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Stefano Pilati collaborerà con Zara

Come il gruppo Inditex sta seducendo i reduci del lusso

Stefano Pilati collaborerà con Zara Come il gruppo Inditex sta seducendo i reduci del lusso

Stefano Pilati e Zara collaboreranno a una collezione co-ed che arriverà prossimamente nei negozi. L’annuncio è stato confermato anche se ancora non si sa nulla a riguardo tranne che la collezione dovrebbe includere 50 stili per uomo e 30 per donna, risultando dunque piuttosto estesa. Nel sentire la notizia, tutti si sono fatti la stessa domanda: «Eh?». Da quando Pharrell Williams lo ha fatto sfilare nel suo show di debutto da Louis Vuitton, Pilati pare in effetti essere tornato sotto i riflettori dell’industria. Ma se i suoi contenuti su Instagram, che vanno da selfie allo specchio in outfit d’archivio self-styled a repost delle sue storiche sfilate corredate da aneddoti d’epoca, hanno avuto un enorme successo, così come apparizioni su copertine dei magazine e interviste, pare che questa ritrovata fama non si sia veramente trasferita anche al suo brand Random Identities, rimasto per il momento in secondo piano. I design di Pilati, in effetti, che si muovono nella dimensione di un progetto di moda più personale, non hanno trovato la stessa trazione che la personalità e lo stile del loro creatore hanno avuto attraverso numerosi media. È emblematico comunque che un brand come Zara, che già da anni si muove verso un posizionamento più elevato rispetto a quello del fast fashion, abbia deciso di mirare su una figura così di nicchia per produrre una collezione più fashion-oriented, dimostrando indirettamente come certi progetti sperimentali possano ormai trovare più spazio in realtà più vicine a Inditex che alla moda tradizionale, messa in crisi negli ultimi tempi da vendite che scemano e una creatività ormai stanca.

Forse è vero che viviamo in un’epoca in cui produttori e contenitori sono più interessanti di prodotti e contenuti, in cui la cornice è quasi sempre più importante del quadro e in cui, in breve, non ci sono brand di culto ma personalità di culto. Certo, la collaborazione con Zara promette di portare i design di Pilati verso un pubblico più ampio e probabilmente aiuterà ad ampliare la base di clienti di Random Identities che, a prescindere da tutto, rimane sicuramente un brand più alternativo ed economicamente accessibile di molti altri nomi commerciali dell’industria di oggi. Rimane però la sensazione che questa collaborazione con il gigante del fast-fashion spagnolo rappresenti l’ennesima tappa di un rilancio che stenta a decollare, più incentrato su un’operazione di self-branding che di classico branding. Non è un caso che come parte integrante della notizia, si dica che il designer dovrebbe trarre ispirazione del suo stile e dal suo guardaroba – ciò che offre insomma non è il prestigio di un brand ma un pezzo di sè, del proprio fascino. Per il momento, comunque, le reazioni riscontrabili sui social, tra sezioni commenti e post su X, risultano positive, anche se rimane il dubbio di quanto poi il prodotto finale riuscirà a mantenere una rilevanza e un’innovatività autonome.

Zara alla conquista della moda

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Nel dare la notizia della collaborazione, WWD ha anche detto che Pilati, amico di Marta Ortega Pérez, fosse rimasto «impressionato da ciò che il retailer spagnolo sia in grado di produrre a prezzi molto accessibili». Come a dire che gli standard di fabbricazione di Zara sono ormai adeguati anche ai gusti e alle esigenze di un designer che ha lavorato per alcuni dei brand più iconici nella storia della moda. La collaborazione con Pilati, così come le recenti assunzioni da parte di Uniqlo e H&M rispettivamente di designer come Clare Waight Keller ed Heron Preston, dimostra come questi giganti della moda fast fashion si stiano alimentando dei clienti aspirazionali del lusso, eslusi dai prezzi folli di un mercato che sembra sempre più distaccato dalla realtà. Non è un mistero che il settore del lusso, oggi, sia in crisi, appesantito da spese di marketing sempre più alte e irrealistici obiettivi di crescita trimestrali che si fatica sempre di più a raggiungere e superare. Sfruttando questa crisi, gruppi come Inditex, la cui capacità economica può rivaleggiare, anzi superare, quella dei più noti brand high-end, hanno iniziato a sconfinare nel campo di questi ultimi, utilizzando proprio quei nomi celebri che il rapido turnover voluto dai consigli d’amministrazione e dai CEO ha stabilito come base sempre più instabile dell’industria.