Il merch dei film è ancora più cool se è di A24
La lista d’attesa per le felpe di “Priscilla” fa riflettere
09 Gennaio 2024
Quando si pensa al concetto di “lista d’attesa” per qualunque bene che sia indossabile, di solito si pensa a cose come le borse di Hermès o i Rolex. Oggetti costosi insomma, difficili da produrre, rari a modo proprio. Ma che dire di una felpa di cotone con la scritta “Priscilla” ricamata sul petto? Anche per quella bisogna attendere e non davanti qualche boutique ma sul sito di una casa di produzione cinematografica, la A24, dove un set di eyeliner e mascara sempre dedicato all’ultimo film di Sofia Coppola è già sold-out. Sempre sullo stesso sito, c’è una waitlist per un bruciatore di incenso e una patch ricamata che omaggiano il cult film Midsommar oltre che magliette e felpe, tutte esaurite, dedicate a quasi tutto il portfolio di A24 come Talk To Me, Spring Breakers, Pearl, Hereditary e Uncut Gems. A essere disponibili sono solo una lunga serie di basics decorati dal logo dell’azienda – dimostrazione che il merch non riguarda più solo il prodotto ma il produttore stesso, trasformatosi nel tempo in un brand vero e proprio. Non è difficile capire perché: in un’industria del cinema mainstream dominata da giganti come Disney e Universal, votata a sacrificare la qualità sull’altare della quantità, sconnessa dai desideri del pubblico e incapace di creare contenuti dotati di un vero spessore, A24 ha rappresentato la salvezza per molti appassionati di cinema in questi anni. Quando appare, il logo di A24 promette originalità, novità, intelligenza (anche una certa pretenziosità da film indie in certi casi) ed era solo questione di tempo prima che iniziasse a produrre il proprio merch.
Per lunghi anni il merch dei film o in generale del cinema è stato alquanto deludente, sempre ammesso che esistesse. Spesso limitato a magliette con una stampa dei poster, a collaborazioni più o meno riuscite con brand di fast fashion (numerose con Zara e H&M ad esempio) o a oggettistica di dubbio gusto, il merch cinematografico ha avuto anche il grande problema di riguardare solo mega-blockbuster e saghe cinematografiche per ragazzi come Harry Potter ad esempio. Il perché è chiaro: per registrare profitti sostanziali bisogna rivolgersi a quella fetta di audience che non ha problemi a uscire di casa con una maglietta dei Grifondoro o che vuole assolutamente comprare una tazza con lo stemma di Howgwarts. Più complesso, invece, vendere t-shirt e chincaglierie varie dedicate a The Wolf of Wall Street, per dirne una, o a Non è un paese per vecchi – ammesso e non concesso che chi ha prodotto il film sia anche disposto a produrre merch, o qualcun altro ad acquisirne la licenza. Insomma, fino a oggi, l’appassionato che desidera indossare la t-shirt di un film preferito, anche di nicchia, ha dovuto arrangiarsi con vari bootleg di dubbia legalità e qualità. Ma non quando si tratta di A24, che ha invece avuto l’intuizione di portare al pubblico un film con tutta una serie di parafernalia tematici che oltre all’apparel includono spille, poster artistici, carte da gioco ma anche sceneggiature ben rilegate, vinili con colonne sonore e un po’ tutti i diversi “pezzi” del film. Aiuta anche che l’approccio creativo della casa di produzione indie l’abbia resa una fabbrica dei cult: indossare il merch di A24 significa, proprio come nel caso dei brand di moda, testimoniare la superiorità del proprio gusto e non l’infantile affiliazione a qualche franchise – che è invece quasi sempre cringe.
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Dunque A24 ha reso il merch cinematografico di nuovo cool? Diciamo che ha proposto un modello molto valido di produzione di merch, con tanto di drop prelevati dal mondo streetwear, liste d’attesa e prodotti sold-out, che non solo seduce i fan (indossare una t-shirt di Talk to Me o Saint Maude è un grande conversation starter per infossati col cinema indie) ma si scuote di dosso anche quell’aria di infantilismo un po’ strana che si prova nel vedere un trentenne con una felpa di Rick & Morty o un cappello di Harry Potter. Non è proprio tutto rose e fiori: si fa in un attimo a passare da enjoyer e poser e dunque le rare volte che si vede qualcuno indossare il merch di A24 è immediata la sensazione di trovarsi davanti a un assai compiaciuto film bro – ma questo lo si stabilisce a seconda dei casi. Il vero punto interessante è che il caso di A24 dimostra che con la giusta direzione creativa, e mantenendo una certa coerenza interna non legata alle metriche della commercialità pura, anche uno studio cinematografico può diventare un brand più profittevole di quelli che sfilano, postano per fallire in capo a due anni.