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Il nuovo governo riuscirà a salvare la moda inglese?

Tra tagli al personale, pressione fiscale e crisi delle vendite

Il nuovo governo riuscirà a salvare la moda inglese? Tra tagli al personale, pressione fiscale e crisi delle vendite

Questa settimana, The Telegraph ha riportato che Burberry potrebbe tagliare fino a 400 posti di lavoro nel Regno Unito nell’ottica di un programma radicale di riduzione dei costi volto a sostenere i profitti in calo. Il brand ha infatti visto il suo valore di mercato scendere di oltre un terzo dall'inizio dell'anno, posizionandosi come uno dei peggiori performer del FTSE 100 e a rischio di essere retrocessa dall'indice blue-chip, termine pokeristico che indica un gruppo di azioni stabili e “sicure”. I dipendenti interessati sono stati informati via Zoom a fine giugno e la società ha avviato un periodo di consultazione di 45 giorni, indicando che centinaia di posizioni potrebbero essere eliminate. Persino il CEO Jonathan Akeroyd non ha ricevuto il suo bonus annuale di 2,3 milioni di sterline a maggio – per ovvi motivi. Akeroyd, che è entrato in Burberry da Versace nel 2022 con un pagamento anticipato di 6 milioni di sterline, ha tentato invano di far svoltare il brand e di recente ha attribuito parte dei problemi finanziari all’abolizione dello shopping duty-free del 2021 – una decisione legislativa avvenuta dopo la Brexit volta a semplificare il sistema fiscale e ridurre le frodi, ma che in realtà si è abbattuta come una piaga d’Egitto sul retail del paese. Ha ridotto drasticamente lo shopping dei turisti, rendendolo meno competitivo rispetto a Italia e Francia; ha fatto crollare le vendite per brand e multimarca di lusso, spinto diversi brand indie a chiudere o farsi comprare e, tra gli altri danni collaterali, ha portato a perdite di posti di lavoro come quella raccontata da The Telegraph. Ma con il nuovo governo ci sono speranze di risollevare la situazione? Sì e no.

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Anche se il nuovo governo ha ispirato la fiducia dell’elettorato, ci sono aspettative contrastanti per quanto riguarda il mondo retail e l’abbigliamento - un’industria da 28,9 miliardi di sterline annue per l’economia britannica, come scrive The Standard. Il Labour infatti ha indicato che non ha intenzione di abrogare il controverso divieto sullo shopping esentasse per stranieri anche se uno studio dello scorso anno firmato dal Centre for Economics and Business Research (CEBR) non solo ha mostrato come l’abolizione dello shopping duty-free è costata più di 10 miliardi di sterline al PIL nazionale ma che «le entrate aggiuntive generabili dalla reintroduzione dal sistema supererebbero le perdite associate ai rimborsi IVA di 2,3 miliardi di sterline nel 2023». Nonostante l'assenza della moda nel manifesto del Labour, il partito ha promesso di supportare le industrie creative aggiungendo le arti ai programmi scolastici STEM e provando a stimolare gli apprendistati. Secondo The Standard, «il BFC prevede che entro il 2030 potrebbe essere creato un ulteriore milione di posti di lavoro» se la reintroduzione delle arti fosse supportata. I legami commerciali con l'Europa sono un altro punto focale, anche se non si prevede un ritorno all'era pre-Brexit di libera circolazione e accesso facile al mercato. Il Primo Ministro Starmer ha escluso di rientrare nel mercato unico dell'UE, il che significa che eventuali miglioramenti nelle relazioni commerciali richiederanno negoziati difficili con Bruxelles. Il British Fashion Council ha richiesto supporto finanziario per aiutare i designer a raggiungere i mercati internazionali e ridurre il carico normativo quando commerciano e lavorano con i produttori dell'UE.


Sul fronte della sostenibilità, la posizione del Labour rimane incerta. Il Regno Unito è rimasto indietro rispetto ad altre regioni nell'imporre rigide normative sulla sostenibilità nell'industria della moda. Ma anche se il BFC ha evidenziato il significativo impatto ambientale della moda, spesso citata come il terzo inquinatore più grande al mondo, operazioni come l'IPO di Shein a Londra paiono ancora del tutto probabili. La posizione del Labour sull'IPO di Shein per esempio non è chiaramente definita, ma si prevede che le attuali condizioni di mercato e le riforme economiche promesse, come il miglioramento dei legami commerciali con l'Europa e le riforme dei tassi d'impresa, possano anzi renderla più spedita. Un altro tema è la manifattura: sempre The Standard riporta che, la Fashion Roundtable (FR) ha richiesto che le fabbriche britanniche tornino a produrre uniformi militari e sanitarie, sottolineando che ordini stabili da tali istituzioni potrebbero fornire opportunità di impiego e di entrate a lungo termine per il settore. La FR ha anche dichiarato che servirebbe maggior impegno nel promuovere e investire nelle capacità produttive del Regno Unito, che, sebbene piccole, sono significative. Le fabbriche a Londra, ad esempio, sono altamente qualificate, capaci di lavorare tanto bene quanto gli atelier di couture parigini, e recenti eventi di alto profilo come la sfilata Cruise di Dior a Perthshire hanno impiegato marchi britannici come Harris Tweed. 


In generale, comunque, come ha spiegato il Financial Times il nuovo governo Labour ha delineato un chiaro focus sul miglioramento degli standard di vita, che dovrebbe aumentare il potere di spesa dei cittadini. In primo luogo, il Labour intende continuare a promuovere la crescita dell'occupazione, valutando allo stesso tempo riforme dei sistemi di welfare e assistenza statale e lavorare a stretto contatto con la Banca d'Inghilterra e l'Ufficio per la Responsabilità del Bilancio per stimolare la crescita senza riaccendere l'inflazione, facendo prosperare le aziende, portando a maggiori opportunità di lavoro e salari più alti. C’è anche un piano per allentare le regolamentazioni di pianificazione e incoraggiare i progetti edilizi, aumentando l'offerta abitativa e riducendo i costi. Ad ogni modo, come spiega CNN, gli analisti si aspettano che gli asset britannici diventino più attraenti sotto il nuovo governo. Gli analisti di Jefferies hanno notato che la vittoria del Labour contribuirebbe a una percezione di stabilità che, combinata con potenziali riforme normative, potrebbe aumentare l'attrattiva degli asset britannici specialmente grazie a costruzioni di nuove case che potrebbero fornire una spinta ai titoli delle costruzioni e attrarre investimenti privati. 

L’indirizzo economico del nuovo governo potrebbe essere in generale un segnale positivo: maggiore prosperità significa maggiori consumi e si sa che la marea solleva tutte le barche. In attesa di veder trascorrere i primi cento giorni del nuovo governo (tradizionalmente il periodo di tempo in cui il nuovo esecutivo dimostrerà quali sono le tematiche più urgenti su cui intervenire e in cui si chiariranno le nuove dinamiche amministrative) e capire che riforme saranno introdotte, gli analisti di Jefferies citati da CNN hanno detto che la situazione inglese appare relativamente stabile. Non di meno, resta chiaro che nel mezzo dei numerosi problemi che il Regno Unito sta attraversando, il settore della moda e del lusso, per redditizio che sia, non rappresenta l’assoluta priorità del nuovo governo. La speranza più immediata, comunque, dovrebbe riguardare l’abbassamento dei tassi di interesse che potrebbe anche solo in parte compensare i problemi derivanti dall’abolizione dello shopping duty-free. Di sicuro, il nuovo governo ha l’appoggio politico per riuscirci – il problema, come sempre, è tradurre quanto scritto sulla carta nella realtà.