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Chi è il miglior direttore creativo, uno stylist o un designer?

La collezione del team di stylist di Moschino solleva alcune domande su merito e sostanza

Chi è il miglior direttore creativo, uno stylist o un designer? La collezione del team di stylist di Moschino solleva alcune domande su merito e sostanza

Quando sei uno studente di fashion design, diventare direttore creativo di un marchio ti viene presentato come l'holy grail della tua carriera, l'opportunità per cui dovresti morire e l'obiettivo a cui dovresti dedicare tutta la tua vita. Si lavora di giorno, di notte, nei fine settimana e persino nei giorni festivi, sei in grado di fare un punto perfetto nel sonno e di creare una line sheet in qualsiasi momento della giornata. Sei cresciuto con idoli come McQueen, Galliano, Marc Jacobs, Tom Ford e Karl Lagerfeld e, come è successo a loro, speri che un giorno qualcuno ti chiami per offrirti il ruolo di direttore creativo, ma i tempi sono cambiati. Mentre McQueen e Lagerfeld sono scomparsi, Pharrell Williams è stato nominato direttore creativo di Louis Vuitton. Non è un desginer tradizionale, noto soprattutto come musicista, produttore e tastemaker. Prima della sua nomina, la posizione era ricoperta da Virgil Abloh, che aveva studiato architettura prima di dedicarsi alla moda. Sapeva come catturare il pubblico ed era un maestro nel branding, avendo reso una storica Maison francese come Louis Vuitton attraente per la folla dello streetwear. Più recentemente, il designer Jeremy Scott ha lasciato il marchio italiano Moschino, che lo scorso settembre ha presentato una collezione interamente curata da stylist. Per celebrare il quarantesimo anniversario, il brand ha invitato Carlyne Cerf de Dudzeele, Gabriella Karefa-Johnson, Lucia Liu e Katie Grand a creare una collezione con il team di designer, reinterpretando l'archivio del marchio. Dopo la sfilata, l'impressione generale era che la collezione di Moschino fosse la migliore degli ultimi anni.

Meglio un designer o un tastemaker come direttore creativo? I designer fanno parte solo del team di progettazione o dovrebbero essere anche a capo di un brand? Quando si pensa ad una sfilata, non bisogna pensare solo agli abiti, bisogna vederla come un film: gli ospiti, offline e online, vogliono emozionarsi, essere stupiti, perché, indipendentemente da ciò che dicono, nel profondo sperano tutti di assistere ad uno spettacolo. Se siete un direttore creativo, dovete pensare al di là degli abiti, progettare un'esperienza. Suono, sensazioni, visioni: tutto deve essere memorabile. Non importa quanto siano belli gli abiti, se la sfilata non è in definitiva scioccante, nessuno ne parlerà. «La visione della direzione creativa si è evoluta molto negli ultimi anni, soprattutto perché ultimamente molte grandi case di moda hanno cambiato direzioneL'industria della moda è ora piena di nuovi designer di talento che non possono esprimere appieno le loro visioni e mettere in luce i loro valori perché i marchi e le case di moda non danno loro opportunità,» afferma un designer che desidera rimanere anonimo. Ogni anno le principali università di moda presentano su un piatto d'argento designer con una formazione completa, che però si dissolvono nella disoccupazione dopo la laurea, perché nessuno li ha avvertiti di quanto sarebbe stato difficile trovare un lavoro, per non parlare di un posto in un'industria sovraccarica.

«Fin dal primo giorno, i designer vengono addestrati a svolgere molteplici ruoli per presentare una collezione. Styling, merchandising, piani di produzione, marketing, comprensione del cliente, piani di crescita - tutto questo», dice la designer londinese Emma Blythe. «Non voglio dire che un designer non possa fare anche queste cose, ma in fondo le lauree e l'esperienza nel campo del design coprono ogni area del business in un modo o nell'altro», aggiunge, anche se molti giovani designer faticano a trovare lavoro perché molte lauree in design creativo si basano su un'idea, piuttosto che sulla realtà dell'essere un designer. Alla fine si tratta solo di profitto. «Certo, è ingiusto che molti designer non riescano ad accedere a queste posizioni dopo aver speso tanto tempo, energia e denaro in quelle lauree», continua l'anonimo designer. «L'industria è cambiata drasticamente, soprattutto a partire dagli anni Novanta. La moda è diventata più un prodotto che un'arte da consumare. Questo è il motivo per cui i non designer vengono assunti in quelle posizioni: possono trarre profitto.» Idealmente, marketing e design dovrebbero andare di pari passo, ma in realtà quest'ultimo è dettato dal branding. Se non si garantisce la vendita di un prodotto non lo si porterà in collezione e tanto meno in negozio, tanto più se un brand è di proprietà di un grande conglomerato.

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Rick Owens una volta ha detto che un bravo stylist è una persona che sa editare. Di solito arrivano in atelier qualche giorno prima dello show e creano una collezione a partire dai pezzi, elevando ogni capo attraverso abbinamenti e combinazioni. Molti non sono in grado di curare, ecco perché molte sfilate sono molto lunghe - per esempio, alcune sfilate di Alessandro Michele da Gucci contavano circa novanta look. Va da sé che questo potrebbe essere troppo, e forse dovremmo smettere di chiederci chi sia il miglior direttore creativo, ma piuttosto perché ci sia una sola persona a fare tutte queste scelte. «Penso che la direzione creativa dovrebbe essere una posizione condivisa, in cui tutti possono condividere le proprie competenze, dai designer agli stylist, dalle modelle agli esperti del settore», afferma Blythe. La moda ha ovviamente molti modelli e pratiche ego-centriche che è forse giunto il momento di dissolvere, per adottare un approccio più radicale come la celebrazione di una community, piuttosto che di una singola persona, poiché avere un team alla direzione creativa non solo renderebbe le sfilate più interessanti, ma contribuirebbe anche ad aumentare le vendite.