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La nuova collezione di Celine è un dissing a Chanel?

Tra completi di tweed, cerchietti logati e lampadari che crollano

La nuova collezione di Celine è un dissing a Chanel? Tra completi di tweed, cerchietti logati e lampadari che crollano

Qualche mese fa, Bruno Pavlovsky di Chanel aveva detto: «Il sistema ideale per noi non è assumere un direttore artistico che offra la stessa cosa in ogni maison che visita. Troppi direttori artistici perdono il significato del proprio brand». Una frase che a molti era parsa un velato riferimento a Hedi Slimane oltre che una smentita ufficiosa che il designer sarebbe effettivamente andato a dirigere Chanel. In effetti, dopo Dior, Saint Laurent e Celine, dirigere Chanel sarebbe per Slimane come raggiungere la vetta della montagna dopo una lunghissima e faticosa scalata – la montagna nella metafora sarebbe la moda francese. Fatto sta che, secondo pettegolezzi sempre più fumosi, la potenziale unione non sarebbe andata in porto per i motivi che tutti si immaginavano: Slimane vuole controllare ogni aspetto di un brand, senza delegare assolutamente nulla a nessuno. Se questa cosa ha funzionato da Celine, che dopo gli anni di Phoebe Philo si è costruito un’identità completamente nuova (e molto redditizia), il vasto universo di Chanel è qualcosa di più complesso ed è difficile che la famiglia Wertheimer, che possiede il brand, consegni ciecamente le chiavi del regno a Slimane. Ed è per questo che diversi critici hanno intravisto nell’ultima collezione SS25 di Celine un dissing a Chanel. Ma in che senso?

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La collezione donna SS25 di Celine, disegnata da Hedi Slimane, si ispira a un'estate francese degli anni '60, evocando atmosfere nostalgiche e raffinate. La collezione è stata ispirata dalla rilettura che Slimane ha fatto di La Chamade di Françoise Sagan, storia di una donna che rinuncia a un amante povero per tornare dal marito ricco, con in sottofondo le note di Nico e dei Velvet Underground e diverse citazioni a dive francesi d’antan come Françoise Hardy e France Gall. La maggioranza delle modelle indossa una fascia di seta nera con frangia corta e bob decorata dal logo Triomphe, abbondano gonne a pieghe, top a righe con gonne di paillettes, twinset ricamati e tempestati di lustrini, delicate gonne dal vibe Art Deco incrostate di cristalli, abiti da sera in faille di seta nera, completi di tweed e giacche senza colletto e numerose collane sovrapposte tra loro. Un tipo di classica eleganza dai tocchi inequivocabilmente francesi che in effetti fa parecchio il verso (con opportuni e consapevoli gradi di distinzione) a tante delle “firme” che il pubblico ormai associa a Chanel – incluso un top a fiori da quattro petali che non è la famosa camelia ma ci va molto vicino. Se l’allusione è notevole nei look bianchi e neri con dettagli scintillanti, il patrimonio rock di Slimane emerge nel tuxedo da donna, a certi cortissimi tubini anni ’60, alle pelliccette leopardate e ai tailleur in pelle. Molto diverso dal solito è il finale del video-show: i lampadari antichi dello Chateau de Compiègne che rovinano per terra in mille pezzi – uno svolazzo molto insolito per Slimane, in cui i più maligni hanno voluto leggere un’allusione a qualcosa di vecchio che viene spazzato via.

Ad ogni modo, se c’è o meno dell’intenzionalità nelle scelte creative di Slimane, se è vero che Chanel l’abbia preso in considerazione per poi rifiutarlo, se questa collezione sia stata ispirata o meno al brand in primo luogo – è tutto materiale per future speculazioni e leggende della moda. Dopo tutto, non si vedono perle o catene d’oro, né dettagli trapuntati e solo una versione molto decorata (e molto Slimaniana) della classica petite robe noire necessarie per un calco completo dello stile di Chanel. In generale, Slimane ha fantasticato molto su epoche lontane nelle ultime collezioni, abbandonando il mondo dell’indie rock in favore di fantasie sul primo ‘900. Analizzando le precedenti collezioni presentate da Slimane, in effetti, si nota una specie di movimento retrogrado attraverso il tempo: dai look giovanili e aggressivi delle collezioni di due anni fa, il focus si è spostato gradualmente verso i primi 2000 con la collezione Age of Indieness; ha strizzato l’occhio agli anni ’90 con la collezione SS24, piena di tocchi grunge, per poi balzare nel pieno degli anni ’60 con la FW24. Ma se la scorsa collezione era un’ode agli anni ’60 quella uscita oggi non la stessa decisione delle linee, la stessa vocazione così definita per quel decennio – sembra piuttosto una ruminazione su un tipo di chic francese che per necessità di cose è indebitato a Chanel come stella più importante di un più ampio firmamento di cui fanno parte anche Brigitte Bardot, Sylvie Vartan e Anouk Aimée. Come sempre, dopo tutto, i complottismi piacciono perché ci fanno supporre storie ulteriori - solo il tempo dirà se queste storie ci sono o meno.