Il giro del mondo in 80 look della SS25 di Louis Vuitton
Olimpiadi, archetipi e buoni sentimenti
19 Giugno 2024
Una delle più leggendarie canzoni dei Daft Punk, Around the World, è basata sulla ripetizione (144 volte) della medesima frase. Ironicamente, proprio la ripetitività e la semplicità ne hanno fatto qualcosa di leggendario. E qualcosa di simile è quello che è successo con la SS25 di Louis Vuitton, andata in scena ieri sul tetto della Maison de l'UNESCO a Parigi in cui Pharrell ha reiterato le silhouette introdotte già alla sua prima collezione seguendo un leitmotiv in effetti riassumibile nella frase "around the world". Accompagnato da Triumphus Cosmos, una composizione firmata dallo stesso Pharrell, lo show è stato animato da un afflato di ecumenismo pacifista: Louis Vuitton che riunisce tutto il mondo e rappresenta l’armonia universale. Un tipo di ottimismo che in altre situazioni storiche sarebbe risultato stucchevole ma che oggi, in tempi di tensioni multi-livello tra cittadini e stati, cittadini e cittadini, stati e altri stati suona stranamente incoraggiante. Nel 2024 dire di volere la pace nel mondo non è più un luogo comune da concorso di bellezza ma uno statement affatto banale – ancorché sempre vagamente retorico. Dopo tutto Louis Vuitton rappresenta le istituzioni: è la nave ammiraglia di LVMH, un gruppo che è sponsor delle Olimpiadi e ha un rapporto abbastanza stretto con il mondo politico e la vita pubblica del paese. Certo, suona velleitario innalzare un inno di pace mentre il governo francese traballa, tutti discutono della Senna inquinata e i parigini stanno prendendo abbastanza male l’avvento delle Olimpiadi – ma la moda ignora il mondo reale o ci si tuffa a capofitto e Louis Vuitton è troppo grande e troppo importante per permettersi di essere cinico o pessimista.
La collezione, oltre a condividere con la canzone dei Daft Punk il tema “around the world”, possiede la sua stessa schematicità. Il concept è sviluppato come una progressione geometrica, a partire dalla volontà di riflettere le sfumature dei toni della pelle delle persone di tutto il mondo, organizzando i colori dei look in una sorta di palette che parte dal nero e diventa via via più chiara finché non culmina in una serie di giacche multicolori. Lo stesso schematismo è applicato anche alle linee del menswear, organizzato in base agli archetipi del viaggiatore che simboleggiano le correnti del menswear odierno: il diplomatico con il formalwear; il pilota con l’abbigliamento militare; gli esploratori con lo sportswear; i turisti con il workwear. La collezione gioca con visioni macro e micro del colore e della texture. Da lontano, le silhouette appaiono quasi monocromatiche, ma da vicino rivelano dettagli intricati. I bottoni sono incrostati da planisferi in miniatura, ornamenti di aerei, perle e cristalli – riproposti attraverso tutti gli altri dettagli della collezione. Il Monogram Branded in rilievo e il nuovo motivo Damoflage (nome che è una crasi di Damier e camouflage) sono virtualmente ovunque. C’è anche lo Snake-o-Flage, una fantasia pitonata, e pattern che imitano le pelli animali. Il motivo multicolore LVERS Damier aggiunge vivacità alla collezione, mostrato in jacquard e denim. Gli accessori includono cappelli aviator, berretti da agente e cappelli da cowboy, tutti relativi al tema del viaggiatore della collezione. Calzini traslucidi nei toni della pelle, guanti in pelle e velluto, cravatte in seta, papillon e foulard decorati servono a definire gli ultimi tocchi di quest’aria di dandysmo trans-nazionale.
Sul piano delle borse (e non ci si può esimere dal parlarne) si sono viste in passerella versioni di borse d’archivio come l'Alma, la Christopher e la Neverfull in pelle morbida con rifiniture VVN invecchiate. Ma anche la Danube e l'Amazon sono state recuperate, con l’aggiunta di decorazioni multi-tasca. C’era anche un Keepall completamente ricoperto di strass, charm di metallo ispirati ai tag degli archivi sparsi su ogni pezzo. La Speedy P9 è remixata in tonalità nere e colori fluo sbiaditi, inclusa una nuova dimensione Speedy 30. Il motivo LVERS Damier decora borse in tela, e le borse Silhouette in pelle nera sono impresse con le sagome dei tag dei bagagli. I design collaborativi con Air Afrique, collettivo artistico parigino ispirato alla celebre linea aerea e rivista, presentano tartan verde bluastro e chequers Damier, decorati con tag logo planetari. Infine, le scarpe della collezione si ispirano ai viaggiatori. Il boot LV Agent, il Diplomat e la Bowling shoe sono i diversi modelli che si attagliano ai vari archetipi di viaggiatore incluso uno stivale da cowboy in vari pellami esotici, mentre le scarpe LV Footprint Runner e Soccer riflettono influenze sportive. C’erano anche occhiali con montature alate, e altri modelli in mascherina con lenti colorate e dettagli in cristallo. Sono anche tornati i Millionaire 1.0 e 4.0 con montature nei toni della pelle e pannelli Monogram lucidi. Per la gioielleria si sono invece viste collane tennis, braccialetti e anelli in cristalli colorati, spille ispirate all’aviazione e pendenti mappamondo.
Difficile non vedere, in questo show, una dimostrazione di forza del brand, una sorta di prova pubblica delle capacità dei suoi atelier del brand ma anche quasi di una radicale bontà di cui Louis Vuitton ha iniziato a colorarsi già dai tempi di Virgil Abloh. Il messaggio è che il brand non è solo qualitativamente buono ma anche moralmente – se la cosa ha senso. Ma in fondo quale altro brand potrebbe permettersi un flex del genere? Ad ogni modo, se l’approccio di Pharrell al tema dell’ecumenismo (usiamo un termine ecclesiastico che però riflette bene l’idea di riunire tutti i popoli sotto un’insegna, croce o monogramma che sia) è forse del tutto privo di sottigliezza, va comunque detto che la sua capacità di comunicare lo spirito del brand, di organizzarne e coordinarne macro e micro-dettagli in uno show che meno una sfilata e più uno spettacolo nel senso di lavoro totale su ogni singolo aspetto, lascia senza dubbio impressionati.