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Il ritorno dell'estetica riviera anni '50

Il costume intero, dalle passerelle al bagnasciuga

Il ritorno dell'estetica riviera anni '50 Il costume intero, dalle passerelle al bagnasciuga
Borat
Innamorato Pazzo
Foxcatcher
Esther Williams
Deborah Kerr
Skims
Mowalola
Coperni
Chanel
Louis Gabriel Nouchi
Bottega Veneta
Dolce&Gabbana
Lazoschmidl
Aaron Piper at Dsquared2 SS25

«Il brutto è attraente, il brutto è eccitante» affermava Miuccia Prada in un’intervista per Show Studio del 2020. Il ritorno del costume da bagno anni ’50, noto anche come ugly swimsuit, in alcune recenti campagne pubblicitarie, sulle passerelle e persino sui red carpet dimostra come la moda contemporanea sia ancora affascinata dalla curiosità che genera un capo fuori dal tempo, ormai considerato “brutto”. La manifestazione più recente di questo trend è avvenuta al Festival di Cannes dove, per il photocall del film Kind of Kindness, l’attrice Hunter Schafer ha indossato un abito realizzato su misura da Prada che, secondo quanto affermato dalla stylist Dara Allen, voleva ispirarsi ai costumi da bagno femminili in pieno stile “Riviera Francese”. Un body incorniciato da ruches, un grembiule legato in vita e una bandana che raccoglie i capelli, il look è a metà tra un abito da sposa e l’uniforme di una lavandaia (pensiamo agli abiti di scena del Secondo coro delle lavandaie ne “La gatta Cenerentola”). 

L'ugly swimsuit nella moda 

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Bottega Veneta
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Dolce&Gabbana
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Lazoschmidl

Il trend dell’ugly swimsuit ha vissuto una sorta di ciclicità trasformativa nel senso che, nel corso del tempo, non è mai totalmente scomparso, ma ha assunto forme e significati diversi dal cinema alla moda fino allo sport. Questo costume ugly e sexy potrà mai diventare un abito quotidiano?  Per Matthieu Blazy, direttore creativo di Bottega Veneta, sì: nella sfilata SS24 della maison, ultimo capitolo dell’Italian trilogy, e nella campagna pubblicitaria della collezione, il designer ha proposto sia per l’uomo che per la donna un tipico costume intero anni ‘30, trasformato in un capo quotidiano abbinato a tacchi o mocassini come se fosse un abito da sera. L’ugly swimsuit però non è mai stato chic, o almeno fino a quando il designer belga non l’ha riproposto in passerella come una sorta di uniforme da viaggio «per un’Odissea quotidiana». Sulla stessa falsa riga, per la SS24 di Dolce&Gabbana e per la FW24 di Lazoschmidl i brand hanno ricreato il pigiama intero abbottonato sul davanti e completi da notte con boxer a vita alta che assomigliano molto ai tipici costumi maschili da mare del primo ‘900.  

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Aaron Piper at Dsquared2 SS25
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Louis Gabriel Nouchi
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Il costume intero viene spesso identificato come tenuta sportiva anche sulle passerelle, come le mute subacquee in pieno stile seascape proposte da Nicolas Ghesquière per la Resort 2024 di Louis Vuitton, o i body da ciclismo che ritroviamo sia nella Resort 2024 di Gucci che nella FW24 di Acne Studios, che ricordano le uniformi dei supereroi e delle spie - basti pensare ai costumi indistruttibili progettati dall’ironica e cinica stilista Edna Mode per la famiglia degli “Incredibili” (2004), o alla bodysuit indossata dall’affascinante Eva Kant nel fumetto Diabolik. Non possiamo non citare le uniformi dei lottatori sportivi e le scomodissime singlet usate in modo particolare per il wrestling, il culturismo e la lotta libera presenti nella FW24 di Louis Gabriel Nouchi e nella SS25 di  Dsquared2 in cui abbiamo ritrovato body attillati e sgambati portati su pantaloni sartoriali o cargo.  A tal proposito, il romper maschile, anche utilizzato come costume da bagno, è un capo indossato anche dagli stripper nei club queer ed è entrato nell’immaginario della comunità LGBTQI+, che lo ha caricato di significati erotici.  Su questo punto, in un articolo di Vice del 2014 “The Underlying Eroticism of Wrestling”, l’artista e fotografo Ben Mcnutt racconta con una raccolta di immagini l’estetica omoerotica della lotta corpo a corpo come una tradizione che esiste sin dalla civiltà greca.  Più di recente, il designer francese Ludovic de Saint Sernin, per la collezione FW24, ha proposto body e completi BDSM che riprendono questo tipo di silhouette ispirandosi al lavoro di Robert Mapplethorpe.

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Chanel
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Coperni
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Mowalola
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Skims

Questa particolare tipologia di costume intero è stata tra l’altro utilizzata anche da Kim Kardashian per il suo brand di intimo Skims nel modello di body mid thigh che, nonostante nasca per essere portato sotto gli abiti e per modellare il corpo di chi lo veste, spesso viene indossato “al naturale” per look quotidiani. Ancora Mowalola, in collaborazione con il brand Yeezy, ha creato gli ormai virali WET bodysuit che sono stati indossati di recente da alcune it-girl del momento come Bianca Censori, la popstar Tyla e la cantante Chlöe Bailey. C’è invece chi come Marine Serre nella SS24 e Coperni nella collezione Resort 2025 hanno utilizzato il classico body intero proponendolo sopra collant e jeans un po' come Olivia Newton John nel videoclip di Physical durante i primi anni ‘80.  L’ugly swimsuit, nelle sue varianti contemporanee, è presente nella recente sfilata Resort 2025 di Chanel presentata a Marsiglia, in cui Virginie Viard ha inserito costumi interi che sembrano fatti di tartan e su cui sono ricamati bottoncini e tasche, quasi a riprodurre un tipico cardigan su body e shorts che ricordano costumi da bagno anni ‘30 fatti all’uncinetto. Anche nella sfilata SS24 della maison francese, Viard ha proposto culottes a righe e a pois portate su canotte con la stessa stampa simili a quei completi da mare indossati dalla giovane californiana Francine nella commedia romantica del 1959 “Gidget” o come il body a righe indossato dal primo modello di Barbie del ’59.

L'ugly swimsuit nel cinema 

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Foxcatcher
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Innamorato Pazzo
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Borat

L’ ugly costume inoltre è stato in diverse occasioni associato nel cinema alla “divisa del comico”.  Più di tutti l’attore britannico Sacha Baron Cohen nel famoso film Borat (2006) ha portato sul grande schermo il mankini verde fluo, una versione parodistica volutamente ridicola del costume intero da bagno, scelto oggi dai più audaci come travestimento per le feste in maschera.   Un altro caso emblematico è quello di Adriano Celentano che nel film Innamorato Pazzo (1981), in particolare nella scena del tuffo dal trampolino, interpretando la parte di un giocatore di pallanuoto impacciato che cerca di fare colpo sull’amata Cristina, interpretata da Ornella Muti, indossa un costume nero intero con una cintura in vita e una cuffia bianca. Per non parlare dei costumi cosiddetti “ascellari” di Fantozzi, dei boxer a vita alta indossati da Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi nel film Una domenica d’estate (1962) e dei parigamba colorati portati da Alberto Sordi sulle spiagge della Costa Smeralda ne Le Coppie (1970) con Monica Vitti. Ritroviamo invece le tipiche singlet in pellicole più recenti come Foxcatcher (2014), in cui Channing Tatum interpreta il lottatore olimpico Mark Schultz, o nel Diario di una schiappa (2010) nel quale il protagonista Gregory Heffley indossa una tutina rossa per una gara scolastica di lotta libera. Queste uniformi sportive vengono spesso utilizzate anche come costumi di scena negli spettacoli circensi, indossate da trapezisti e pagliacci che scherniscono le tutine super attillate dei body builder.

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Deborah Kerr
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Esther Williams
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Mentre per gli uomini il costume intero sembra essere ancora associato solo ad alcune discipline sportive e a sketch comici, nel caso delle donne il grande schermo ne ha rappresentato le trasformazioni. I primi costumi da bagno femminili erano dei veri e propri vestiti sotto al ginocchio realizzati spesso in lana morbida e chiusi da una fibbia di metallo sul davanti. Esther Williams in Easy To Love nel 1953 è stata tra le prime attrici ad indossare in un film un costume da bagno a pantaloncino, per l’epoca considerato troppo sgambato. Pensiamo anche a From here to Eternity(1951), nel quale Deborah Kerr porta un costume nero succinto nelle scene di passione in riva al mare con Burt Lancaster. Negli anni ’60, i tentativi di valorizzare il corpo femminile attraverso diversi modelli di costume da bagno prima dell’avvento del bikini negli anni ’80 portarono a numerose soluzioni di design che oggi fanno un po’ ridere, ma che hanno silhouette abbastanza interessanti da essere riproposte sulle passerelle.

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Se l’ugly swimsuit in Fashion Week o al Festival di Cannes può sembrare affascinante, lontana dal glamour degli eventi mondani più seguiti potrebbe far fatica ad inserirsi nel guardaroba "normale". La giornalista Lou Stoppard scrive per Show Studio che per indossare qualcosa di brutto devi avere un’enorme quantità di fiducia in te stesso. Questa scelta sfida la normalità sociale perché porti un vestito che «semplicemente gli altri non vogliono» o che non hanno il coraggio di portare. Dietro a quella che può sembrare solo una tra le tante tendenze sopra le righe che la moda propone, si nasconde una riflessione centrale. Quando un capo viene indossato in contesti che di norma non gli appartengono, diventa agli occhi di molti automaticamente brutto. Questa complessa attitudine controcorrente è però da sempre radicata nel processo creativo di molti designer, ed è forse proprio quella il motore che ieri e oggi più che mai alimenta la nascita di nuovi trend. O, come in questo caso, il loro ritorno.