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Perché la Gen Z parla così tanto inglese

Lo slang di una generazione, tra dark humor e auto-ironia

Perché la Gen Z parla così tanto inglese Lo slang di una generazione, tra dark humor e auto-ironia

Se col tempo le lingue cambiano si deve anche allo slang, che cambia di generazione in generazione: un repertorio linguistico la cui popolarità è essere destinata ad estinguersi, ma che ci dice molto sulle attitudini delle persone che lo adottano. Quello della Gen Z non è solo uno slang generazionale, ma anche digitale. Nato e condiviso sui social network, il vocabolario della generazione composta dai cosiddetti nativi digitali è anglofono in tutto il mondo, avendo travalicato i confini nazionali e le barriere linguistiche grazie al web. Figlia della globalizzazione, la Gen Z ha fatto esperienza nei suoi anni formativi degli eventi storici che ben conosciamo e che hanno avuto un impatto significativo sulla loro salute mentale, tra cui la pandemia, il cambiamento climatico, le crisi economiche e gli episodi di instabilità politica. Secondo un sondaggio globale di Ipsos, quasi 2 persone su 5 dai 34 anni in giù si sentono stressate al punto da notare cambiamenti nel loro quotidiano. Nonostante ciò, la Gen Z sembra aver imparato ad affrontare le difficoltà con il dark humor, sia online e offline, un meccanismo di difesa ormai distintivo che ha dato vita ad uno slang generazionale che sa essere sia divertente che vagamente disturbante. 

Tanti termini della Gen Z sembrano impropriamente presi in prestito da un manuale di psicologia, con un distinto gusto per le iperboli e l'autoironia. C’è brainrot, che descrive lo stato di confusione e disattenzione causato dal passare troppo tempo su internet - definizione che segue l'aggettivo chronically online. Nella stessa categoria troviamo bedrotting, un'espressione usata per riferirsi a lunghi lassi di tempo passati a letto mangiando, guardando serie tv o stando al telefono, trascurando le proprie responsabilità quotidiane, in alcuni casi come forma di self-care in altri come conseguenza del burnout. Il termine delulu, derivante da delusional e originario dei fandom K-POP ha raggiunto una fama da capogiro quasi eclissato dal suo derivato "delulu is the solulu".  Nello slang della Gen Z non mancano espressioni dal gusto apocalittico come doomers, usata per appellare le persone con una visione pessimistica del futuro e della vita ed in particolare doom scrolling. Questa locuzione è forse l’esempio perfetto di come il dark humor marchio di fabbrica dello slang Gen Z sia un derivato del web, dei social network e della loro cultura. Il doom scrolling sarebbe infatti l’atto di cercare ossessivamente notizie ed informazioni su eventi negativi sui social e sui siti di news, un'abitudine che come l’espressione che la descrive ha fatto capolino nelle vite di molte persone durante la pandemia che viene prontamente alimentata dagli algoritmi.


Se negli anni Venti del secolo scorso negli Stati Uniti lo slang rispecchia l'atmosfera di un’era di euforia collettiva in cui l’alcool scorreva a fiumi in barba al Protezionismo, con espressioni ridenti come giggle juice and the cat’s meow, un secolo dopo i vocaboli più utilizzati dai giovani vanno nella direzione opposta. A prima occhiata lo slang della Generazione Z può sembrare l’incarnazione linguistica del Declinismo, ovvero un bias cognitivo che consiste nella convinzione che il mondo si stia avviando verso un futuro inevitabilmente peggiore del nostro presente, eppure questi termini all’apparenza così pessimisti parlano della resilienza di una generazione che, pur dandosi a volte per spacciata, si ritaglia spazio per l’umorismo e la condivisione. Forse delulu non basta come solulu a tutti problemi del mondo, ma la Gen Z non rinuncia a ridere.