Come si diventa stylist a Sanremo
Tiny Idols, Nick Cerioni, Ramona Tabita, Pablo Patanè e Rujana Cantoni si raccontano
02 Febbraio 2024
Possiamo associare un look a ogni momento memorabile della storia del Festival di Sanremo. Indipendentemente dal giudizio che il pubblico ha avuto delle loro apparizioni, sia il pancione della Berté che lo spacco di Belen, sia le bolle di Mina che la tuta glitterata di Achille Lauro hanno lasciato il loro segno nella storia della pop culture italiana, con ripercussioni di cui sentiamo l’eco tutt’ora, negli outfit dei nuovi arrivati. Se il Festival continua a ricoprire una carica mediatica record, con uno share del 66% e un impatto mediatico di €310 milioni, il merito è anche degli stylist e dei costumisti con cui collaborano gli artisti, addetti ai lavori che tra i camerini dell’Ariston creano immagini d’impatto a supporto della musica in gara. Come ci raccontano loro stessi, il compito degli stylist di Sanremo è fare una magia (la parola glamour arriva proprio da incanto), catturare lo sguardo del pubblico italiano e incollarlo alla televisione per la durata di una canzone. Del resto, la minigonna in latex di Loredana Bertè è ancora impressa nella mente comune proprio perché la diva dai capelli blu, il costumista Luca Sabatelli e Gianni Versace sono stati capaci di congiurare una visione tanto impressionante da superare ogni prova del tempo, un abito che, oltre le borchie e il pancione, era dotato di una visione lungimirante e assodata nel suo intento. All’avvicinarsi della 74esima edizione del Festival della Canzone Italiana, ci siamo fatti raccontare dai cinque stylist di Sanremo tutti i loro trucchi, ciò che li ha aiutati a raggiungere il palco dell’Ariston e le loro aspirazioni più grandi. Un’intervista inedita, svolta a carte coperte perché i look degli artisti devono ancora andare in scena, ecco come si diventa stylist a Sanremo.
Per il panorama musicale italiano, Tiny Idols è una colonna portante, un grande faro guida della scena pop che però preferisce agire in penombra. Ha vestito i nomi più importanti della industry, da Blanco a Coez, da Sfera Ebbasta a Gianmaria, ma anche se ha già raggiunto traguardi monumentali, compresi gli spot del Superbowl e le collaborazioni con i magazine più acclamati, ha ancora voglia di rischiare. Del resto, per fare questo lavoro non basta rimanere affascinati dalla moda, un mondo, come ci racconta la fondatrice della factory, «pieno di ambiguità e pregiudizi», occorre saper coltivare un bagaglio culturale ricco di «passione, mindset, empatia, know-how, gusto ed etica». Un progetto artistico fondato da una stylist e costumista che voleva cambiare le regole, formare una community in un contesto che spesso invece punta sulla carriera di singoli creativi, Tiny Idols cura l’immagine dei volti più innovativi della musica scommettendo sulla pluralità dei punti di vista. «Sono sempre stata convinta che l’arte nasca da un confronto, con il mondo e con se stessi», afferma la fondatrice del gruppo che quest’anno curerà l’immagine di Il Tre, in gara con “Fragili”. L’ispirazione dei look che indosserà arriva proprio dal testo della sua canzone, un brano che «rende omaggio alla vita nelle sue pieghe più profonde, all’anima così perfetta nelle sue vulnerabilità», racconta Tiny Idols. Sul palco dell’Ariston, ci svela che la bellezza della fragilità verrà espressa in modo leggero e autentico attraverso «lavorazioni cracked, trasparenze frammentate, raw cut e distressed».
Oltre al successo dei talenti che hanno rappresentato e della loro musica, ciò che rende i lavori di Tiny Idols prodotti ad alto impatto mediatico è la particolare attenzione che dedicano all’anima dell’artista. Nell’universo pop di Tiny Idols, dove l’originalità è tutto, il lavoro è dettato dal rispetto e dalla sensibilità. «Come l’artista dà voce ad un certo loop di emozioni e avvicina un certo tipo di pubblico, anche noi abbiamo una funzione importante», afferma la stylist, «quella di avvicinarlo ancora di più al suo contesto. È importante sapere molto bene il target a cui si fa riferimento proprio per rafforzare questa natura e questo legame profondo.» Così come la moda e la musica sono forme artistiche che permettono di viaggiare con la fantasia, di spingersi verso strade inesplorate, il centro di ogni collaborazione sanremese deve agire nel totale rispetto dell’identità dell’artista. Anche quando si deve rappresentare un artista giovanissimo, racconta Tiny Idols, il margine di errore è altissimo su un palco come l’Ariston. «Ogni artista ha una sua anima ed il nostro lavoro ha il compito di tradurlo in immagine, contribuendo fortemente alla sua identità nel panorama musicale», afferma. «A Sanremo questa sintesi è massima, tutto deve essere calibrato e deciso per contribuire a renderlo memorabile». La conferma che, in un mondo competitivo e individualista come la moda, la collaborazione continua ad essere un valore aggiunto. Anche quest’anno troveremo un po’ della community di Tiny Idols sul palcoscenico di Sanremo, nascosta nella fragilità di Il Tre.
Il completo rebranding che ha subito Sanremo negli ultimi anni porta la firma di Amadeus così come quella di Nick Cerioni. Come stylist che ha contribuito a rilanciare la kermesse in un periodo in cui la reputazione del Festival e dei personaggi che vi apparivano stavano venendo meno, Cerioni ha co-scritto i capitoli più importanti delle ultime edizioni di Sanremo: le apparizioni di Achille Lauro in Gucci, con cui collabora tuttora, e i look dei Måneskin nel 2021, l’anno in cui la vittoria all’Eurovision li ha portati a scalare le classifiche mondiali. Grazie a quella che Cerioni chiama una «moda più sfacciata», portata in prima serata da Lauro e da altri artisti in seguito, «il percepito dei brand nei confronti di Sanremo è cambiato». Come racconta lo stylist, la moda è conservazionista, sebbene passi come innovatrice, ma progetti come Me Ne Frego e Zitti e Buoni hanno incentivato il tanto atteso riavvicinamento al mondo dell’intrattenimento. Un veterano del Festival dal lontano 2008 - i suoi primi passi nel mondo dello styling prendono forma nei camerini di MTV - quando «fare lo stylist a Sanremo non era ancora una figata», Cerioni ha potuto osservare da vicino la grande trasformazione che ha subito la televisione, ma suggerisce a chiunque aspiri al suo lavoro di partire dallo studio. «Per me quello che fa un bravo stylist è creare un immaginario attorno ad un artista. Quello che consiglio è di avere cultura visiva pop, che significa avere una chiara visione di quello che succede, ma anche avere ispirazioni da poter rileggere. É la cultura che fa la differenza.»
Un direttore artistico, più che un semplice stylist, quest’anno Cerioni firma gli elementi visivi del nuovo album de Il Volo, dalla copertina ai loro look, un progetto con cui ha avuto quasi completamente carta bianca. «Con loro ho cominciato a lavorare un paio d’anni fa, è un gruppo che fa numeri impressionanti, sono dei professionisti ineccepibili», racconta lo stylist. «Il Volo che vedremo a Sanremo è un Volo 2.0, il loro nuovo stile è un’evoluzione di loro in quanto uomini, in quanto artisti che sono diventati grandi». Oltre al trio, in gara con “Capolavoro”, Cerioni intraprende una nuova sfida vestendo la stella nascente Angelina Mango, a Sanremo con “La Noia”. «È una persona che mi ha colpito per la sua artisticità, ma soprattutto per la sua determinazione», racconta. «È bello vedere una persona così giovane, con così tanto talento, essere così “a fuoco”». La fisicità dell’artista e la sua capacità di movimento sul palco, una caratteristica che porta nelle sue performance una carica esplosiva, sono state grandi fonti di ispirazione per il lavoro del suo nuovo stylist, un aspetto che offre uno spunto in più sulla percezione comune delle artiste donna in Italia. Un tempo un argomento critico, oggi la sensualità delle cantanti si affianca alla loro voce in quanto strumento. Assieme ad Angelina Mango, racconta Cerioni, l’ambiente musicale sta accogliendo una nuova generazione di performer che sul palco si esibiscono e si espongono in un modo nuovo, non più oggetti del desiderio e più detentrici della propria autonomia e narrazione, da Elodie ad Annalisa e Big Mama. «È tutto parte del progetto artistico. Anche quello è parte della loro arte». E il paradosso è proprio qui: la storia della televisione italiana è stata edificata sul lavoro di costumisti e di artiste che hanno saputo fare dell’appariscenza un’arte, ma fino alle recenti edizioni del Festival ce ne eravamo quasi dimenticati. «Io sono cresciuto con dei miti musicali di gente di cui l’immagine era tanto importante quanto la musica che faceva», ricorda, citando Madonna nel reggiseno conico e Bowie nel completo di Kansai Yamamoto. «Penso che la nostra scena musicale sia piena di artisti interessanti che non hanno utilizzato tutto il potenziale della loro immagine. A me non interessa che un artista abbia l’ultimo pezzo di una sfilata, quello che mi attrae è quando un look mi sconvolge». A Sanremo 2024, i look di Cerioni non porteranno in scena messaggi politici, ma tutto, dagli indizi che ha seminato negli anni alle sue ultime affermazioni, ci portano a pensare che anche quest’anno rimarremo a bocca aperta.
Provocatori e irriverenti, i look che portano la firma di Ramona Tabita sanno come lasciare il segno, sul red carpet come in prima pagina. Irrompendo a gran voce nella scena internazionale grazie a collaborazioni con personaggi del calibro di Mariacarla Boscono e Simona Tabasco, l’energia esplosiva della direzione artistica di Tabita si è fatta sentire anche oltreoceano, con lo styling del titano del pugilato Mike Tyson. Questo Sanremo, la vedremo tornare a lavorare al fianco di Ghali per un progetto in cui si confronterà con il mondo alieno, la coronazione di una partnership durata otto anni, adesso pronta a debuttare su un nuovo palco. Senza ombra di dubbio, ci racconta, ciò che ha mosso la sua carriera è stata l’autodeterminazione, un sentimento fondamentale, per chi agli inizi professionali deve far fronte alla diffidenza degli uffici stampa e delle riviste. «Quando inizi a fare questo lavoro gli uffici stampa e i magazine non ti conoscono ancora, i primi chiedono una pull letter, i secondi richiedono un certo portfolio», racconta la stylist. «Quella è una fase che tutti passano, il segreto è non lasciarsi demoralizzare, ho sempre creduto nella mia visione», sostiene, aggiungendo che oltre ad avere talento, per fare questo lavoro serve avere gli occhi fissi su un obiettivo.
Anche se il titolo del brano che porterà in gara Ghali è “Casa Mia”, l’universo che vedremo in scena all’Ariston sarà a dir poco extraterrestre, con la canzone che vedrà il rapper dialogare con un alieno. Tabita ha lavorato assieme al suo team e agli uffici stile ad una moodboard ricca di codici stilistici legati al mondo dello spazio, con l’aggiunta di qualche rimando alla star di “Smooth Criminal”. «Per i look di Ghali sopra e fuori dal palco mi sono ispirata alla Space Age, con dei riferimenti alla più grande musa e fonte d’ispirazione per Ghali: Michael Jackson.» Come anticipa la stylist, il risultato ha prodotto uno stile completamente nuovo che, attingendo dal passato, evoca un’estetica futuristica e all’avanguardia. «Anche non essere compresi completamente da tutti è bellissimo, è proprio quella la vera libertá», racconta Tabita, pronta a scioccare il pubblico. «Come la sua musica guarda al futuro», aggiunge, «che forse oggi potremmo definire come “Ufo Core”». Con queste premesse, la collaborazione tra i due promette uno show stellare.
Per Pablo Patané, i retroscena del teatro sono familiari come i muri di casa. La carriera dello stylist l’ha portato da studente di scenografia e costume a celebrity stylist, facendogli vestire star del calibro di Monica Bellucci, Sabrina Impacciatore, Skin, Rossy De Palma e Nick Jonas. Questa settimana, la sfida non sarà portare le sue idee sul temibile palcoscenico dell’Ariston, ma far scoprire al pubblico sanremese un progetto artistico tutto nuovo. «La creazione dei look per La Sad a Sanremo è stata un viaggio attraverso la storia del punk, della moda e del cinema, tratto dalla storia personale dei ragazzi e dal testo della loro canzone», racconta lo stylist, curatore d’immagine per il trio in gara con il singolo “Autodistruttivo”. I look, che nel vocabolario di Patané hanno il nome di costume, «saranno un elemento chiave della loro performance». Grazie ad una visione cinematografica della moda, la cifra stilistica di Patané si distingue per un flair estremamente teatrale. «La moda fine a se stessa», ci dice «non mi è mai piaciuta». Patané arriva a Sanremo dopo aver curato progetti sia negli Stati Uniti che in Italia, dalla direzione artistica delle testate giornalistiche più conosciute allo styling delle star candidate agli Emmy, con l’aiuto dei colleghi del gruppo Tiny Idols. «Non ho mai visto il lavoro come una competizione, piuttosto come un’opportunità di creare connessioni significative», racconta lo stylist. «Provenendo dal mondo della moda ho esteso il mio raggio d’azione grazie alle collaborazioni. Tiny Idols mi ha presentato al gruppo, ritenendomi la persona più opportuna per seguirli su questo palco».
Patané trova ispirazione nello stile delle star che hanno segnato la storia della musica, dai Sex Pistol (di cui potremmo trovare qualche traccia sul palco dell’Ariston, grazie allo spirito punk-contemporaneo de La Sad) a Elton John e Grace Jones, lo stylist riconosce che gli artisti di spicco del passato hanno raggiunto l’apice del successo proprio perché sono riusciti a produrre un connubio perfetto tra immagine e sound, che per Patanè è «un elemento determinante che può trasformare un interprete in un’icona». Per fortuna, con La Sad è stato possibile dare totale sfogo alla fantasia, e così Patané ha potuto esplorare nuove direzioni stilistiche del gruppo, pur mantenendo un senso centrato di cosa determina la loro autenticità. A Sanremo li vedremo sfoggiare venti look tra brand emergenti e firme prestigiose, un equilibrio tra opposti che da un lato offrirà visibilità ai nuovi nomi della moda italiana, dall’altro “sporcherà” di lusso un trio di punk fuori dalle righe della convenzione sanremese, spesso assai rassicurante. Patané assicura che La Sad porterà in scena un messaggio forte, amplificato, come vuole lo spirito punk, attraverso il colore ma soprattutto attraverso l’effetto sorpresa.
Per alcuni, vestire una star sul palco dell’Ariston è il sogno di una vita, per altri capita quasi per caso. «Sanremo è arrivato così come l’amore, quando meno te lo aspetti», racconta Rujana Cantoni, stylist di Rose Villain. Lavoro definito «emotivo, di pancia», la collaborazione con l’artista in gara con “CLICK BOOM!” corona una partnership iniziata diversi anni fa, perché vestire una cantante, ci racconta, non vuol dire solo creare un’immagine e produrla, ma anche trovare un punto di incontro tra le direzioni artistiche di maestranze, medium e professionisti diversi tra loro. Per la stylist, costruire l’immagine di un musicista significa aiutarli a riconoscersi dentro un abito, perciò, a differenza di uno shooting in cui la creatività è univoca, è essenziale abbandonare ogni egocentrismo. «Nella moda ci siamo io e il fotografo, in questo caso per me è diverso», ci dice, spiegando come si è approcciata all’universo di Rose. «Col tempo ho imparato ad ascoltare le sue necessità, a studiare il suo fisico». É l’alchimia ciò che rende la relazione artistica tra Rose e Cantoni un progetto sincero, un sentimento di comprensione reciproca che in questa edizione di Sanremo mostrerà un nuovo volto dell’artista. «Mi sento forse più una regista», afferma Cantoni, che trova negli abiti un mezzo con cui raccontare delle storie di vita. «Lei è una donna poliedrica, la mia ispirazione sono le sue personalità.»
Prima di iniziare a lavorare come celebrity stylist, Cantoni ha sviluppato il suo talento nell’editoria di moda partendo prima dallo studio dei brand emergenti, poi dall’utilizzo dei loro capi. Si è resa conto di essere una stylist sul set di un videoclip musicale, quando ha realizzato l’impatto dei suoi look sulla riuscita del progetto. «Fin dall’inizio ho avuto un fortissimo imprinting con la ricerca in tutte le sue forme,» aggiunge. «Sono diventata un’appassionata di designer emergenti perché volevo fare cose molto eccentriche». Insoddisfatta della moda italiana durante i primi anni della sua carriera, adesso Cantoni si dice contenta di essere rimasta a Milano. «Perché devo scappare da questa realtà? Piuttosto cambio il sistema io», aggiunge. Da grande promotrice dei contenuti digitali, il suo lavoro mischia intelligenza artificiale e creatività senza badare ai limiti imposti dalla industry italiana, secondo la stylist un settore che ha paura di sperimentare con le nuove tecnologie. «Col 3D si può creare tutto, è come se fosse un sottobosco che non è ancora arrivato a tutti», racconta, certa però che sia la collaborazione la chiave per il successo, non l’esasperazione di un solo medium, o di un solo punto di vista. Proprio come in amore, «quando una squadra funziona, in un mondo come il nostro fa sempre la differenza».