Il second hand continua a crescere
Tre volte più velocemente del mercato globale dell'abbigliamento
28 Marzo 2024
Tutti coloro che negli anni hanno associato il crescente interesse nei confronti dell'abbigliamento di seconda mano a una semplice moda passeggera sono stati smentiti. Vintage, second hand, pre owned, chiamatelo come preferite: si tratta di un mercato in costante espansione. Ogni giorno nascono nuovi e-commerce dedicati e sempre più creator realizzano contenuti come video haul e unboxing con l'intento di raccontare la moda vintage, generando un flusso d'interesse talmente grande da aver convinto anche i più scettici a subirne il fascino. Come di consueto da dieci anni a questa parte, ThredUp, piattaforma di consignment e store di seconda mano, ha divulgato il Resale Report offrendo una prospettiva sulla situazione futura di questo mercato che, secondo le proiezioni, crescerà tre volte più velocemente del mercato globale dell'abbigliamento. Nel 2023, in termini di vendite, il second hand è cresciuto del 18% rispetto all'anno precedente, mentre, stando alle previsioni, entro il 2025 il 10% delle vendite provenienti mercato dell'abbigliamento derivera dal second hand: si tratta di numeri ragguardevoli, soprattutto se consideriamo il sostanzioso interesse del pubblico nei confronti di marketplace fast fashion come Temu e Shein. Entro il 2028 il mercato del second hand raggiungerà quota $73 miliardi, registrando una crescita media dell'11% di anno in anno.
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Insomma, anche i più restii all'idea di indossare vestiti utilizzati hanno cambiato idea per più di una ragione. Ad esempio, conta molto il fattore economico: basti pensare che il 55% dei consumatori sostiene che a meno che l'economia non migliori, spenderanno cifre sempre più consistenti in abbigliamento usato. Grazie alla ricerca di ThredUp è emerso che nel 2023, 3 persone su 4 al momento dell'acquisto prendono in considerazione il valore intrinseco di un capo; contemporaneamente, il 59% dei consumatori acquista un capo dopo un'attenta analisi, riducendo di fatto il numero di acquisti impulsivi. L'economia circolare dell'abbigliamento funziona piuttosto bene: grazie alla popolarità guadagnata da Vinted e Depop, il 25% dei consumatori globali ha rivenduto almeno un capo su questo tipo di piattaforme, quasi raggiungendo le cifre record del periodo pandemico, un modo sostenibile di fare decluttering, ma anche per arrivare a fine mese, considerando che il 41% ha pagato bollette e affitto con i soldi ricavati dalle vendite dei propri capi.
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La fascinazione dei consumatori verso questo tipo di mercato ha il potenziale di generare un effetto domino. Di fatti, il 74% dei brand che non hanno ancora implementato un sistema di resale all'interno del business plan considera di farlo nei mesi a venire. Il 2023 ha visto colossi del calibro di H&M, J.Crew, American Eagle e molti altri cedere a questa scelta. La motivazione nasce dal fatto che i dipendenti del settore del retail hanno realizzato quanto i consumatori considerano nuovi fattori al momento dell'acquisto. A quelli succitati, si aggiunge un interesse sempre maggiore dei clienti nei confronti dei marchi che operano in maniera sostenibile: nel 2023, il 62% dei dipendenti nel settore del retail ha riservato particolare importanza a questo aspetto, intanto che al 60% della Gen Z e dei Millennials interessa sapere se un capo si rivende o meno con facilità. Considerando che le limited edition attraggono una platea sempre più ridotta, si predilige l'acquisto di capi vintage che celano una storia alle proprie spalle. Infine, il 22% dei consumatori è interessato all'acquisto di second hand in quanto rappresenta la via più agevole per permettersi brand high end.
I presupposti affinché il mercato dell'usato possa diventare sempre più centrale nel settore dell'abbigliamento ci sono eccome. Ovviamente, per far sì che un interesse così grande crescesse a dismisura è stata necessaria una presa di coscienza duale, sia da parte dei consumatori che di chi lavora nel settore dell'abbigliamento, anche se il 65% dei dipendenti e il 43% dei consumatori sostiene ancora che il governo del proprio Paese di appartenenza non prenda abbastanza provvedimenti per ridurre l'impatto ambientale dell'abbigliamento, e il 42% dei consumatori sostiene che i governi dovrebbero promuovere la moda sostenibile promulgando leggi.