L’estetica di Ibiza attraverso i decenni
Da Jim Morrison al blokecore
24 Luglio 2024
Ibiza non è solo un'isola delle feste: è un luogo intriso di misticismo, folklore e un mix eclettico di culture che hanno plasmato la sua inconfondibile identità nel corso dei secoli. È un luogo che prima dei festaioli e dei gaudenti d’Europa e del mondo ha attirato fuorilegge, eccentrici, sciamani e beatnik che hanno contribuito alla creazione della cultura dell’isola, della sua reputazione e della sua leggendaria nightlife. L'energia mistica di Ibiza è stata un magnete per varie culture nel corso della storia. I Fenici, che si stabilirono per primi sull'isola, adoravano la dea della luna Tanit e Bes, il dio egizio della protezione domestica, della musica, della danza e del piacere sessuale. Un retaggio culturale ancora palpabile nella moderna Ibiza, con feste di luna piena a Moon Beach e Sunset Ashram che riecheggiano i rituali del passato - raduni che omaggiano le antiche radici dell'isola e il suo passato sospeso tra misticismo ed edonismo. Questo vibe e lifestyle unici non solo ha attirato nel corso di mezzo secolo tutte le subculture più rilevanti, dai beatnik fino ai moderni hypebeast, ma ha fatto sì che la vita isolana imponesse a visitatori e residenti uno stile molto specifico, che riprende le suggestioni hippie e sciamaniche del luogo combinandole all’assoluta modernità portata anno dopo anno sull’isola dalle frotte di giovani che la frequentano. Un mix di stampe floreali e sportswear, di abbigliamento western e moderno blokecore, di vibe esotici e sciamanici combinato al merch delle discoteche e all’abbigliamento da spiaggia. Ma per capire quale sia lo specifico stile di Ibiza, bisogna prima discutere delle subculture che nel corso del tempo l’anno frequentata.
Ibizia e le subculture: dagli hippies al clubbing
Now on @FilmStruck: Barbet Schroeder's debut MORE (1969), an unrelenting portrait of 60s culture set in Ibiza and featuring an original score by Pink Floyd! pic.twitter.com/5BOi3gnj5E
— Criterion Channel (@criterionchannl) November 8, 2017
La cultura del clubbing di Ibiza ha radici che risalgono molto prima che gli hippy degli anni '70 la trasformassero nella loro utopia. Dagli anni '30 agli inizi degli anni '60, l'isola era già un rifugio per bohémien, con artisti, scrittori e musicisti in cerca di rifugio e ispirazione sulle sue rive. Dopo la Guerra Civile Spagnola, l'isolamento di Ibiza divenne un magnete per intellettuali e individui in fuga dai fascismi che dominavano l’Europa. Gli anni '60 videro Ibiza esplodere con la rivoluzione "flower power", attirando hippy europei con il suo stile di vita rilassato, la bellezza naturale e il clima favorevole. La trasformazione di Ibiza in un crogiolo culturale iniziò con l'arrivo dei beatnik negli anni '50 e '60, che furono i precursori del movimento hippy. I locali chiamavano questi nuovi arrivati "peluts" (capelloni) a causa del loro aspetto trasandato. Tra loro c'erano figure di spicco come Bob Dylan, Joni Mitchell e i Pink Floyd, la cui presenza sull'isola ne influenzò la nascente scena musicale. In quei decenni gli album dei Pink Floyd "Ummagumma" e "More" divennero la colonna sonora di Ibiza, catturando l'atmosfera psichedelica che ci si respirava. L'isola è stata anche un rifugio per eccentrici e individui anticonformisti. Ad esempio, l'olandese Bart Huges, che sperimentò la trapanazione, una pratica che consiste nel praticare un foro nel cranio per raggiungere uno stato di coscienza elevato ispirandosi a un abitante dell’isola di nome Titi, che a quanto pare decantava gli effetti psicotropici derivanti dallo stare a testa in giù.
Negli anni '70 e '80, rockstar come Eric Clapton e George Harrison festeggiarono sull'isola, mentre Debbie Harry dei Blondie aggiunse alla storia costellata di stelle dell'isola. Il famoso Pikes Hotel, dove Wham! girò il video di "Club Tropicana", divenne l'epicentro della dissolutezza rock 'n' roll, ospitando la leggendaria festa di compleanno di Freddie Mercury e attirando innumerevoli celebrità nel corso degli anni. Andy McKay e Dawn Hindle, gli attuali proprietari di Pikes, hanno continuato a onorare l'eredità rock 'n' roll dell'hotel. Dopo aver lanciato la serie di concerti live Ibiza Rocks nel 2005, hanno portato una nuova ondata di performance dal vivo sull'isola, con band come Arctic Monkeys e The Prodigy.
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— Tunr (@TunrOfficial) August 24, 2018
Negli anni '70, il turismo aveva preso completamente piede, preparando il terreno per lo sviluppo della leggendaria vita notturna dell'isola. L'apertura di locali chiave come Amnesia e Pacha negli anni '70 segnò l'inizio della trasformazione di Ibiza in una mecca globale del clubbing. Questi locali divennero rapidamente sinonimo della vita notturna dell'isola, attirando una folla d'élite e stabilendo Ibiza come una meta imperdibile per i festaioli. Gli anni '80 videro l'arrivo dei sannyasin, seguaci del guru indiano Osho, che portarono con sé il rituale delle feste trance. Conosciuti localmente come "los butanos" per via delle loro vesti arancioni, questi cercatori spirituali trascorrevano le estati a Ibiza dopo la stagione dei monsoni a Goa. Giocarono un ruolo cruciale nell'evoluzione della musica a Ibiza, introducendo una nuova dimensione di esperienze spirituali e psichedeliche alla cultura dei club.
La moderna scena dei club di Ibiza, con i suoi DJ superstar, continua questa tradizione di (e la definizione è nostra) sciamanesimo laico, dove la musica agisce riunisce tutti i presenti in una singola, quasi dionisiaca estasi. Questa profonda connessione con il potere spirituale della musica è un elemento fondamentale dell'attrazione duratura di Ibiza. Amnesia, originariamente una finca rurale, fu trasformata in una discoteca da Antonio Escohotado nel 1976. Divenne nota come The Workshop of Forgetfulness, un luogo dove la gente poteva sfuggire alla vita quotidiana. Il DJ principale, Alfredo Fiorito, svolse un ruolo cruciale nel plasmare la politica musicale eclettica del club. Nel 1988, i DJ britannici Paul Oakenfold, Danny Rampling e altri visitarono l'isola e furono ispirati dalla musica di Alfredo, che portarono nel Regno Unito, accendendo il movimento acid house. Pacha, che aprì per la prima volta a Sitges nel 1967, arrivò a Ibiza nel 1973 durante il culmine del movimento hippy. Fondato dai fratelli Urgell, Ricardo e Piti, il club crebbe fino a diventare un impero della vita notturna noto per il suo iconico logo a ciliegia e la presenza internazionale. Il locale di Pacha a Ibiza, progettato per assomigliare a una fattoria tradizionale, divenne un simbolo della scena delle feste dell'isola. Es Paradis, aperto nel 1975 a San Antonio, divenne famoso per il suo unico tetto a piramide e la struttura all'aperto. Anche se successivamente coprì la pista da ballo a causa della legislazione sul rumore, rimane un luogo popolare per i giovani clubber della zona.
Nel frattempo, Privilege, originariamente noto come Club San Rafael, iniziò come ristorante e piscina comunitaria prima di diventare una discoteca. Nel 1979, fu trasformato in KU Club, guadagnando fama per le sue feste all'aperto e spettacoli spettacolari. A metà degli anni '80, era considerato il principale nightspot polisesuale d'Europa, attirando una folla diversificata. La storia di Privilege è anche ricca di racconti rock 'n' roll. Il club ospitò la festa del 41° compleanno di Freddie Mercury (che, si dice, fu qualcosa di assolutamente leggendario) e fu il luogo delle riprese del video "Barcelona" di Mercury e Montserrat Caballé. Space, ora noto come Hi Ibiza, aprì nel 1986 e divenne famoso per la sua terrazza all'aperto dove i festaioli potevano guardare gli aerei volare sopra le loro teste. L'atmosfera unica del club e il leggendario DJ residente Carl Cox cementarono la sua reputazione come uno dei migliori nightclub del mondo. Space chiuse nel 2016, ma continuano a circolare voci di una sua rinascita. Eden, originariamente Star Club, fu ristrutturato e rinominato nel 1999. Situato nella Baia di San Antonio, vanta un sistema audio all'avanguardia e diverse piste da ballo, attirando grandi folle per eventi come Shine e Defected. DC10, un ex hangar per aeroplani, aprì nel 1999 e divenne rapidamente noto per le sue famigerate feste Circoloco. Il club ha affrontato numerose battaglie legali ma è rimasto resiliente, attirando i migliori DJ e mantenendo il suo spirito underground. La reputazione di Circoloco crebbe, e divenne un hub per il genere minimal techno, con residenti come Luciano e Richie Hawtin.
Bohemien, streetwear e blokecore
@clakovi back to isla bonita #ibiza #loewe sabrina please please please - iman .ᐟ⋆.
Un’isola che possiede una tale cultura non può che avere uno stile corrispondente. Ora, il vibe più classico di Ibiza, o comunque il tradizionale è quello che oggi definiamo boho-chic. Lo stile boho di Ibiza risale agli anni '60 e '70, quando beatnik e hippy si riversarono sull'isola, attratti dalla sua atmosfera libera e tollerante. L'estetica boho emerse grazie a loro: abiti ampi e fluttuanti, motivi etnici, un mix di elementi culturali provenienti tanto dall’India che dai nativi americani. Attraverso le molte frequentazioni che con l’isola hanno avuto i rocker americani, poi, lo stile di Ibiza si è anche colorato di tratti western: in tal senso potremmo dire che Jim Morrison (residente fisso della stanza 32 del Motel Alta Cienga, che esiste ancora) rappresenta al meglio quella tendenza che dalla cultura hippie vera e propria si mosse verso i territori più americaneggianti che ancora oggi esistono in brand come TwoJeys che su Ibiza, le sue ville, barche e motociclette stanno costruendo un piccolo impero. Un altro brand, questa volta di lusso, che si è invece proposto di raccontare lo spirito dell’isola è stato Loewe che a partire dal 2017 ha avviato una collaborazione con la boutique locale Paula’s Ibiza che negli anni è diventata a tutti gli effetti una linea a sé stante del brand che canalizza molto di quell’estetica fatta di stampe floreali, vestibilità ampie, accessori in raffia, tuniche e sandali.
Loewe x Paula’s Ibiza lensed by Gray Sorrenti over the years pic.twitter.com/Ci2nBiu22y
— T Æ Y0-NG (@GTroubleArtist) April 8, 2024
Naturalmente però Ibiza è anche un luogo frequentato in primo luogo da giovani. Il che può significare solo una cosa: streetwear. Lontani dal mondo del lusso, sicuramente distanti dai vibe sciamanici dei residenti più rodati, i giovani di mezzo mondo hanno portato sulle strade dell’isola il proprio guardaroba vacanziero, fatto di sportswear e sneaker, di pantaloncini da basket e canotte. In questo mix di abbigliamento giovanile portato dai turisti non si può non menzionare il merch e specialmente quello del Circoloco. La serie di eventi che poi divennero itineranti per tutto il mondo, lanciarono un enorme numero di DJ e artisti musicali come Ricardo Villalobos, Peggy Gou Seth Troxler Luciano Rampa &Me, Loco Dice ed Ellen Allien coinvolgendo creativi come Maurizio Cattelan, lo studio Toilet Paper e designer come Riccardo Tisci e Virgil Abloh (che aprì anche l’evento di Milano quando l'evento arrivò in città). Circoloco, il suo founder Antonio Carbonaro e Andrea Pelino crearono l’odierno concetto di clubbing in quell’epoca e lanciarono un brand che per primo fu in grado di mescolare in modo del tutto pionieristico il lifestyle, la creatività e la moda grazie a No Soul For Sale, una linea di abbigliamento e accessori che fece proprio del colore del rosso del Circoloco il primo e più importante elemento di riconoscimento. Un altro protagonista di questi eventi fu Marcelo Burlon, che ha fatto di Ibiza casa propria e che svolgendo ruoli di curatore, DJ, sound designer oltre che fashion designer ha colmato il divario tra clubbing e streetwear.
@fra_damo Ibiza + Peggy = #peggygou #ibiza #dc10ibiza #circoloco #perte #fyp suono originale - Francesca
Lo stile ibizenco però non è un monolite, anzi, accoglie ed elabora in sé diverse tendenze. L’esempio più eccellente in questo senso è stato il trend del blokecore, che è stato forse l’unico negli ultimi tempi a prendere forma da un uso già consolidato attraverso la gioventù maschile di tutto il mondo e fare il proprio ingresso dal basso nella moda istituzionale. Tanto gli spagnoli che gli inglesi e gli italiani, che sono tra i maggiori frequentatori dell’isola, avevano reso le classiche maglie da calcio una vista abituale nelle giornate di mare e durante gli aperitivi serali. Il risultato è che quelle maglie da calcio Viste sulle spiagge e nei club, rappresentano un approccio casual ma stiloso, profondamente radicato nella cultura locale, e attribuibile alla demografia diversificata dei visitatori dell'isola che abbracciano il calcio non solo come sport, ma come stile di vita. La fusione della cultura calcistica con gli elementi dello streetwear crea un'estetica unica che è al contempo nostalgica e contemporanea, molto ibizenca nello spirito, anche se parecchio informale.
La maglia da calcio è tradizionalmente indossata per andare al mare o anche per coprirsi durante le corse che dalla spiaggia si fanno verso bar o chalet. Se il termine “blokecore” risale al 2021, coniato dal tiktoker Brandon Huntley, il look è molto più vecchio tanto potremmo attestarne la presenza tra gli hooligan inglesi degli anni ’70 e tra i molti tifosi italiani della stessa era. Grazie a TikTok, quel look percepito come basic, quasi trasandato per un uomo, trovò una legittimazione che in breve arrivò fino alle passerelle. Ma prima delle fashion week, il look aveva trovato una legittimazione ancora più importante – quella dei dancefloor di Ibiza.