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Cosa ci aspettiamo dal Valentino di Alessandro Michele

Elevazione, nuovi show e, soprattutto, l’immancabile Haute Couture

Cosa ci aspettiamo dal Valentino di Alessandro Michele Elevazione, nuovi show e, soprattutto, l’immancabile Haute Couture

In mezzo a una grande attesa, la Paris Fashion Week accoglierà il debutto di Alessandro Michele per Valentino il 29 settembre 2024 alle 15:00, dove la sua prima collezione SS25 sarà svelata al pubblico. E se a giugno avevamo avuto un primo e variegato assaggio dello stile che il designer romano avrebbe adottato durante la sua nuova tenure creativa, sono proprio lo show, il suo allestimento e le sue modalità di presentazione che tengono elevatissima la curiosità. Oltre a questo atteso show, Michele porterà anche una nuova prospettiva alla Haute Couture di Valentino, che sarà presentata annualmente in un'unica sfilata, una novità rispetto al passato. Le aspettative sono altissime, soprattutto dopo che alcuni indizi sui nuovi look si sono visti di recente. Durante il Festival del Cinema di Venezia, Lorenzo Zurzolo e Alessandro Borghi hanno indossato capi firmati Michele per Valentino, che richiamavano chiaramente le sue passate creazioni. I look comprendevano camicie con pussy bow, pantaloni larghi e, nel caso di Zurzolo, un completo ispirato a un judogi con la tradizionale cintura sostituita da una specie di sciarpa di seta appartenente alla collezione Resort 2025, espressione di quella moda culturalmente eclettica (se non onnivora) che ha caratterizzato l’approccio di Michele al menswear. Anche questi elementi richiamano il passato del designer, che aveva introdotto silhouette simili durante i suoi anni da Gucci, confermando la sua fedeltà a una moda maschile non convenzionale e innovativa. Ma quale sarà la principale differenza rispetto al passato?

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Lo scorso giugno, Michele aveva già sorpreso il mondo della moda con la collezione Resort 2025 di Valentino che contava ben 171 look ispirati all’archivio del brand degli anni '60 e '70, confondendo i confini tra memoria storica e i personali stilemi del nuovo direttore creativo. Gli abiti spaziavano da lussuosi cappotti in lana con colli di pelliccia sintetica a completi maschili dal taglio anni '70, con rouches, fiocchi, e ricami floreali. Pur mantenendo il suo tratto distintivo, Michele ha mostrato una maggiore misuratezza, non tanto riducendo l’eccentricità ma canalizzandola in una sorta di elegante e sofisticata rilettura, inequivocabilmente post-moderna, di un guardaroba anni ’60 che sarebbe potuto appartenere a Peggy Guggenheim. Michele, dopo tutto, è stato uno dei precursori di quella mania della moda d’archivio che avrebbe travolto l’industria poco dopo la sua uscita da Gucci e, da designer molto fedele alla propria identità romana, non poteva che avere quell’era di Valentino tra le proprie ispirazioni. In una recente intervista al Financial Times, il CEO Jacopo Venturini, che ha già lavorato insieme a Michele per diversi anni ai tempi di Gucci, dice di volere che Valentino sia «posizionata nel mondo della maison de couture dove è nata, nel 1960, e dove merita ancora di essere». La scelta di ridurre gli show fisici con due sfilate co-ed annue, dunque, è dettata dal desiderio di lasciare più spazio operativo a Michele che, presumiamo, continuerà a produrre collezioni Resort e Pre-Fall presentate tramite lookbook.

Sempre nella sua intervista Venturini ha dichiarato che elementi come le borchie Rockstud dovrebbero restare, almeno nelle collezioni carry-over, mentre il resto della strategia pare incentrato sul playbook dell’elevazione seguito già da diversi brand e che, a una prima impressione, pare anche includere una riduzione degli show annuali certamente dovuta a un desiderio di distanziamento da diversi brand di punta di LVMH che tra fashion week e sfilate in giro per il mondo tengono una media di uno show ogni due mesi. E se dunque, dalla Couture, potremmo attenderci fuochi pirotecnici assai intensi (i paragoni che vengono in mente sono allo show SS17 e Resort 2023 di Gucci) la scommessa è che nel ready-to-wear potremmo vedere alla classica miscela aggiungersi un tocco aggiuntivo di granny-core che dovrebbe cancellare via le vibrazioni sportswear che, dati i tempi in cui operava, Michele inseriva qua e là da Gucci. Nel nuovo lookbook, in effetti, le uniche concessioni all’antico streetwear paiono essere una maglietta logata, un berretto e un paio di sneaker basse in tela che hanno tutta l’aria di essere il prossimo hero product che il brand vorrà spingere. 

Un altro importante dettaglio, sempre derivante dal loobook, è l’assenza di pelle scoperta, una sorta di morigeratezza che si mantiene esuberante ma senza i negligé trasparenti, i seni a vista, lo sporadico latex e i tocchi fetish che invece da Gucci facevano spesso capolino tra i look dei vari show. Lo stesso valga per un maggior centramento del focus citazionistico che nella Resort di Valentino pare più sorvegliato che nelle sfilate di Michele che conosciamo e che, negli ultimi tempi, erano passate da un eclettismo allegramente kitsch a una girandola di suggestioni sempre meno unificate da un tema portante. Bisogna considerare anche il cambiamento di contesto: quando Michele prese il timone di Gucci bisognava ridare lustro a un brand che quasi un decennio di Frida Giannini aveva reso un po’ troppo vanilla, iniettando modernità ma anche una narrativa che andasse oltre la piatta nozione di abbigliamento da jet-set prevalente negli anni Zero e già invecchiata nei primissimi anni Dieci. Ora Michele è entrato in un brand già ben stabilito ma che vuole elevarsi, e probabilmente i suoi sforzi saranno meno orientati all’anarchia e più verso quell’anticonformismo, romanticismo e intellettualità che da sempre costituiscono la sua cifra.