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Parigi ha qualcosa da insegnarci sull'uso dei social media

Qualità vs Quantità

Parigi ha qualcosa da insegnarci sull'uso dei social media Qualità vs Quantità

Cosa differenzia le blogger francesi da quelle italiane? E in generale, cosa rende le ragazze francesi – spesso solo apparentemente – così interessanti e misteriose?

Se l’è chiesto una giornalista di Vogue.com, che, con l’ausilio di alcune personalità del settore basate nella Ville Lumière, ha indagato il (discreto) modus operandi delle ragazze d’Oltralpe sui social network.

Se siete stati a Parigi almeno una volta – o avete degli amici Parisiens – vi sarete senz’altro resi conto che il loro modo di rapportarsi alla tecnologia è, come dire – “vintage”. A WhatsApp, Boomerang, Instagram e Facebook i ragazzi parigini – quelli DOC, s’intende – preferiscono di gran lunga gli sms, o, meglio ancora, le telefonate. Il nostro “ti whatsappo quando esco di casa” si traduce sempre con un semplice, ma efficace, “je t’appelle” (ti chiamo) – frase che probabilmente noi non usiamo più nemmeno con nostra nonna.

Una foto pubblicata da @jeannedamas in data:

Questa premessa ci consente di scavare più a fondo, di giungere cioè a tutte quelle figure che hanno trasformato i social network in una professione, talvolta milionaria.

Cosa differenza, dunque, le personalità mediatiche francesi da quelle nostrane? O meglio, del resto del mondo?

È molto semplice: alla quantità i francesi antepongono la qualità, all’apparenza la sostanza. Sebbene questo atteggiamento sia spesso stato interpretato dagli étrangers come una forma di snobismo, nell’era dell’ostentazione mediatica e della proliferazione dei post a pagamento, pare una ventata di aria fresca.

Dopo mesi di selfie spietati, filtri iper saturati e marchi taggati allo sfinimento, il mondo (della moda ma non solo) denuncia la necessità di un ritorno alla sobrietà, alla lentezza – fenomeno denunciato in altri termini anche dal fashion system, con la recente decisione di rallentare i ritmi produttivi, presentando due collezioni all’anno al posto che quattro.

Una foto pubblicata da Antoine Tony Stone (@antoinetonystone) in data:

A un autoscatto per promuovere un prodotto beauty le parigine preferiscono postare la foto dell’opera d’arte di un loro copain scattata durante un vernissage, al tacco 12 preferiscono da sempre le ballerine e, in linea generale, non si prendono mai troppo sul serio.

Sembra questa la chiave del loro successo: meno post ma più concettuali, meno follower ma più autentici.

È un fenomeno dilagante che ha coinvolto di recente anche alcuni marchi Made in France, il cui esempio più esemplificativo è senz’altro Vetements. Abbiamo già abbondantemente discorso di questo collettivo creativo sovversivo, che nell’arco di breve tempo ha eguagliato la fama (e gli introiti) di brand storici e collaudati.

L’atteggiamento dei membri del brand sui social network è piuttosto esplicativo: Demna Gvasalia, direttore creativo, in data odierna conta 1 solo post su Instagram e ben 4.400 follower speranzosi che ne giungano altri.

Una foto pubblicata da Demna (@demnagvasalia) in data:

Seguono la stylist, Lotta Volkova, il fotografo, Pierre-Ange Carlotti, il modello-musa Paul Hameline e la DJ-modella Clara Deshayes. Tutti adottano per i loro post – non troppo frequenti – uno stile sobrio e soprattutto underground. Invece di sponsorizzare esplicitamente prodotti – firmati Vetements, ovviamente – fanno leva sulla loro amicizia e sulle serate semplici, nel bar sotto casa o direttamente in casa, fatta eccezione per qualche after party durante la settimana della moda – ma solo perché il designer in questione è il loro meilleur ami.

Vetements è ancora una volta capostipite di una tendenza, quella del ritorno alla sobrietà e all’autenticità – anche sui social network.

Una foto pubblicata da clara 3000 (@claradeshayes) in data: