
Chanel ha acquisito un’altra fabbrica in Italia
Questa volta è un’azienda che produce calzature
19 Marzo 2025
In tempi di crisi è meglio essere autosufficienti. E forse è per questo che Chanel pare determinato a internalizzare la propria filiera italiana con l’acquisizione della maggioranza di Grey Mer, azienda specializzata in calzature con sede a San Mauro Pascoli in Romagna. L’azienda ha già quarantacinque anni di storia e collabora con Chanel da tredici, ma produce da tempo per brand come Saint Laurent e Agnona ma anche Loboutin e Roger Vivier – insomma, il meglio che si trova sul mercato. E ora che tantissime aziende italiane stanno trovando la propria ancora di salvezza nei grandi gruppi del lusso esteri che ultimamente stanno facendo incetta di fabbriche, si capisce bene perché Chanel abbia voluto assicurarsi la proprietà dell’azienda, togliendola alla concorrenza e garantirsi una capacità produttiva sempre più solida. Secondo quanto riportato da MF Fashion, la maison francese ha acquisito il 70% di Grey Mer, mentre la famiglia Alessandri, ovvero la famiglia fondatrice, conserva il restante 30% e gestirà la fabbrica con maggiore sicurezza.
L’acquisizione aggiunge un quarto stabilimento che produce calzature di lusso al portfolio di Chanel, che è già proprietaria di altre tre aziende calzaturiere in Italia: Roveda, in provincia di Milano, acquisita nel 2000; Gensi Group, a Teramo, acquisito nel 2015; e Ballin, in provincia di Venezia, nel 2020. Ma la lenta conquista di nomi strategici del Made in Italy non si è certo fermata alle scarpe. Chanel ha infatti acquisito due anni fa Mabi International, in Friuli, e possiede stabilimenti nelle province di Padova e Firenze; oltre a Renato Corti, anch’essa azienda che si occupa di pelletteria di lusso e si trova nel milanese. Non mancano poi partecipazioni, sia di maggioranza che di minoranza, che il brand detiene nelle concerie Gaiera e Samanta, oltre che in ulteriori aziende specializzate nella produzione di tessuti e nella confezione. Prima dell’acquisizione di Grey Mer, l’ultimo investimento ufficializzato dalla maison era stato l’acquisto del 20% delle quote di Leo France, azienda fiorentina specializzata nella produzione di minuterie metalliche per il settore della moda.
Sono sempre di più i gruppi del lusso che acquisiscono fabbriche proprie in Italia – così come sono sempre di più che le piccole e medie imprese del paese si ritrovano nel bisogno di essere salvate (la parola che viene per prima in mente, più sincera anche se forse errata, sarebbe “adottate”) da grandi entità, spesso esteren, che possano trovargli un sicuro punto d’appoggio sulla propria piattaforma. È libero mercato, e queste operazioni salvano posti di lavoro ma soprattutto un heritage di cui il nostro paese si gloria molto e che solo di recente si sta provando a proteggere anche grazie ai molti sforzi di organi come il CNMI che ultimamente hanno molto parlato dei problemi della filiera italiana. Insieme ad Altagamma, la Camera ha anche lavorato a una serie di policy di sgravi fiscali e per la cassa integrazione e i suoi direttori si sono pure incontrati di recente con il Ministro Urso, insieme a imprenditori del calibro di Diego Della Valle, Renzo Rosso e Gildo Zegna, proprio per discutere sulla protezione del Made in Italy, su alleanze e partnership strategiche, sulla formazione di nuovi artigiani e su come introdurre innovazioni come l’AI nella filiera per mantenerne la competitività. La soluzione non sembra semplice ma la domanda esiste e, finchè dura, durerà il business. Ma riuscirà un giorno il Made in Italy a mantenere la sua indipendenza a lungo termine?