Dopo una serie di
apparizioni in passerella nelle stagioni passate, gli attivisti PETA si preparano a fare sentire la loro voce anche questa Milano Fashion Week.
Venerdì pomeriggio, l'organizzazione per i diritti degli animali lancerà una nuova campagna indirizzata al gruppo del lusso Kering in occasione della sfilata di
Gucci SS25. PETA ha fatto sapere in un comunicato stampa che denunceranno l'uso di pelli di animali selvatici da parte dell'azienda fuori dalla venue dello show, presso la
Triennale di Milano. La campagna è stata ideata a fronte della
«promessa non mantenuta» da parte del CEO di Kering,
François-Henri Pinault, continua il comunicato, che lo scorso aprile all'assemblea annuale del gruppo aveva affermato che avrebbe collaborato con PETA per porre fine
«al violento massacro di pitoni utilizzati per fare i suoi accessori». Secondo quanto anticipato dall'organizzazione, il focus della protesta di venerdì (programmata per le 14.30, mezz'ora prima dell'inizio dello show) non sarà Gucci, ma proprio Pinault,
raffigurato nel poster della campagna come Pinocchio.
«La PETA chiede al signor Pinault di smettere di fare promesse vuote e di eliminare le pelli di animali selvatici dalle collezioni dei brand del suo gruppo», afferma la vicepresidente di PETA per l'Europa, Mimi Bekhechi. «Tra cui Gucci, come hanno già fatto molti altri marchi del lusso». Secondo le informazioni rilasciate da PETA riguardo le recenti scoperte che hanno motivato la creazione della nuova campagna, l'organizzazione condanna in particolare il maltrattamento dei pitoni che si trovano in due allevamenti tailandesi che collaborano con la conceria Caravel, di proprietà di Kering, e delle lucertole rinchiuse in un mattatoio in Indonesia che ha confermato di aver fornito pelli al gruppo del lusso francese. In un'intervista esclusiva per nss, Patrizia Re, Consulente per i Progetti Aziendali PETA, ha spiegato che Kering in passato è stata ripetutamente contattata dalla non-profit, sia tramite comunicazioni private che durante le riunioni annuali del gruppo. «Ecco perché ci troviamo qui», dice Re, «per denunciare le promesse vuote del signor Pinaucchio». Prima di scoprire se gli attivisti PETA proveranno, anche questa stagione, a salire in passerella - idea a cui Re risponde con un vago «aspettate e vedrete» - la rappresentante dell'organizzazione ha spiegato che con la protesta di venerdì sperano di convincere l'azienda «a imporre immediatamente un divieto di vendita di pelli di animali selvatici per tutti i suoi marchi», dopo la rimozione delle pellicce del 2017.
Sembrerebbe che PETA abbia scelto di protestare venerdì, in occasione della sfilata di Gucci, sia per la
portata mediatica dell'evento (un anno fa, alcuni attivisti
erano saliti in passerella allo show della SS24, e avevano fatto lo stesso da Burberry a Londra, da Coach a New York e
da Hermès a Parigi) che per il coinvolgimento del brand nella macellazione degli struzzi, in seguito a una scoperta da parte degli investigatori di PETA Asia, comunica la non-profit. Per giustificare lo show-crashing delle scorse stagioni, l'attivista Camilli aveva detto a nss che era stato messo in atto per
«ispirare compassione e cambiamento». Patrizia Re conferma l'affermazione della collega e aggiunge che PETA continua a portare il proprio messaggio alle sfilate poiché è un momento in cui
tutti gli organi della fashion industry si trovano riuniti. Proteste come quella di domani garantiscono, dice Re,
«che l'azienda si confronti con la conversazione sui diritti degli animali e che le persone chiave nel settore della moda siano allertate su questi problemi». Insieme alla condanna dell'uso della pelliccia, un materiale che ormai è scomparso dalle passerelle a parte rari casi, negli ultimi anni PETA sta cominciando a
protestare anche contro l'uso di lana e piumini.