Della politica italiana resta solo un meme
Il Pagante, la pasta Rummo e il problema dei fandom
25 Gennaio 2024
Chiunque si ritrovi a scrollare TikTok e si definisca (pur vergognandosene) fan di una certa categoria di meme triviali e politicamente scorretti, si sarà ritrovato più volte subissato da spezzoni di puntate de La Zanzara, il controverso programma di Radio 24 condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo con comparse del livello culturale de Il Brasiliano e Tony da Milano. Il Pagante ha sfruttato la viralità del fenomeno per lanciare il suo nuovo brano con il feat. di VillaBanks, che in onore del rapper - con un passato non troppo remoto nel porno - si chiama proprio Spingere. Il progetto ruota attorno al lancio di un paradossale partito politico che ha come propositi elettorali sesso, droga e gioco d’azzardo e tra i tanti ospiti del video, ci sono Cruciani e Parenzo che intervistano i fondatori del "Partito della Gaina", Wad Caporosso mentre il dancefloor si trasforma nel set dei lavori di allestimento del comitato elettorale e prendono vita gli inevitabili scandali delle nuove promesse della politica. Per rappresentare il populismo nelle sue declinazioni più assurde, la narrativa parte da un programma radiofonico che intercetta una fetta del pubblico italiano non necessariamente conservatrice, ma sicuramente meno sensibile alla retorica progressista/woke. La canzone sarà anche un tormentone estivo dozzinale destinato a entrare in classifica (non nella nostra memoria collettiva), ma rivela un’intuizione centrata sugli equilibri che stanno muovendo la politica contemporanea e il nostro modo di percepirla. In un’epoca in cui gli elettori si sentono sempre più sfiduciati da personaggi che, invece di rappresentarli, dimostrano costantemente la loro fallibilità personale e/o istituzionale, figli di Giambruno, Bandecchi e via discorrendo, l’intrattenimento potrebbe essere l’unico modo che ha la politica per avvicinarsi al suo pubblico e fidelizzarlo?
Lo scorso ottobre Beppe Sala decideva di prendere parte al video di lancio del nuovo album dei Club Dogo, che ritraeva Milano come una modesta Gotham City, Claudio Santamaria e il Sindaco di Milano come moderne spalle dei nostri supereroi in microfono e synth. Al momento dell’uscita, i cittadini si chiedevano sui vari canali social se il sindaco del capoluogo lombardo non si fosse distratto un po’ troppo durante le riprese, perdendo il controllo di una città che sta facendo i conti con la criminalità, l’inflazione, gli scioperi e la disoccupazione. Altri, invece, si sono chiesti se l’iniziativa non fosse in realtà un modo per recuperare consensi per Sala, che si avvia alla fine del suo mandato con qualche alleato in meno - soprattutto ora che Chiara Ferragni e Fedez hanno perso qualsiasi piglio sui loro 32 milioni di follower totali, tra panettoni e beneficienza mancata. Sulla scia di un modello americano in cui non c’è più distinzione né tra Donald Trump e Taylor Swift, né tantomeno tra i meccanismi che muovono i rispettivi fandom, la politica e l'intrattenimento sono sempre più legati.
Qualche giorno fa Aja Romano raccontava in un articolo su Vox il complesso fenomeno dei fandom politici, partendo proprio da come gli elettori di destra vengano genericamente definiti "i fan di Trump", come se un sostenitore di Trump che si riversa in un comizio politico e un membro del Beyhive che acquista posti a Coachella fossero la stessa cosa. Il successo politico stesso di Trump coincide con l'ascesa del fandom, un modello celebrativo emerso nel nuovo millennio. Lo "stan," talvolta indicato collettivamente come "standom," è un termine ironico preso dalla canzone Stan di Eminem del 2000, su un fan/stalker la cui ossessione va troppo oltre. Il concetto di "stan" è stato fortemente plasmato dalla capacità di Twitter di consentire ai fan di seguire i loro idoli in tempo reale, di comunicare con altri fan e persino di parlare direttamente con i personaggi che sostenevano. È difficile pensare che durante l'era in cui le celebrità e le pop star interagiscono più direttamente con i loro fan, Trump si sia presentato con successo non come un politico, ma come una celebrità che si è degnata di fare politica solo per soddisfare il suo pubblico. Ai suoi avversari è toccata la sorte opposta: lo shift non è da celebrità a personaggio politico, ma da personaggio politico a celebrità, tanto che in alcuni contesti viene del tutto meno lo scarto tra le due figure. Pop e politica si trovano unite in un unico individuo, costretto a subire la stessa venerazione di una k-pop star se vuole iscriversi con successo all’interno di una dinamica in cui il riconoscimento e l’adesione passano per l’immagine e la sua feticizzazione.
Se il postmoderno ha alimentato la nostra impossibilità di identificarci con un’ideologia politica, i social media hanno agevolato il meccanismo di identificazione che ci lega a singoli personaggi, alimentando tossicità, estremismo e pensiero delirante. La rapidità di fruizione dei contenuti alimenta il fanatismo e la disinformazione, ma aggiunge anche una componente emotiva pericolosa. Come scrive Byung-Chul Han in Psicopolitica, «la psicopolitica neoliberale s’impossessa dell’emozione, così da influenzare le azioni proprio sul piano pre-riflessivo». Ed è così che i fan di Selena Gomez arrivano ad augurare la morte ad Hailey Bieber in onore della sua relazione adolescenziale con Justin, mentre gli hater di Matteo Salvini rischiano di mandare in bancarotta Rummo dopo la visita del premier al pastificio beneventano. I meme si mischiano alle minacce di morte, i politici fanno film e videoclip, il goliardico si mischia al tragico in un mix che Foucault definirebbe grottesco e Marx liberale. Il Pagante, per quanto volutamente demenziale, potrebbe aver offerto uno spunto di riflessione ben più profondo di tanti artisti che si vogliono esporre politicamente ad ogni costo.