Quest’autunno a tutti serve un tocco di viola
Ma giusto un tocco
23 Ottobre 2023
Il 21 marzo del 1933, novant’anni fa, Gabriele D’Annunzio scriveva al suo sarto di Milano rimandandogli indietro delle maglie rosa ed elencando subito dopo tutti i colori che indossava e che sarebbero rimasti, praticamente fino a oggi e con l’eccezione del nero e del verde, i principali colori impiegati dalla moda maschile mainstream: «il grigio, il bianco avorio, il lionato [che sarebbe il color cammello, ndr], il blu incerto». Anche quest’anno, e nello specifico in quest’inverno, la predominanza di questi colori rimane marcata – siamo nell’anno dell’office chic dopo tutto, dove dominano grigi e cravatte, neri stinti e blue jeans. Non di meno, una tendenza apparsa in numerosi show ha visto un colore fare capolino attraverso look diversi: il viola. Il colore, pur presente in numerose collezioni attraverso gli anni, non diventava una tendenza corposa dal 2007, l’anno successivo all’edizione dei Grammy in cui Kanye West si presentò con uno smoking color lavanda per ritirare il proprio premio, e in cui, almeno in Italia, le subculture dei truzzi e degli emo iniziarono a incorporare dettagli viola, rosa, fucsia e rosso nei propri outfit. Il viola uscì da quell’anno con le ossa spezzate, rimanendo vistoso e un po’ cheap per molto tempo – fino a quest’anno almeno.
Prima che gli esperti di colore si presentino in redazione con torce e forconi, chiariamo che quest’anno in sfilata si sono viste tante diverse sfumature del viola: dall’indaco al lavanda, passando per melanzana, prugna, ametista e lilla o, per chi non si cura dei codici pantone del mondo, dai viola più chiari e impalpabili fino a quelli più scuri. Ma è stato impossibile non notare come, in giro per le collezioni della FW23 e della SS24, dei dettagli viola abbiano iniziato ad animare look dai colori neutri, ciascuno declinato in base al brand. E così da Prada abbiamo visto un giaccone e una borsa viola; grandi cappotti dello stesso colore da Emporio Armani, Fendi, Givenchy, Rick Owens e Acne Studios; maglieria e giacche da Dior, Burberry, Dries Van Noten, Chanel e via dicendo. In tutti questi casi, il viola è stato declinato in tre maniere: la prima è stata quella di renderlo lo strato più esterno di un layering che include strati inferiori grigi o neri; la seconda è stata quella di rendere il viola un dettaglio vivacizzante in outfit acromatici; la terza è stata quella di prendere sfumature lilla o lavanda per ricoprirne interi outfit. Questo ritorno del viola è, come si accennava prima, un corollario del più ampio trend dell’acromatico (appunto i grigi da ufficio, neri e bianchi, pastelli) che vedendo molti outfit trasformarsi in sfondi neutrali ha bisogno di guizzi di colore per vivacizzarsi, farsi più dinamici o, banalmente, creare contrasti più interessanti.
Ora, numerosi articoli online riconducono il ritorno in popolarità del viola con i suoi collegamenti all’iconografia monarchica, alla sua natura di “colore dei reali”. E anche se storicamente l’associazione esiste, non potremmo definirla una vera e propria causa. La questione risiede forse nella versatilità del viola. Come sappiamo la moda si nutre di novità, cosa che vale anche per i colori come accadde, ai tempi di Daniel Lee, con il Bottega Green. Ora, con il trend imperante del quiet luxury, tanto i design che le palette tonali si sono fatti più miniali e dunque urge trovare della novità nella normalità evocata dalle collezioni. E il viola non solo è un colore abbastanza desueto da sembrare una novità quando appare, ma è anche in grado di adattarsi a quasi ogni sfumatura di pelle a seconda delle sfumature e può diventare il colore-statement di un accessorio o, poniamo, una giacca o un cappotto capace di distinguere un outfit acromatico interessante da uno del tutto anonimo. «Il nero non è tanto bello quanto il viola» disse una volta Ralph Lauren, indicando come in effetti il colore vagamente eccentrico fosse in grado di aggiungere del brio anche all’universale uniforme total black dei fashion insiders. E un’altra volta, nel 2012, il grande Alber Elbaz collegò l’eccentricità controllata del viola allo spending di lusso in tempi di crisi economica (molto simili a questi nei loro contorni generali) dicendo al WSJ:
«Cosa indossare in un periodo di crisi economica? Si tratta di una questione molto, molto delicata. Da un lato, si dice che quando le cose vanno male - quando tutto non è più facile e divertente come un tempo - forse c'è qualche elemento che può portare di nuovo divertimento e gioia […]. Se oggi fossi un acquirente in uno dei grandi magazzini americani, sceglierei gli estremi: il più bello, il più costoso, il più eccentrico. Correrei dei rischi. La cosa peggiore sarebbe comprare solo il tubino nero. Sapete perché? Perché ce l'hanno già tutti. Io sceglierei un abito viola, qualcosa di diverso».