Non chiamatele borse da uomo
Storia di un marcatore sociale diventato un accessorio di culto
12 Settembre 2023
Alcuni oggetti si indossano come un’idea, per raccontare visivamente una storia di cui si può essere essere protagonisti, sceneggiatori o comparse strategicamente accattivanti. Le borse (così come i gioielli e il trucco) sono sempre state indossate dagli uomini, ma il loro grado di tolleranza estetica è stato premeditatamente centellinato proprio dal sesso che, storicamente, siamo stati abituati a chiamare “forte”. Se oggi la maggior parte degli uomini, a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, viene immortalata dai fotografi di streetstyle con indosso quell’intreccio di pelle e tessuti di diversa manifattura, allora varrebbe la pena provare a spiegare cosa sia cambiato nel corso del tempo. Circana Beth Goldstein ha riportato che l'interesse per le borse da uomo aumenta del 7% di anno in anno, mentre Lyst negli ultimi tre mesi ha osservato aumenti di ricerche del 71% per marsupi e tracolle, del 61% per le messenger, del 54% per le tote e del 31% per gli zaini. Gli ultimi dati sono la prova concreta che le borse da uomo sono ormai diventate per l’economia un valido trend su cui investire, per i brand un prodotto su cui spingere facendo leva sull’eterno revival del desiderio, e per la moda un discorso in cui tenere legate l’ensemble delle parti.
Come sono nate le borse da uomo
Senza andare a scomodare l’eredità dei Greci che ci hanno già condannato ad una convivenza forzata con i paradigmi inscalfibili della sezione aurea, è nel Rinascimento che gli uomini, di fronte allo sconforto dettato dall’assenza delle tasche, indossavano un marsupio legato intorno alla gamba per potere contenere spezie, erbe e denaro. Poi, vuoi per design vuoi per sociologia, le estremità di queste piccole borse a mo’ di cintura hanno finito con l’aderire a quell’esclusivo progetto di cui il denaro si è sempre fatto portavoce, quello della differenziazione sociale - compaiono le swete bagges, piccoli sacchetti riempiti con materiali profumati o dolciumi che servivano sia a contrastare i cattivi odori sia a marcare la propria ricchezza. Se con i gioielli gli uomini avevano delegato alle donne l’esposizione del proprio status economico, con le borse potevano perlomeno puntare a sottolineare uno status sociale nel momento in cui prendeva piede la rivoluzione industriale. La nascita delle ferrovie portò all’esigenza di poter utilizzare delle borse robuste in grado di affrontare lunghi tragitti, mentre i progressi nell’ambito della produzione tessile e della metallurgia furono determinanti nella creazione della valigetta - il fenomeno del pendolarismo aveva fatto sì che le valigette fossero corredate di serrature metalliche per evitare spiacevoli aperture durante il trasporto.
Storia della messenger bag
Con la Prima e la Seconda Guerra Mondiale la semantica delle borse incrocia, nella sua denominazione, la frugalità del pane: le borse indossate dai soldati vengono identificate infatti come bread bags e diventano parte integrante dell’equipaggiamento da campo militare. Equipaggiamento che, nel corso degli anni ’80, intercetta il design della cosiddetta cartella scolastica per approdare sul grande schermo con Harrison Ford nei panni di Indiana Jones in I predatori dell’arca perduta(1981). Di trend, eppure, non c’è traccia se non nel proliferare di borse tecniche da fitness e marsupi, eletti prodotto dell’anno 1988 da Adweek. «Non so se il mondo è pronto per te e la tua borsa» spiega Rachel di Friends a Joey in una puntata che ha come capro espiatorio una tracolla a pelle lucida apposta sulle spalle larghe di uno dei protagonisti della sitcom americana. Nel pieno imperialismo del minimalismo degli anni ’90, dunque, un semplice accessorio come una borsa è stato in grado di femminilizzare e frantumare in mille pezzi la virilità del personaggio - complici anche le battute da bar dei suoi amici Chandler e Ross - quanto basta per classificare la borsa come murse.
Le cose iniziano a ricambiare nel corso degli anni 2000 quando l’irrompere del Y2K disintegra ogni forma di rinuncia estetica. Sono gli anni in cui il boom della logomania incrocia lentamente lo stile curato nei dettagli dei metrosexual, giovani uomini (il più delle volte cisgender ed eterosessuali) disposti a dare una seconda chance a marsupi, borse e beauty routine. È forse Zach Galifianakis nel ruolo di Alan in Una notte da leoni a decretarne il ritorno semplicemente perché «Indiana Jones ne indossava una» - una «borsa da uomo» ci tiene a precisare Phil, alias Bradley Cooper. Al resto ci hanno pensato Cristiano Ronaldo, Hugh Jackman, Nick Canon, David Beckham e Justin Theroux facendo di Louis Vuitton il manuale di riferimento must have per le borse in pelle con logo. Intanto, i fautori dell’indie sleaze davano una seconda vita alle borse spaziose a tracolla, mentre gli alt boy rispolverano le borse messenger personalizzandole con le spille delle loro band preferite. Persino Dan Humphrey, catapultato nel glamour e nel preppy high fashion dell’Upper East Side, non riesce a separarsi dalle sue tracolle sui toni del marrone.
Oggi le borse da uomo sono solo borse
Con l’ascesa esponenziale dello streetwear a partire dal 2010, il sistema moda intero subisce un rimodellamento generale che ha preso le forma di un vero e proprio nuovo paradigma in cui il basso (la strada) non si è mai più sganciato dall’alto (l’alta moda) - le borse diventano ibridi tra zaini, tracolle e marsupi e sfilano su tutte le passerelle, tanto che nel 2017 Louis Vuitton decide di collaborare con Supreme. Ma è soprattutto a livello di conversazioni che avviene la svolta: grazie al lavoro di direttori creativi come Alessandro Michele da Gucci, Kim Jones da Dior o Pierpaolo Piccioli da Valentino, le borse diventano soltanto uno dei tasselli che compone il processo di decostruzione estetica e comportamentale del maschile. Avviene, per così dire, il superamento stesso della categoria del genere, cosicché gli uomini iniziano ad indossare borse tipicamente femminili: non solo la Saddle bag di Dior viene presentata in una variante appositamente maschile così come Hermès introduce la Rock, ma i modelli da donna diventano oggetti del desiderio di una nutrita schiera di celebrities che mette fine all’etichetta di borse da uomo.
È sufficiente addentrarsi nell’arsenale di it bag possedute da Jacob Elordi, intrufolarsi nelle maxi bag da viaggio (firmate Hermès) in pelle di coccodrillo di Travis Scott, rimanere stupiti dal modo di fare sistema di Pharrell Williams con il suo borsone giallo di Louis Vuitton da quasi un milione di euro in front row da Dior e Kenzo durante la scorsa Paris Fashion Week o scorrere il feed del profilo Instagram di Marc Forne - dove i modelli di Loewe, Acne Studios o di Chanel convivono senza nessuna interferenza - per capire come il gusto in fatto di borse sia profondamente cambiato. Scenario, peraltro, artificialmente replicato all’interno delle campagne di moda di brand come Bottega Veneta, il cui styling sulle borse riproduce in vitro una dimensione del lusso così fisicamente autentica da porre in secondo piano qualsiasi questione inerente al genere. E, se nella campagna FW23 di Diesel con il rapper estone Tommy Cash, la borsa 1DR del brand OTB funziona da pretesto narrativo di un’utopia (la DieselTopia) vestimentaria scevra da qualsiasi tipo di discordia, proviamo a chiamarle semplicemente borse. Della preposizione e del genere possiamo anche fare a meno, di una borsa perché mai.