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Nella collezione Prada Men SS25 c'era più Raf che Miuccia

Ecco l'uniforme dei nuovi raver da ufficio

Nella collezione Prada Men SS25 c'era più Raf che Miuccia   Ecco l'uniforme dei nuovi raver da ufficio

Ceci n’est pas un fashion show. O forse si. Sull’onda del Tradimento delle immagini di Magritte, ma anche su quella delle creazioni dell’intelligenza artificiale, la collezione di Prada Men SS25 ha raccontato il confine tra realtà e finzione. Per farlo, i direttori creativi Miuccia Prada e Raf Simons non sono ricorsi a stratagemmi comunicativi ricercati, a easter egg o a performance in cui dover cercare un significato nascosto, hanno usato ciò che gli viene meglio: i vestiti. Ovviamente, il set era già di per sé una visione onirica, un parcogiochi per tutti gli appassionati dell’universo futurista Prada. All’interno del Deposito della Fondazione Prada è stato allestito un giardino enorme con una capanna, «la struttura più semplice per antonomasia», scrive il brand, che «si erge come totem essenziale». In uno show intellettuale ma divertente, Prada e Simons hanno lanciato una caccia al tesoro.  

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Non sempre l’immaginazione serve per viaggiare con la fantasia, a volte può aiutare a riscrivere le regole del reale. Nella SS25 di Prada Men il fantastico si fa concreto: dalla capanna bianca candida sono sbucati look pratici, l’incontro perfetto tra ciò che serve per una giornata lavorativa e ciò che puoi indossare a un rave - elegantissimo - sotto la pioggia. Occhiali da sole a specchio dalla forma brutalista sono stati abbinati a cardigan, camicie a fiori e pantaloni dal taglio sartoriale. Colori accesi come il rosso arancio, il giallo e il verde acido sono stati aggiunti con precisione ad outfit più conservativi, come vuole la filosofia stilistica del brand. Colour block tra marrone e rosa hanno reso le tute workwear più simpatiche, field jacket in cotone fucsia hanno snaturato l’austerità dell’estetica military. Lo styling era volutamente impreciso: le cinture erano finte, dipinte ben sotto la linea della vita dei pantaloni che cadevano lunghi, ben oltre le Church in pelle, alcune magliette avevano le maniche troppo corte per coprire i polsi dei modelli, ma non potevano essere considerate a tre quarti. Fuorché gli occhiali, la collezione non aderiva necessariamente all’abbigliamento di un raver ad hoc, ma i giochi di aderenza dei top, la stropicciatura delle giacche e la natura scompigliata di ogni look proiettava la mente dello spettatore all’interno di un club. Forse in una serata per nerd alla moda, ma comunque un club. 

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In una collezione marcatamente Raf Simons, in cui il designer è tornato indietro nel tempo a quando realizzava show per i raver e per i rioter, non sono mancati i riferimenti artistici tanto cari alla collega Miuccia Prada. Per le grafiche sulle t-shirt non è stato scelto il surrealista Magritte, forse perché troppo scontato, ma l’espressionista Bernard Buffet e i suoi Clown, tristi ma colorati. Gli show di Prada invitano sempre alla riflessione, non tanto attraverso l’evento quanto tramite gli abiti stessi. I designer hanno materializzato - in una collezione che di materico ha tanto, dalla vivacità dei colori alla cruda consistenza della pelle sbiadita e del camoscio - l’importanza di mettere in discussione ciò che ci viene messo di fronte. Del resto, per scoprire che le cinture erano stampe e che le camicie erano tutt’uno con la maglieria, che i colletti erano finti e che sotto al trench c’era davvero una hoodie in pelle, bisognava sforzarsi di guardare, o almeno avvicinarsi. Motivo per cui la collezione si chiamava Closer - «La vicinanza modifica la percezione», scrive il brand nel comunicato stampa. In questo mondo così frammentato, in cui l’iper-connessione digitale e le nuove tecnologie ci rendono isolati e scettici, i designer si sono interrogati sul vero volto della realtà contemporanea. A quanto pare, porta un paio di occhiali specchiati e pantaloni rubati al papà, un tenero cardigan colorato e una tuta da lavoro troppo chiara per essere davvero messa in un'officina.