Le perle faranno davvero un grande ritorno?
Un gioiello del passato, che dice qualcosa del presente
25 Giugno 2024
Il lookbook della Resort 2025 di Valentino che Alessandro Michele ha presentato ieri a sorpresa, scatenando le attese conversazioni sul web, ha fornito molto materiale di riflessione agli appassionati di moda. Tra chi ha ricercato le reference originali tra le foto d’archivio di Valentino, chi si è lanciato in discussioni sulla post-verità nel dibattito odierno sulla moda e chi ha invece visto nella decisione di pubblicare il lookbook il tentativo di creare un beef tra i designer di Kering, i 170 e passa look della collezione hanno rimesso in moto gli ingranaggi mentali di praticamente chiunque. E se il lookbook esemplifica in una maniera molto Michele-esca l’attuale tendenza verso silhouette vintage, è possibile trovarci dentro le tracce di differenti microtrend che, proprio grazie a Michele, potrebbero tornare a esplodere. Tra questi ci sono le perle. E non parliamo, nel caso di Valentino, del modesto filo di perle piccolo-borghese – ma piuttosto delle perle aristocratiche da grand-dame, in doppia o tripla fila, applicate a borse e tracolle, appuntate sulle spille, incastonate negli orecchini ma soprattutto esposte ed sfoggiate con l’orgoglio di un faraone. Più modeste, le perle sono tornate nei recenti show di Haute Couture di Chanel, Schiaparelli e Dior, sotto forma di bottoni e di orecchini nel caso dei due ultimi brand. E in un momento in cui, tra incertezze economiche montanti, i brand provano a concentrarsi sul riaffermare l’intrinseco valore delle proprie creazioni – questa sovrabbondanza di perle fa pensare che (vere o finte che siano) finiremo per vederne altre nella prossima stagione. Ma dov’è che le abbiamo già viste?
Nelle rispettive collezioni Resort 2025, sia Gucci che Dior hanno usato le perle in maniera diversa. Se nel suo recente show di Londra Sabato De Sarno ha reinventato gioielli come collane e bracciali segando le perle in due e sfasandone i volumi per creare un effetto visivo nuovo, Maria Grazia Chiuri ne ha sparse un po’ ovunque nei suoi look a tema scozzese con l’intento, parrebbe, di impreziosire grandi classici dell’accessoristica punk come i choker di pelle, le velette nere ma anche le porzioni degli abiti simili alla cotta di maglia e certe t-shirt. Sempre rimanendo nel mondo delle Resort 2025, Chanel ne ha usate con insolita moderazione (considerato che le perle sono uno dei codici fondamentali del brand) e anche Givenchy ha applicato perle al colletto di una giacca – tra le altre cose, così come ha fatto Ahluwalia che nella sua FW24 le ha ricamate sugli abiti insieme ad altri ninnoli e gemme per impreziosire gli abiti. Proprio in questa stagione le perle non sono mancate: stavano strette al collo delle modelle di Celine, piovevano come criniere sul petto di uno dei look di Balmain e incrostavano diversi pezzi-chiave della collezione ispirata ai cowboy di Louis Vuitton. Moschino ha decorato di lunghissimi fili di perle gli abiti neri della collezione d’esordio di Appiolaza e ovviamente Miu Miu le ha messe al collo di tutte le sue ninfe bon-ton sempre nella sua ultima collezione.
Una nota: nelle stagioni recenti solo Louis Vuitton ha usato le perle nel menswear più “istituzionale”, mentre Namesake ne ha inserite in diversa forma. Ma le perle maschili andavano nella SS24, nello show dei “modelli a scomparsa” di Dior Homme, ad esempio, o da Dolce & Gabbana e Giorgio Armani dove però la perla era un singolo ciondolo apparsa su appena due look in entrambe le collezioni. Da Dsquared2 la perla era un semplice choker che però, indossata con la consueta gargliardia e spigliatezza maschile del brand, sembra voler dire che adesso le perle possono indossarle anche gli uomini senza nascondersi dietro l’etichetta del “soft boy” – che era la maniera in cui l’intero trend per le perle indossate da uomini era partita, grazie sempre ad Alessandro Michele ed Harry Styles. Alla stessa maniera paiono aver incluso le perle o gioielli similari nei propri look designer tanto diversi come Massimo Giorgietti di MSGM, Mihara Yasuhiro, Chitose Abe di sacai e Rok Hwang di Rokh. Più orientati all’originario mondo del “soft boy” ma con ben poca softness erano stati nella medesima stagione Marco Rambaldi e Martine Rose. E se si volesse un’ulteriore indicazione di come le perle non abbiano più alcuna connotazione di gender fluidity, anche Philippe Plein le ha fatte indossare a uno dei suoi modelli. Insomma, la loro sparizione da una stagione all’altra nel menswear segnala la loro normalizzazione, la fine del loro status divisivo.
Più interessante è il contesto con il quale sono tornate nel womenswear. Posto che come accessorio la perla è tanto diffusa da non potersi facilmente accorpare in un trend, la percezione che se ne ha adesso, come di un tipo di gioiello antiquato, è stata usata nelle collezioni degli ultimi mesi per “speziare” di toni aristocratici diversi abiti e look d’ispirazione retrò. Tendiamo a dimenticarcelo, ma in effetti quest’inverno si è tornato collettivamente a pensare alle socialites degli anni ’60, leggendarie clienti dell’Haute Couture come le varie Babe Pailey, Lee Radziwill e Slim Keith, alle loro pellicce e alle loro perle, a quei vecchi e signorili significanti di status emersi probabilmente come reazione alla vasta diffusione dell’anarchica, ribelle ma purtroppo alquanto sciatta divisa di quell’estetica underground che mescola moda rave, Indie Sleaze e mood rock che domina le strade oggi. Ai jeans strappati, alle t-shirt scollacciate e lacere, ai tessuti decolorati e a certi tagli molto provocanti, si è contrapposta la luce della madreperla, il rigore del tweed, l’opulenza della pelliccia. Forse dunque questa presenza delle perle che si inizia ad avvertire nelle collezioni di brand-chiave segnala il tentativo collettivo della cultura di mediare tra un estremo e l’altro – anche se il ritorno di queste perle non avviene in una veste nuova ma proprio con la loro antica aristocratica simbologia.