
La seconda, altolocata vita delle sock shoes
Da icona streetwear a prodotto virale per il mondo old money
25 Marzo 2025
Da qualche tempo, c’è un brand diventato virale negli USA e nel Regno Unito di nome Brave Pudding. È stato lanciato solo lo scorso settembre da Sarah Fiszel, una ex-agente immobiliare di New York con un passato nel design tessile, che l’ha costruito e fatto diventare virale grazie a un singolo prodotto: una sock-shoe di cashmere che, stando sia al The Times che al WSJ, starebbe spopolando tra le ricche signore dell’Upper West Side. Tutto è nato quando Fiszel si è resa conto di avere acquistato delle calze alquanto pregiate di The Row e Charvet che però erano troppo delicate per essere indossate con calze e dunque, dopo aver imparato il mestiere da un calzaiolo, ha creato il primo paio DIY di un prodotto che, a distanza di diversi mesi, non solo sarebbe finito addosso a trend-setter come Aerin Lauder e Leandra Medine Cohen, ma anche su una delle passerelle della New York Fashion Week, quella del brand TWP. Ciò che era partito come una calza di cashmere con incollata sotto una suola di gomma è diventato adesso un brand di cui sentiremo sicuramente parlare ma che si iscrive in un trend più ampio che si è visto nelle fashion week di tutta Europa: il ritorno delle sock shoes. Questo formato di scarpa ha una vita ciclica. Se l’archetipo rimarrà sempre la Balenciaga Speed creata nel 2017 da Demna, una scarpa a suo modo rivoluzionaria, oggi i modelli abbondano: la BBC ha scritto un intero articolo sulle Skinners Comfort 2.0, e ci sono anche modelli più accessibili di un simile design come le Original Slipper Socks di Acorn e l’Hudson Trail Slipper di Smartwool. Ma se quelle che abbiamo adesso elencato sono modelli pensati per la casa o il campeggio, quelle di Brave Pudding sono prodotti pensati per un mercato di lusso (su WSJ Fiszel parla proprio di un pricing studiato per essere accessibile ma che faccia percepire l’elevatezza del prodotto) e sono forse il primo avvento di un trend visto durante sparsamente durante il fashion month e che riguarda proprio il protagonismo delle calze anche come forma di footwear.
Oltre a quelle di Balenciaga, le sock shoes più celeberrime del lusso sono state quelle che hanno aperto, ormai due anni fa, lo show FW23 di Bottega Veneta – composti in realtà non da lana ma di un intricatissimo intreccio di fili di pelle colorati e assemblati artigianalmente inizialmente producibili solo su richiesta, gli stivali Domenica (così li ha battezzati il brand) paiono essere, in una nuova forma di lana melange, rapidamente entrati nella collezione carry-over del brand. C'è stata anche la sock shoe lanciata da Kanye West col nome di Yeezy Pods nel dicembre 2023 e poi finita nel mezzo di una controversia di ordini mai arrivati e repentini abbassamenti di prezzo. Ma non serve cercare così in là nel passato per trovare un numero abbastanza sorprendente di calze indossate da sole o tramutate in vere e proprie scarpe dissimulate tra i look delle collezioni del 2025. Due esempi notevoli nella stagione SS25: da Issey Miyake, dove le modelle indossavano una di queste scarpe illusionistiche abbinato a una calza molto più leggera e tono-su-tono; e da Rombaut che, collaborando con Puma alla silhouette “Levitate” ha creato una sock shoe vista nello show berlinese del brand. Forse con la scusa di citare la celeberrima scena di ballo di Risky Business, invece, Eli Russell Linnetz ha incluso un look di camicia-mutande-calzini nella Resort 2025 di ERL mentre la versione con tacchi alti è riapparsa nelle penultime collezioni di Balenciaga e in particolar modo nella Pre-Fall 2025. Nella più recente stagione FW25 c’è stato un mix: se a New York, TWP ha utilizzato le scarpe di Brave Pudding; altre versioni di una calza-stivaletto si sono viste da Diesel, da Simone Rocha e da LGN – Louis Gabriel Nouchi. Forse più inventivo, Chanel ha proposto una scarpa col tacco in la cui tomaia era a tutti gli effetti un calzino annodato. Da The Row e Vetements, invece, le scarpe erano semplicemente assenti e si camminava scalzi. E considerato come in numerose sfilate di punta della stagione hanno incluso diverse varianti di gambaletti, collant e simil-scaldamuscoli viene da domandarsi come mai si sia scommesso tanto sulla categoria.
Volendo analizzare il macrofenomeno, tutti gli esempi che abbiamo citato sono frutto dell’onda lunga del quiet luxury, del comfort-wear post pandemia e della versione originaria dello stivale Domenica di Bottega Veneta: ci fu qualcosa di sorprendente, in effetti, nella natura illusoria di un calzino spesso che però era uno stivale e per di più di pelle – un prodotto che portava il lusso su un piano più intimo e la cui intricatezza restituiva pienamente un senso di preziosità e di valore. Con in più il tocco surreale, discreto ma capace di attirare gli occhi, della sua apparenza – quella di un calzettone per l’appunto. Ma qui i casi si dividono: se infatti le nuove versioni della sock shoe rappresentano diverse variazioni (più o meno inconsapevoli) sul tema dello stivale Domenica, trainate dal gusto per le scarpe dalla suola rasoterra che infuria e infurierà nella moda per tutta l’estate; la scelta di The Row o di Vetements, così come quella di brand quali Miu Miu, Chanel o Valentino ma anche Our Legacy, sembra invece essere un tentativo di espandere le vendite di questa categoria di prodotto. The Row vende già un paio di collant di cashmere da 1400 euro e possiamo supporre che i calzini di Vetements siano un prodotto entry-level siano un prodotto assai popolare – lo stesso vale sicuramente anche da Miu Miu, dove calze di seta e cashmere presentano ben visibile il logo del brand e stanno benissimo abbinate a un paio di scarpe altrettanto brandizzate mentre Chanel e Valentino hanno presentato modelli di calza un po’ demodè che rappresentano un po’ il complemento ideale delle scarpe dei rispettivi brand mentre nell'ultima collezione di Our Legacy abbondavano scaldamuscoli decorativi indossati su mules e stivali.
Oltre allo styling, dunque, le calze sembrano essere tornate a richiedere le attenzioni di critici e commentatori sia come entry-level product che come elemento di styling che inizia a prevalere sulle scarpe stesse. Ma le sock shoes? Inutile dire che, come tutti i prodotti diventati virali e dunque legati a una determinata epoca, negli ultimi anni la vista di una sock sneaker faceva tornare in mente il boom dello streetwear e delle ugly shoes dell’ormai lontanissimo 2017 e parevano dunque poco al corrente. Ed è notevole infatti che la sock shoe non sia proprio tornata nella sua forma originale: se quella di Demna era più simile a una muta da sub, tutte le sock shoe viste nelle ultime stagioni della moda si sforzavano particolarmente di simulare l’apparenza di una calza di lana a coste o comunque di una struttura “a maglia” – nel caso di Simone Rocha c’erano anche dettagli romantici come i cristalli che ne esaltavano la naturaa di prodotto “organico” opposta all’aspetto sintetico e futuristico di quelle originali di Demna. Paradossalmente, però, le sock shoes virali di Brave Pudding erano nate proprio perché l’abbiente fondatrice non sapeva come e quando usare le calze di lusso che aveva già comprato – il che dice qualcosa su cosa pensino i ricchi di questo tipo di scarpe (come tutti, pensano che quelle di Uniqlo o Muji vadano benissimo a prescindere dalla RAL e con l’unica eccezione di quelle in cashmere, comunque comprate spesso fuori da una boutique di lusso) ma soprattutto del tipo di opulenta noncuranza a cui aspirano i clienti del lusso oggi. Per dirla in breve: vorrebbero che il mondo intero fosse il loro salotto di casa.