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5 sfilate della Paris Fashion Week SS25 Women’s che vi siete persi

Troppo talento, a Parigi, tende a perdersi nel rumore dei pochi, grandi brand

5 sfilate della Paris Fashion Week SS25 Women’s che vi siete persi Troppo talento, a Parigi, tende a perdersi nel rumore dei pochi, grandi brand

La Paris Fashion Week SS25 Women’s si è chiusa con i trionfali giochi pirotecnici (sia metaforici che letterali) di Coperni a Disneyland, segnando la fine di nove giorni di marcia forzata attraverso le sfilate, le presentazioni, i cocktail e gli eventi di Parigi che hanno comprensibilmente estenuato tutti i fashion insider che fanno presenza fissa a Parigi. Molti di questi show sono famosi, non serve nemmeno citarne i nomi, eppure la parte più eccitante della programmazione parigina si trova un po’ più al di sotto dei movimenti di questi grandi giganti commerciali che lottano nel cielo, tormentati dai continui gossip su quale direttore creativo andrà e quale verrà. Ci sono brand ottimi, che fanno davvero proposte nuove o comunque eccitanti, che rischiano di perdersi nel trambusto generale, nell’inquinamento social generato dalle celebrity in front row, dagli after party più decadenti e via dicendo. Dunque, ora che il fashion month è finito, possiamo parlare di cinque show davvero eccellenti che non hanno ricevuto l’attenzione che meritavano.

Eccoli qui.

1. Peter Do

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Da quando è diventato direttore creativo di Helmut Lang, il buzz che circonda Peter Do è stranamente venuto meno. Si capisce che il brand è piccolo e indipendente e che, dopo essersi stabilito, avrà creato una cerchia di clienti abbastanza esclusivi; si capisce anche che il tipo di lavoro che Do fa può risultare parecchio complesso, di nicchia e costoso – non di meno sorprende che il designer vietnamita basato negli USA non sia più famoso. Il suo ultimo show al Musée Guimet, in mezzo ai monumentali resti archeologici e alle opere d’arte del Sud-Est Asiatico, con una live performance e persino un profumo custom regalato a ciascun ospite è stato superlativo. Peter Do rimane forse uno dei pochi giovani designer a proporre un look nuovo, un linguaggio stabilito e riconoscibile ma aperto a mille influenze. Il suo lavoro sulle tecniche di tintura tradizionali, l’ingegnosità delle sue costruzioni, la concisione delle sue proposte, la coesione e modernità del suo immaginario – non ce ne sono altri come lui.

2. Abra

Abraham Ortuño Perez è il designer che ha creato alcune delle più belle scarpe della moda indie e non degli ultimi anni (tra cui il mule con catena di JW Anderson e i tacchi a palloncino di Loewe) ed è, semplicemente, bravissimo. Anche lui ha presentato una collezione parecchio concisa, trentatrè look, che ha avuto il grande merito di trovare un tema, in questo caso la stereotipata estetica da spiaggia, e di remixarlo in chiave pop con soluzioni francamente brillanti. La sua è una moda chic ma umoristica, che ha quella leggerezza che oggi i marchi più alti non possono minimamente concedersi: è umoristico senza essere sciocco, commerciale senza essere “commerciale”, avant-garde ma portabile. Il suo brand esiste in realtà già da un decennio ma è incredibile che non sia un hot ticket di Parigi – sicuramente più persone dovrebbero seguirne le collezioni.

3. Alainpaul

Alainpaul è praticamente nato ieri dato che è stato fondato nel 2023 e ha fatto il suo debutto in passerella soltanto questa stagione. La sua collezione però è stata un miracolo di equilibrio e delicatezza, con il designer che ha reinterpretato al mondo della danza e della coreografia in maniere assolutamente originali considerando come diversi designer, nel recente passato, abbiano seguito la stessa ispirazione con esiti alquanto più ordinari. Il suo senso di una silhouette pulita e la portabilità assoluta di ogni look sarebbero, già di per sé, molto notevoli ma a colpire nella sua collezione SS25 è stata la capacità di Paul di creare un simil-sportswear estremamente chic e semplice iscrivendolo in un immaginario che sicuramente andrà strutturandosi meglio in futuro ma che risulta già rotondo e compiuto. Un’impresa non facile in un mondo in cui nulla è originale.

4. Uma Wang

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Uma Wang è una designer cinese che ha fondato il suo brand nel 2009. Non è considerabile una designer emergente anche perché i suoi prodotti sono in vendita presso i più importanti retailer di moda del pianeta, ma sicuramente il suo è un brand che vola sotto parecchi radar, specialmente quelli dei più giovani. Ed è un peccato dato che il suo ultimo show, organizzato nella Cattedrale Americana di Parigi, è stato un lavoro davvero stupendo sui volumi e i drappeggi, eseguito totalmente in difficili tonalità terrigne che avrebbero messo in difficoltà altri designer. Se gli abiti a balze gigantesche o i drappeggi di tessuto pesanti come anaconde non fanno per voi, bisogna necessariamente ammirare i completi sartoriali femminili composti da enormi nodi sono assurdamente eleganti.

5. Rokh

Rok Hwang è coreano naturalizzato inglese e ha fondato il suo brand nel 2016 e, se si contano i suoi anni trascorsi tra Celine, Louis Vuitton e Chloè, difficilmente lo si potrebbe considerare un esordiente. In effetti i suoi design e il suo brand hanno guadagnato abbastanza trazione da portarlo a collaborare con GU (il brand-fratello di Uniqlo) per una stupenda capsule che purtroppo arriverà solo in Asia a quanto pare. Ad ogni modo, attraverso numerose stagioni Hwang ha sviluppato un linguaggio sartoriale che ha dato un senso di politura e di finezza alla decostruzione, con uno stile a dir poco ardito. Ma la sua mano è sicura e il suo occhio preciso e a noi tanto basta: nel guardare il suo ultimo show si percepisce chiaramente di trovarsi di fronte al linguaggio e all’estetica di una generazione nuova.