da allevamenti in Africa destinati all'industria alimentare e al consumo nazionale. Conigli, gazzelle e anche Kudu, animale che il Governo ha dichiarato “da abbattere” a causa della sua sovrappopolazione. Non che questo possa alleggerire la coscienza, ma si sappia che è un metodo eticamente corretto di utilizzare la pelliccia animale, in quanto si tratta, in questo caso, di sottoprodotto proveniente da carne da allevamento e che supporta la manodopera locale.
Dunque, esistono marchi che pur utilizzando pellicce animali, cercano di farlo nel rispetto della morale. Controlli all'origine, certificati di garanzia sulle condizioni degli animali e selezione di fidati allevamenti da cui acquistare le pelli, nonché trasparenza assoluta sui prodotti utilizzati per i clienti, sono solo alcuni passi in avanti per rendere la produzione di pelli animali il più possibile “sostenibile”.
Ovviamente, non tutti sono interessati a questi punti di vista. La stilista britannica Stella McCartney, animalista e ambientalista convinta, lo scorso hanno ha presentato con orgoglio la sua collezione “fur-free-fur”, ovvero capi realizzati solo con pellicce sintetiche che però sembrano vere. Secondo la stilista, infatti, le pellicce finte devono essere il più possibile simili a quelle vere, così che non ci sarà più bisogno di quelle animali. Quindi, è una questione di mentalità. La moda dovrebbe abituare i clienti alla possibilità di avere un alternativa cruelty-free, ma ugualmente glamorous.
Dello stesso parere la stilista Hannah Weiland, fondatrice del marchio Shrimps. I suoi capi spesso presentano dettagli in morbidissima pelliccia colorata, shearling dai colori brillanti e accessori pelosi. Sicuramente avrete visto qualche sua pelliccia colorata indosso a qualche celeb – ad esempio, Alexa Chung – in qualche galleria di street style. Ebbene, tutte le sue pelose creazioni sono 100% faux fur. La stilista, infatti, è da sempre una anti-fur convinta, nonostante la sua passione per la pellicceria.
La chiave del successo dei suoi capi è stato trovare il materiale perfetto per rendere concreti e, soprattutto, animal-friendly i progetti creativi. Purtroppo, Hannah Weiland non vuole rivelare dove trova questo prodigioso materiale, perfetto alla vista come al tatto. Si tratta sicuramente di un passo decisivo per avvicinare i clienti alle pellicce sintetiche senza fargli rimpiangere quelle vere.
Potremmo andare avanti per ore e ore, elencando tutti i punti di vista di entrambe le parti. Come lo stilista Jason Wu che considera la pelliccia non un “political statement”, ma solo un materiale qualunque da utilizzare per l'abbigliamento – ma ci tiene a evidenziare la “traceability” delle sue pellicce, dall'allevamento al prodotto finito, garantito da Saga Furs Certification. Oppure la PETA che sta portando avanti un'agguerrita battaglia di sensibilizzazione, coinvolgendo volti noti della musica e della moda, e, soprattutto, intensificando i suoi messaggi attraverso i social media.
Suppongo che non ci sarà mai fine a questo dibattito, ma qualunque sia la vostra decisione a riguardo, portatela avanti nel massimo rispetto per gli altri.