Il mondo marino nel trend Seascape
Dalle ultime passerelle al motivo Tresor de la mer di Gianni Versace
09 Marzo 2024
Alcuni designer del “system” durante le recenti fashion week hanno intercettato un sentimento comune: il desiderio di fuga dal reale. Si tratta forse di una reazione all’eccessiva formalità del quiet luxury? La moda può aiutarci a scappare dalla noia del quotidiano? Il trend Seascape significa letteralmente “fuga in mare” e, in un certo senso, più che una tendenza passeggera, esprime l’esigenza della società di immaginarsi in altre dimensioni come quella dell’acqua e dei fondali marini. Dalle microgocce applicate sulle trasparenze negli abiti dell’ultima collezione di Givenchy alle borse squamate di Ferragamo, Seascape comprende il desiderio contemporaneo di abitare e “indossare” luoghi che ci permettano di scavalcare i confini della città.
Il seascape oggi
Maximilian Davis, durante la sua ultima collezione per Ferragamo, ha presentato alcuni abiti e borse dal tessuto squamoso e lucente, quasi a ricordare la pelle delle carpe Koi giapponesi o dei cavallucci marini. Davis ha riprodotto attraverso tecniche artigianali raffinate la preziosità degli abissi: dal rosso corallo più intenso fino ai colori del fondo sabbioso del mare illuminato dai riflessi del sole. Matthieu Blazy di Bottega Veneta, nelle sue riflessioni stilistiche a proposito del “nuovo” abbigliamento formale e della ricerca dell’unicità nella quotidianità, ha spesso mostrato il suo amore per silhouette e materiali che rimandano all’immaginario marino. Per quest’ultima collezione infatti, il designer francese ha riproposto la “sardine”, it-bag del brand, con un manico in oro che replica esattamente il corpo del pesce e alcuni abiti dalle gonne ampie che ricordano alghe ed anemoni marine, per non parlare della “fish clutch” intrecciata, entrata a pieno titolo tra gli accessori più desiderati di questa stagione. Il trend Seascape si materializza quindi non solo in texture “subacquee”, ma anche nel movimento generato dalle sciarpe in lana intrecciata come nell’ultima collezione di Stella McCartney, fino alla pinna di squalo e ai materiali translucidi negli accessori David Koma. Anche il “dewy make-up”, ovvero un trucco che riproduce un effetto bagnato e luminoso allo stesso tempo, evoca l’immagine della salsedine che brilla sulla pelle.
Il seascape vintage
Forme e simboli della cultura del mare sono state oggetto dello spirito immaginifico di alcuni dei designers dal passato. Gianni Versace, nella primavera del 1992, presentò una collezione chiamata “Tresor de la mer”: una dichiarazione d’amore al Mediterraneo, che nasce dalle sue origini calabresi e dalla passione per la cultura greca classica, portando in passerella i tesori nascosti tra la sabbia e le acque profonde della sua terra. Pensiamo all’iconica stampa con stelle marine, coralli e conchiglie riportata su giacche e gilet in quella stagione o agli abiti e corpetti in maglia metallica impreziositi da gemme e ricami: una sfilata di “Veneri” come Linda Evangelista e Yasmeen Ghauri. Questi capi d’archivio sono stati poi riproposti da Donatella Versace per “Atlantis”, la collezione spring 2021 presentata durante la pandemia: un modo per riportare alla luce le meravigliose rovine del continente sprofondato nell’oceano, in un momento storico nel quale noi tutti ci siamo immersi nell’ignoto per emergere in una nuova quotidianità, una nuova vita.
Anche Alexander McQueen, poeta e autore di una moda immaginifica e teatrale, nella sua ultima collezione intitolata “Plato’s Atlantis” creò, come del resto aveva sempre fatto, un universo parallelo post apocalittico nel quale l’umanità che ha distrutto la terra torna ad abitare le acque. Un mondo popolato da creature multiformi, che assomigliano a serpenti, meduse e mostri marini che indossano abiti scultorei dalle stampe digitali caleidoscopio e tacchi-artiglio, le mitiche “Armadillo” rese celebri da Lady Gaga nel videoclip di Bad Romance che, tra l'altro, fece da colonna sonora allo show di McQueen. Suzy Menkes, nota critica di moda, in un articolo di Emma Hope Allwood per Dazed, definì la collezione come la “drammatica rivoluzione del ventunesimo secolo”, un testamento stilistico di un modo di fare moda e di riflettere sui cambiamenti della società guardando al futuro, immaginando una dimensione affascinante e grottesca quasi profetica nel rapporto tra uomo, natura e tecnologia che conferma quanto McQueen sia stato uno dei più grandi visionari che la moda abbia mai avuto. C’è chi studia biologicamente la natura e la forma delle creature del mare, chi le immagina e le anima creando racconti o film che svelino i segreti di queste specie ignote come La Sirenetta di Andersen o come il caso del mostro umano ideato da Guillermo del Toro nel “La forma dell’acqua” e invece chi come alcuni designer si lascia ispirare dal loro aspetto per creare oggetti del desiderio. La ragione di questa fuga quindi va cercata nell’idea contemporanea e comune a molti di sfuggire al grigiore delle città, a quell’area industriale che ci veste di monotonia e serietà, per cercare nella moda qualcosa di straordinario che alimenti la nostra immaginazione oltre i confini del mondo.