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Indossereste mai un logo lì sotto?

Anche gli uomini potranno dire «I miei occhi sono qua su»

Indossereste mai un logo lì sotto? Anche gli uomini potranno dire «I miei occhi sono qua su»
AWGE SS25
Pharrell Williams
Pharrell Williams
Pharrell Williams
Pharrell Williams & Nigo
Givenchy SS10
Hood by Air SS14
Off-White SS15
Philipp Plein FW15
Vetements FW17
Balenciaga Resort 2025
Diesel FW24
Dior FW24
DSQUARED2 FW24
Fear of God Essentials SS24
Ludovic de Saint Sernin FW24
Louis Gabriel Nouchi FW24

«Bisogna mettere il logo dove la gente guarda», disse una volta Tom Ford in un’intervista, rivelando che i suoi jeans recavano un quasi invisibile monogramma TF cucito sulla patta. Uno di quei micro-dettagli molto “Fordiani”, per così dire, in cui discrezione e insolenza si mescolano – dopotutto è stato il designer del Texas a consacrare nella moda il principio “Sex Sells. Alla stessa maniera una chiusura di lacci intrecciati chiude la patta dei pantaloni di Ludovic de Saint Sernin (che ha incluso un crotch logo nella sua SS22) ed è già diventata una delle sue firme più riconoscibili insieme alla vita molto ma molto bassa dei pantaloni stessi. Ma se la piccola cucitura sui jeans di Tom Ford è ciò che nel gergo di Internet definiremmo un easter egg, un dettaglio a sorpresa che si vede se lo si cerca, la storia dei loghi piazzati sui punti più sensibili del corpo umano non è dominata dallo stesso senso di sottigliezza. Anzi. Secondo Vogue, che ha di recente parlato della sopravvivenza dei crotch logos nella moda di oggi, in principio fu Nigo a sbattere il logo di A Bathing Ape sul davanti dei suoi pantaloni nel 2002 – la stessa epoca, anno più, anno meno, in cui i loghi di Evisu e Juicy Couture apparivano sul derrière di jeans e pantaloni sportivi. L’obiettivo di questo collocamento non era esattamente la raffinatezza e dunque non sorprende che in poco meno di un decennio questi loghi si diffusero nella frangia più impertinente dello streetwear dedicato a giovani e giovanissimi la cui divisa include sempre un pantalone della tuta o un mega-jeans di qualche tipo. Ma come hanno fatto questi loghi così strategicamente piazzati a sopravvivere indenni al decennio dello streetwear che sarebbe seguito?

Si potrebbe affermare, in effetti, che il boom dello streetwear, portando l’abbigliamento sportivo a un mercato sempre più di massa, ha forse sanitizzato lo streetwear stesso, aumentando i loghi ma provando a rendere i singoli capi relativamente più bon ton. Tanto che di quell’epoca, ormai lontana, gli unici crotch logo che si ricordino sono quelli di Pyrex e Boy London. Ma in realtà se ne trovavano anche altrove: in una delle prime collezioni di Riccardo Tisci per Givenchy, ad esempio, la stella che sarebbe poi diventata uno dei loghi ufficiosi del brand (tanto somigliante al logo dei jeans di Nigo indossati per anni da Pharrell) si trovava già nella sua posizione strategica ma fuori dalle sfilate il brand avrebbe prodotto pantaloni della tuta con il vero logo che sono in vendita ancora oggi; anni dopo, nella primissima collezione di Off-White, ad esempio, così come nella SS14 di Hood by Air.

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Pharrell Williams
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Pharrell Williams
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Pharrell Williams
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Pharrell Williams & Nigo

Il trend si era già avviato: nella FW15 Philipp Plein fece ricamare la scritta “Warrior” sul davanti dei pantaloni dei suoi modelli. Da questo periodo in avanti il crotch logo scomparve dalle passerelle ma non dalle strade né dalle boutique: sopravvivendo soprattutto sopra i pantaloni della tuta, firmati o meno che fossero, il crotch logo proseguì un’esistenza se vogliamo sotterranea, quasi mai presente nelle collezioni di sfilata ma venduto da diversi brand di moda che continuavano a creare uno sportswear più visivamente esuberante. Come nel caso di Celine, per esempio, uno dei cui articoli carry-over più venduti sono i track pants con il logo davanti o anche quello di Vetements che all’incirca dalla collezione FW17 stampò il proprio logo sulla patta dei jeans. Da DSQUARED2 si ebbero entrambi i casi (da un lato gli sweatpants con la scritta “Icon” e dall’altro, nei jeans, un’etichetta rossa cucita sulla patta) così come da Dolce&Gabbana che, oltre agli sweatpants, hanno incluso il proprio logo in un modello di pantaloni decorati dalla stampa Marina.

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Givenchy SS10
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Hood by Air SS14
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Off-White SS15
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Philipp Plein FW15
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Vetements FW17

Ma se c’è un brand che ha riportato fermamente in auge questo stile è Corteiz, fondato nel 2017 da Clint Obgenna che ha trasformato i pantaloni con il crotch logo in un fenomeno. Secondo Vogue: «Ad oggi, “Corteiz jogger” e “Corteiz shorts” sono citati rispettivamente in 3,5 milioni e 5,1 milioni di video su TikTok». E in generale diversi brand nati in un contesto streetwear e poi elevatisi hanno mantenuto quel logo nelle collezioni continuative: pensiamo per esempio a Rhude e ai suoi pantaloncini, alla SS25 di AWGE che A$AP Rocky ha portato a Parigi, ma soprattutto a Fear of God Essentials, la linea di basics di Jerry Lorenzo che già da anni mette il suo logo al centro esatto dei propri pantaloni. Più di recente, abbiamo visto il crotch logo tornare sulla passerella FW24 di Diesel mentre altri brand sono stati tutto sommato più indiretti nel posizionare il proprio nella stessa stagione: Louis Gabriel Nouchi, ad esempio, ha messo il proprio sulla vita elasticizzata di un pantalone, ma con una vita abbastanza bassa perché il posizionamento lasciasse spazio all’immaginazione; la scritta “Miss Dior” stampata su diverse gonne della collezione FW24 si trova più o meno su quell’area corporea mentre nell’ultimo show di Balenciaga a Shanghai le cinture logate erano così calate al di sotto dei fianchi da trovarsi essenzialmente nella stessa posizione di un crotch logo. Per certi versi, anche i jeans “bagnati” di Jordanluca appartengono al filone – benché privi di un logo visibile.

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Diesel FW24
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DSQUARED2 FW24
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Fear of God Essentials SS24
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AWGE SS25
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Balenciaga Resort 2025
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Dior FW24
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Ludovic de Saint Sernin FW24
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Louis Gabriel Nouchi FW24

Lo stile, per farla breve, esiste al di fuori dello streetwear più vistoso nella misura in cui un certo brand frequenta il mondo Y2K che tanto ha influenzato collezioni passate e presenti negli ultimi anni. Guardando il tutto dalla prospettiva di chi ha visto brand andare e venire nel loro ciclo eterno, si potrebbe dire che soltanto nei casi come quello di Corteiz il crotch logo possederà una ragion d’essere, e cioè in quei casi in cui la sua presenza sia supportata da un tipo di credibilità culturale assai elevata. Anche se non si può negare che negli ultimi tempi l’ossessione per la biancheria intima logata, che si tratti dei boxer finto-usati di Willy Chevarria, degli short shorts di Gucci, della suggestiva tasca frontale di Coperni o dell’underwear a vista di Miu Miu, la moda sembra essersi appassionata per le aree anatomiche al sud dell’Equatore.