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Demna racconta se stesso nello show SS25 di Balenciaga

Un’identità che è anche un linguaggio artistico e l’evoluzione di un guardaroba

Demna racconta se stesso nello show SS25 di Balenciaga Un’identità che è anche un linguaggio artistico e l’evoluzione di un guardaroba

Lo show SS25 di Balenciaga è stato preceduto dall’invio di una nota scritta da Demna in cui il designer ricordava come la sua passione per la moda sia iniziata inscenando sfilate con figurine ritagliate nella carte sul tavolo della cucina di sua nonna. E in effetti la passerella dello show di ieri simulava proprio una lunghissima tavola da pranzo con il front row costituito da sedie per gli invitati. Lo show è iniziato su una nota seducente: la versione di Why Don’t You Do Right che Jessica Rabbit cantava in Che fine ha fatto Roger Rabbit? che accompagnava una serie di look di intimo illusionistici con calzemaglie invisibili che riproducevano un corpo nudo rivestito solo da una guepiere. Questi look sono andati via via “rivestendosi” sempre di più fino agli abiti da sera finali. Il percorso è dunque inverso: lo show parte con il corpo esposto e vulnerabile, anche se solo apparentemente, e va via via aggiungendo pezzi arrivando a un “moderno” guardaroba quotidiano che poi si evolve verso la couture per culminare alla fine nella sintesi tra Demna e il fondatore della maison. In tutto ciò la musica è cambiata, passando da Jessica Rabbit a un remix di Gimme More di Britney Spears. La scelta della canzone non sembra casuale: quando uscì nel 2007 si era nel pieno del meltdown pubblico di Britney, i giornalisti la perseguitavano e i media la giudicavano sempre più instabile, e la canzone era una chiara denuncia verso il pubblico e la stampa scandalistica, oltre che verso l’industria discografica, che continuava a sfruttarla e chiedere sempre di più. Il fatto che la collezione sia stata letteralmente “servita” su una tavola imbandita per critici, manager e celebrity fa supporre che Demna stia dicendo che se stesso, la sua creatività e il biografismo vengano dati in pasto a questi commensali e al pubblico.

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Dopo i look “finto nudo”, la sezione centrale dello show sembrava rappresentare gli abiti quotidiani che Demna stesso indossa o comunque concepisce come “basics” per uomo e donna – ovviamente con proporzioni esagerate e, questa stagione, con un nuovo styling di giacca mega-gonfia in neoprene e jeans a vita bassissima che lasciano esposto l’intero bassoventre dei modelli. Era la parte dello show che dopo la casella di partenza iniziale sembrava rappresentare il fondamento dell’identità stilistica di Demna: i jeans da raver, le tute track, i mega-cappotti e le mega-sneaker. Questi abiti semplici passano poi dall’essere se stessi al diventare componenti di abiti compositi: appaiono cappotti avvolti intorno alla testa come cappucci, poi jeans “sezionati” che scoprono le cosce appena sotto l’anca. Infine iniziano gli abiti più avant-garde: dal semplice dressing si passa a un letterale overdressing con abiti che rievocano i pezzi ultrastratificati (come il famoso parka 7-in-1) delle vecchie collezioni che adesso fanno dei look degli ammassi drammatici di drappeggi, composti da diversi capi quotidiani come blazer e track jacket rifunzionalizzati come elementi di styling puramente ornamentali: cappotti dalla cui spalla pende un blazer, felpe ibride dalle cui tasche paiono esplodere boxer da uomo e pantaloni della tuta e tutti quei look più caotici a cui Demna ci ha abituato. È l’identità originaria di Demna che si sforza di diventare couture, o comunque di crearne le linee a partire dalle prosaiche parti iniziali – è qui che l’elemento tecnico inizia a diventare materiale avant-garde.

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Nella parte finale si apre infine la sezione da sera con una serie di abiti di gala che portano tutti i classici segni di Demna: i look total black, le silhouette eleganti create a partire da arrangiamenti caotici, le proporzioni bizzarre e abiti rinfunzionalizzati come un paio di jeans che diventa il bavero di una giacca. Elementi multifunzionali come i colli a imbuto che diventano bustier iniziano a sottolineare i punti d’incontro che Demna ha trovato con Balenciaga così come gli abiti senza schiena con chiusure a corsetto, quelli con busti scoperti in spandex flessibile avvolti in nylon, che scivolavano sul torso come enormi bracciali; le giacche Spencer doppiopetto con spalle super strutturate e un altro abito sembrava fatto da una gigantesca camicia annodata intorno al corpo. In tutto ciò diversi accessori raccontavano quel tipo di “bellezza sintetica” che Demna ha concepito per il brand: gli occhiali fascianti che tolgono ogni espressività al viso, facendolo divenire simile a un robot; i cappelli che si possono indossare davanti sul volto pur rimanendo in grado di vedere, ma anche gli altissimi panta-collant sbrilluccicanti e integrati a una scarpa col tacco, le proporzioni umane alterate – tutta quella bellezza alienante a cui nel tempo ci siamo abituati. E se forse è vero che Demna continua a tornare su se stesso e i propri linguaggi in maniera quasi ossessiva da una stagione all’altra, va anche detto che non solo trova sempre una maniera di rendere i suoi design più innovativi ma va acuendo quel punto di vista, quel gusto così distintivo che oggi alla moda serve più che mai.